Archivi mensili: aprile 2015

Il Tribunale di Milano su matrimonio e divorzio imposto

fotoIl Tribunale di Milano sez. IX civ., con decreto 22 aprile 2015 (Pres. G. Servetti, est. G. Buffone), depositato appena il giorno seguente alla sentenza della Corte di Cassazione pubblicata in data 21 aprile 2015 n. 8095, ha ritenuto che in caso di rettificazione anagrafica di sesso di un membro di una coppia sposata sia necessario verificare in concreto la volontà dei coniugi di restare coniugati. Tale verifica deve essere operata in sede giudiziale al momento della rettificazione e, comunque, anche con accertamento successivo in tutti i casi in cui la sentenza di rettificazione anagrafica sia intervenuta prima del deposito della decisione della Consulta (sentenza. n. 170 del 2014)  «poiché – in difetto dell’intervento additivo della Corte delle Leggi – non era possibile, per i coniugi, in corso di processo di rettifica, comunicare la volontà di continuare a rimanere una “coppia”»; in questi ultimi casi, deve dunque «accertarsi la effettiva volontà dei coniugi (Cass. Civ., sez. I, ordinanza 6 giugno 2013 n. 14329) rendendoli partecipi del procedimento promosso dal P.M., disponendone l’audizione». In sintonia con la Corte di Cassazione, nella decisione i giudici milanesi affermano, inoltre, che nel caso in cui i coniugi vogliano restare sposati, il matrimonio resti valido sino alla emanazione di una legge e sollecitano ancora una volta il Parlamento a superare una inerzia che potrebbe pure provocare «una nuova reazione della Corte delle Leggi».

La sentenza della Grande Camera M.E. v Sweden: un’occasione mancata

2012-10-08 23.35.18Nella decisione M.E. v Sweden la Grande Camera ha optato per lo striking out del ricorso, evitando linvito del ricorrente a produrre una sentenza di ampio respiro che chiarisse la possibilità di ancorare al dettato della Convenzione le richieste di asilo presentate da soggetti che fuggono dalle persecuzioni a cui sono esposti nei Paesi dorigine a causa del proprio orientamento sessuale e/o identità di genere. Nello specifico la Corte non esclude che il rimpatrio forzato di soggetti omosessuali in Paesi dove siano in vigore sanzioni criminali contro gay e lesbiche costituisca una violazione della Convenzione né prende posizione contro largomento, avallato dalla quinta sezione della Corte edu, secondo cui laddove il migrante possa evitare le sanzioni previste per atti omosessuali nascondendo e dissimulando la propria identità, le autorità nazionali sono pienamente titolate a negargli/le lo status di rifugiato. Si tratta di posizioni estremamente problematiche che, se da un lato possono essere comprese alla luce delle tensioni politiche che investono la materia migratoria, dallaltro rendono evidente la difficoltà della Corte edu nel difendere, salvaguardare e garantire lenforcement dei diritti fondamentali al di sopra di valutazioni di carattere politico.

The Grand Chamber finally stroke out M.E. v Sweden and avoided the applicants request to display a general judgment on the possibility to anchor and legitimize under the Echr migrantsclaims of asylum grounded on the prosecution experienced in their countries because of their sexual orientation or gender identity. Specifically, the Court did not rule out that the forced repatriation of homosexual subjects to countries in which criminal sanctions prosecute same-sex acts violates the Echr nor it took a stand against the argument, endorsed by the fifth section of the ECtHR, according to which insofar a migrant could avoid sanctions concealing or suppressing her sexual identity, national authorities of Coe States are fully entitled to deny her the status of refugee. I suggest that the Grand Chamber judgment displays extremely problematic standpoints, which if on one hand could be understood in the light of political tensions that insist of migratory policies, on the other clearly show the complication experienced by the ECthHR in defending, safeguarding and enforcing human rights irregardless of political considerations.

di Silvia Falcetta*

Con la decisione finale dell’8 aprile 2015 di striking out il ricorso M.E. v Sweden, n.71398/12, la Grande Camera ha perso un’occasione rilevante per ampliare la protezione assicurata dalla Convezione edu ai soggetti migranti lgbt.

