Sommario:
Focus: Violenza, Vulnerabilità, in-Visibilità
Giuseppa Palmeri: Introduzione
Paolo Veronesi: Corpi e questioni di genere: le violenze (quasi) invisibili
Maria Giulia Bernardini:(In)visibili? La vulnerabilità alla violenza di chi non ha l’età
Angelica Bonfanti: Matrimoni forzati, infantili e precoci e tutela dei diritti umani in Europa: considerazioni di diritto internazionale privato
Maria Rosaria Marella, Sveva Stancati: Donne e migrazioni: il nodo del lavoro di cura
Sara De Vido: Della tratta di donne e ragazze nel diritto internazionale ed europeo: riflessioni sulla nozione giuridica di “sfruttamento sessuale” alla luce della sentenza S.M. c. Croazia della Corte europea dei diritti umani
Daniel Borrillo: Omofobia: violenza, vulnerabilità e invisibilità
Interventi
Francesca Saccomandi: Spesso non binarie, sempre non conformi: la “piena depatologizzazione” delle soggettività trans
Roberta Dameno: Il corpo è lo specchio dell’anima? La stigmatizzazione e la criminalizzazione delle persone “grasse” sulla base del loro aspetto fisico è anche una questione di genere?
Giacomo Viggiani: Il letto di Procuste. Appunti per una grammatica della discriminazione
Commenti
Frances Hamilton: NH v Lenford:One Further Step in the Continuing Evolution of Sexual Orientation Non-Discrimination Rights Before the European Union
Marco Poli: Maternità e surrogazione nel progetto di riforma nel Regno Unito: quando la volontà non basta
Rosaria Pirosa: L’impronta (v-)etero-patriarcale e adultocentrica nel diritto di famiglia italiano. Alcune riflessioni teorico-giuridiche a partire dal “ddl Pillon”
Elena Caruso, Marco Fisicaro: Aborto e declino democratico in Polonia: una riflessione a margine della sentenza del Tribunale costituzionale del 22 ottobre 2020
Osservatorio documenti
Italia: Decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 39 (Attuazione dell’articolo 8 della legge 8 agosto 2019, n. 86, recante semplificazione di adempimenti relativi agli organismi sportivi), pubblicato nella Gazz. Uff. 19 marzo 2021, n. 68.
Italia: Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), articolo 19
Regione Campania: Legge regionale 7 agosto 2020, n. 37 (Norme contro la violenza e le discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere e modifiche alla legge regionale 16 febbraio 1977, n. 14 (Istituzione della Consulta regionale femminile), pubblicata nel B.U. Campania 10 agosto 2020, n. 161.
Unione Europea: Risoluzione del Parlamento europeo dell’11 marzo 2021 sulla proclamazione dell’Unione europea come zona di libertà per le persone LGBTIQ (2021/2557(RSP)), P9_TA(2021)0089
Unione Europea: Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni del 12 novembre 2020, Unione dell’uguaglianza: strategia per l’uguaglianza LGBTIQ 2020-2025, COM(2020) 698 final
Osservatorio decisioni
Cassazione civile, sez. I: Ordinanza 15 dicembre 2020, n. 28646
Corte di appello di Milano, sez. lavoro: Sentenza 28 ottobre 2020-9 febbraio 2021, n. 803
Corte costituzionale: Sentenza 9 marzo 2021, n. 32
Corte costituzionale: Sentenza 9 marzo 2021, n. 33
Cassazione, Sezioni unite civili: Sentenza 31 marzo 2021, n. 9006
La “liberalizzazione” della disciplina italiana sull’attribuzione del cognome ai figli: una riforma in chiave europea
1.
Lo scorso 27 aprile, con sentenza non ancora depositata ma anticipata dal Comunicato di pari data, la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionali le norme che nel nostro ordinamento regolano l’attribuzione del cognome ai figli, siano essi nati nel matrimonio, fuori dal matrimonio o adottivi, incaricando poi il Legislatore di regolare tutti gli aspetti connessi alla decisione in questione.
L’oggetto della decisione è stato definito in virtù delle ordinanze di rimessione emesse dal Tribunale di Bolzano e dalla Corte di appello di Potenza, nonché dell’ordinanza di autorimessione con cui la stessa Consulta ha ampliato l’oggetto del suo giudizio ad una questione preliminare a quella sollevata dal Tribunale altoatesino. In particolare, la pronuncia riguarda due norme diverse, il cui contenuto non era dettato esplicitamente da alcuna specifica disposizione di legge, ma era desumibile dalla lettura sistematica delle norme sulla filiazione contenute in parte nel codice civile (artt. 237, 262 e 299) ed in parte nel d.P.R. n. 396 del 2000 in materia di ordinamento dello stato civile (artt. 33 e 34). La prima norma vieta, pur in presenza di accordo tra i genitori, l’attribuzione ai figli del solo cognome materno; la seconda impone automaticamente, in mancanza di accordo in senso diverso, l’attribuzione del solo cognome paterno.
