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Se il marito è transessuale

th44La transessualità di un coniuge non è di per sé indice di carenza di convivenza more uxorio e di simulazione del matrimonio.

Lo chiarisce il Tribunale di Reggio Emilia con l’ordinanza del 9 febbraio 2013, con cui viene accolto il ricorso di un marito brasiliano contro il rifiuto della Questura di rilasciargli un permesso di soggiorno per motivi familiari. Nella specie si trattava di un uomo che pur identificandosi con l’altro genere ed assumendo sembianze femminili, non aveva comunque cambiato sesso all’anagrafe e si era sposato nel 2008 con una cittadina italiana; la Questura dubitava tuttavia che il matrimonio tra la cittadina italiana ed il transessuale potesse ritenersi veritiero, sospettando la simulazione in frode alla legge al fine di ottenere il permesso di soggiorno. Per tale ragione le Autorità reggiane avevano rigettato più volte la richiesta di permesso di soggiorno, avevano svolto penetranti indagini anche nella casa dei coniugi ed avevano disposto l’espulsione del marito.

Il tribunale con un’argomentata ordinanza rammenta invece come in giurisprudenza siano ormai numerosi i casi di coppie coniugate che decidano di restare sposate nonostante uno dei coniugi abbia cambiato sesso, così che la transessualità di un coniuge non è di per sé indice di mancanza di affectio coniugalis. Il matrimonio è legalmente valido e, vivendo i coniugi insieme ormai da oltre sei anni, ogni ulteriore indagine sulla natura del loro rapporto apparirebbe come una ingiustificata intromissione nella loro vita familiare, contraria alla tutela che l’art. 29 della Costituzione assicura al matrimonio.

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