L’aspetto più sconcertante della concisa sentenza offerta dalla Corte riguarda l’assenza di un chiaro pronunciamento su quali diritti discendano dalla Convenzione a tutela di coloro che cercano asilo nei paesi membri del Consiglio d’Europa in ragione del proprio orientamento sessuale e/o della propria identitàdi genere. In passato la Corte si era già confrontata con casi riguardanti migranti omosessuali[1], evitando sempre di giungere ad individuare una linea interpretativa univoca (more…)

La vittoria delle due Alessandre: le due donne restano sposate sino all’entrata in vigore di una legge sulle unioni civili

2005-09-15 11.49.44Con sentenza depositata in data odierna, la Corte di Cassazione statuisce la permanenza del matrimonio fra due persone divenute dello stesso sesso, sino a quando il Legislatore non introdurrà una legge sulle unioni civili. Dunque una indubbia vittoria delle due donne che, prime nella storia della Repubblica, sono e restano coniugate – sino a che il Legislatore lo vorrà – nonostante l’attuale identità di sesso. Abbiamo da oggi una precisa indicazione per la classe politica: chi si oppone, per ragioni ideologiche, ad una legge sulle Unioni civili riservate alle coppie dello stesso sesso, sa adesso che negare una (buona) legge sulle Unioni Civili non rappresenta un serio ostacolo all’introduzione ed alla permanenza in Italia di matrimoni tra persone dello stesso sesso anagrafico, ma anzi, paradossalmente, la carenza di una normativa alternativa assicura la permanenza di tali matrimoni. Ma la sentenza esprime un altro principio di assoluto rilievo: la legge sulle Unioni civili dovrà riconoscere necessariamente «uno statuto sostanzialmente equiparabile a quello derivante dal vincolo matrimoniale».

 di Marco Gattuso

Con sentenza pubblicata in data odierna (n. 8097 del 21 aprile 2015) la Corte di cassazione mette la parola fine alla vicenda del cd. “divorzio imposto”.

Com’è noto, la vicenda trae origine dalla richiesta della coppia di restare sposata anche in seguito alla rettificazione anagrafica di sesso del marito. Nonostante la ferma volontà delle coniugi, divenute entrambe donne, di mantenere in vita il loro matrimonio, l’ufficiale di stato civile di Finale Emilia aveva provveduto ad annotare lo scioglimento del vincolo coniugale quale conseguenza “automatica” della rettificazione di sesso. Avverso tale provvedimento amministrativo ricorrevano le due interessate, ottenendo in un primo tempo una decisione favorevole da parte del Tribunale di Modena, sul semplice assunto che lo scioglimento di un matrimonio deve essere disposto da un giudice e non da un mero ufficiale di Stato civile e, in secondo tempo ed a seguito di ricorso del PM, un provvedimento negativo della Corte d’appello di Bologna, la quale riteneva che il matrimonio potesse essere legittimamente dichiarato sciolto senza un espresso provvedimento dell’Autorità giudiziaria, in quanto conseguenza meramente automatica del cambiamento anagrafico di sesso[1].

Giunta la causa davanti alla Corte di cassazione, questa riconosceva (con ordinanza del 6 giugno 2013 n. 14329) che la norma di cui all’art 4 della legge n. 164/1982 (per cui la sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso «provoca» lo scioglimento del matrimonio) doveva essere interpretata come ipotesi di scioglimento automatico del matrimonio, ravvisando tuttavia nel “divorzio imposto” contro la volontà dei coniugi una lesione degli artt. 2, 3, 24, 29 e 117 Cost.[2].

Com’è noto, la Corte costituzionale con sentenza n. 170 del 2014 ha accolto la tesi della Cassazione ed ha dichiarato l’incostituzionalità della norma, ritenendo che sia illegittima la carenza di qualsiasi specifica tutela per una coppia che abbia contratto matrimonio e che voglia restare sposata.

La sentenza della Corte costituzionale ha suscitato tuttavia una vivace discussione, e molte critiche, sotto un duplice profilo.

Per un verso la Corte (more…)

Palermo, piena tutela dei diritti dei bambini dopo la separazione delle co-mamme

2015-02-12 23.22.23Il Tribunale di Palermo con decreto del 13 aprile 2015 ha riconosciuto il diritto di due minori di mantenere un rapporto stabile e significativo con la mamma sociale, priva cioè di legami biologici con gli stessi, prevedendo in caso di separazione dei genitori dello stesso sesso un calendario preciso che consenta a quest’ultima di tenere con sé i figli per alcuni giorni alla settimana. Si tratta della prima decisione in tal senso nell’ordinamento italiano (provvedimento segnalato dall’avv. Arianna Ferrito dello Studio Legale Galasso, che si ringrazia).

L’unico precedente noto sul punto era, difatti, ormai piuttosto risalente e negativo (Tribunale per i minorenni di Milano, decreto del 20 ottobre 2009).

Il precedente milanese aveva suscitato forti perplessità per la evidente sottovalutazione del superiore interesse del minore, posto che il tribunale pur avendo acquisito una c.t.u. che aveva accertato la sussistenza di un forte legame genitoriale con la mamma sociale, ed una concreta sofferenza dei bambini in seguito alla sua rescissione, aveva poi escluso un intervento a sua tutela (per un commento critico, cfr. Gattuso Orientamento sessuale, famiglia, eguaglianza in La nuova giurisprudenza civile commentata, 2011, II, 584).