La Corte è stata chiamata ad esaminare dette norme nella loro compatibilità a) con gli artt. 2 e 3 Cost., in quanto espressione del diritto all’identità personale e al riconoscimento dell’uguaglianza tra la donna e l’uomo; b) gli art. 11 e 117, comma 1, Cost., quali tramite tra l’ordinamento italiano e gli articoli 8 e 14 CEDU, rispettivamente espressione del diritto alla vita privata e familiare e del divieto di discriminazione); c) gli art. 11 e 117, comma 1, Cost., quali tramite tra l’ordinamento italiano e gli artt. 7 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), anch’essi intesi quali espressione, rispettivamente, del diritto alla vita privata e familiare e del divieto di discriminazione.
In esito alla pronuncia qui brevemente esaminata, i figli assumeranno di regola – e quindi automaticamente – il cognome di entrambi i genitori, nell’ordine dai medesimi concordato, salvo che questi ultimi non optino per l’attribuzione esclusiva del cognome materno o di quello paterno.
2.
L’ordinamento italiano si allinea, così, a quanto già previsto in molti Paesi membri dell’Unione europea e completa un percorso di progressiva “liberalizzazione” di una disciplina inizialmente fondata su un rigido criterio di attribuzione automatica del solo cognome paterno.
Dopo due vani tentativi esperiti nel 1988, quando, con le ordinanze n. 176 e 586, la Corte dichiarò inammissibili le questioni relative alle modalità di attribuzione del cognome ai figli nati nel matrimonio, la sentenza n. 61 del 2006 rappresentò la prima occasione in cui i giudici costituzionali riconobbero espressamente l’incompatibilità della prevalenza del patronimico con il fondamentale principio di uguaglianza, definendo tale regola un «retaggio di una concezione patriarcale della famiglia […] e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell’ordinamento». Nonostante l’accertata illegittimità, tuttavia, i giudici si astennero dal pronunziare l’incostituzionalità della disciplina, rinviando la questione alla discrezionalità del Legislatore; decidendo diversamente, infatti, si riteneva di esporre l’ordinamento ad un vuoto normativo in cui una pluralità rilevante di sistemi alternativi di attribuzione del cognome avrebbe potuto reclamare applicazione.
Dieci anni più tardi, con sentenza n. 286 del 2016, la Corte ebbe invece modo di mutare radicalmente convincimento – pur senza evidenziarne le ragioni giustificatrici – e dichiarare per la prima volta l’illegittimità costituzionale delle norme in materia, sebbene con limitato riferimento alla parte in cui esse non consentivano «ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche (ma non solo, NdA) il cognome materno». La pronuncia si limitava, dunque, ad introdurre un’opzione alternativa, l’attribuzione volontaria e congiunta di patronimico e matronimico fin dalla nascita, estendendola (in virtù dell’intervenuta riforma dello status filiationis operata con la legge n. 219 del 2012) ai figli nati fuori dal matrimonio e riconosciuti contemporaneamente da entrambi i genitori, nonché ai figli adottivi.
Con l’ultima e recentissima sentenza, invece, la Consulta si è spinta oltre e ha inteso tutelare i diritti costituzionali interessati non semplicemente affiancando alla regola del patronimico un ventaglio di opzioni alternative selezionabili su base volontaristica – cosa che sarebbe stata sufficiente ad ottener il risultato invocato dai ricorrenti nel procedimento a quo –, ma sancendo direttamente il definitivo superamento della regola vigente. La (nuova) regola diventa, quindi, l’attribuzione del doppio cognome, salvo diverso accordo tra i genitori.
3.
L’evoluzione giurisprudenziale culminata con la sentenza del 27 aprile abbraccia progressivamente i principi elaborati davanti alle giurisdizioni europee, in particolare la Corte EDU (già ampiamente citata nella sentenza del 2016 e solo in parte in quella del 2006), a dimostrazione di come il diritto europeo di famiglia si proponga sempre più quale catalizzatore di processi di riforma epocali nell’ambito dell’ordinamento italiano (si pensi al “peso” della sentenza Oliari e a. c. Italia rispetto all’approvazione della Legge n. 76/2016 sulle unioni civili).
La Corte di Strasburgo ha infatti da tempo pacificamente stabilito che, in quanto mezzo di identificazione personale e di collegamento con una famiglia, il cognome di una persona riguarda la sua vita privata e familiare protetta dall’articolo 8 della CEDU (casi Mentzen c. Lettonia (dec.); Henry Kismoun c. Francia). Sulla base di questa premessa e del principio di (more…)