Passati alcuni anni, che hanno visto una intensa attività di ricerca ed approfondimento scientifico (giuridico, psicologico ecc.) e, soprattutto, l’affermazione sempre più estesa delle istanze delle cd. famiglie arcobaleno (la cui associazione ha diffuso ieri la notizia della decisione siciliana) il tribunale di Palermo si allontana oggi radicalmente da quell’indirizzo assicurando piena protezione al diritto dei minori di mantenere una stabile relazione col genitore non biologico.

Nel provvedimento del Tribunale palermitano si legge difatti che (more…)

Il Tribunale di Genova sulla “sterilizzazione coatta” delle persone transessuali

2009-10-22 19.49.12A poche settimane dalle precedenti sentenze pubblicate da questo portale (della Corte d’appello di Napoli e dei Tribunali di Rovereto e Taranto nel 2013 e dei Tribunali di Potenza, di Vercelli, Messina e Catanzaro nel 2014, cui si aggiunge l’eccezione di illegittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Trento con ordinanza del 19 agosto 2014, oltre alla recentissima decisione della Corte europea dei diritti umani del 10 marzo 2015), è stato reso noto un ulteriore provvedimento, questa volta del Tribunale di Genova, sentenza del 5 marzo 2015 (per la cui segnalazione ringraziamo gli avv. Liana Maggiano del foro di Genova e avv. Valentina Migliardi del foro di Parma) che torna ad occuparsi della possibilità di addivenire alla rettificazione anagrafica di sesso anche per chi non abbia intrapreso un intervento chirurgico demolitorio degli organi genitali esterni.
La considerevole produzione giurisprudenziale, cui si associa anche il recentissimo intervento del Parlamento europeo, pure menzionato in questo portale, evidenzia la sussistenza di un concreto fenomeno sociale che concerne sempre più persone che si identificano col sesso biologico opposto, si sentono, si vestono, appaiono quali membri dell’altro sesso e la cui identificazione con l’altro sesso biologico è certificata da un punto di vista medico, la quali tuttavia non presentano alcuna necessità clinica di radicali interventi demolitori. Come certificato  dalla scienza medica, la identificazione di genere non implica in questi casi un impulso (more…)

Importante precedente della Corte Suprema Federale brasiliana sull’adozione da parte di coppie omossessuali

imagedi Giovanni Damele*

Dando seguito alla propria decisione del 2011, con la quale dichiarò la costituzionalità dell’ “unione stabile” (união estável) tra due persone dello stesso sesso intesa come “entità familiare”, equiparata quindi sul piano dei diritti e dei doveri alla “unione stabile” eterosessuale, la Corte Suprema Federale brasiliana (Supremo Tribunal Federal – d’ora in poi STF) ha negato, con decisione del 5 marzo 2015 della giudice Carmen Lúcia, le cui motivazioni sono state pubblicate nello scorso 18 di marzo, il ricorso straordinario presentato dal Pubblico Ministero dello Stato del Paraná contro l’adozione da parte di una coppia omosessuale di un minore di 12 anni, stabilendo così un importante precedente, per il Brasile, in materia di adozioni da parte di coppie omosessuali.

Il caso era giunto fino al STF dopo che il Pubblico Ministero del Paraná aveva fatto ricorso nei gradi inferiori di giudizio contro la richiesta di adozione di un minore di 12 anni da parte di una coppia omosessuale, ritenendo che l’adozione da parte di coppie omosessuali dovesse essere limitata a maggiori di 12 anni, in modo da dare al candidato all’adozione l’opportunità di potersi pronunciare sulla stessa. Rigettato dalla Corte di Giustizia del Paraná e dalla Corte Suprema di Giustizia brasiliana, proprio sulla base della giurisprudenza del STF, il ricorso è così giunto alla Suprema Corte, che lo ha definitivamente rigettato, con decisione del 5 marzo scorso. Motivando la decisione monocratica, la giudice Carmen Lúcia ha fatto diretto riferimento al precedente del 2011, sostenendo che qualsiasi limite d’età imposto alla sola adozione da parte di coppie omosessuali sarebbe andato contro (more…)

L’autorità giudiziaria, e non il Prefetto, può annullare la trascrizione nel registro dello stato civile. Nota a sentenza TAR Lazio n. 3907/15

Matrimonio-Chigiotti-Bucci2Con decisione del 12 febbraio 2015, depositata il 9 marzo, il TAR del Lazio ha affermato che l’annullamento delle trascrizioni dei matrimoni tra persone dello stesso sesso contratti all’estero spetta esclusivamente all’Autorità giudiziaria. Ha pertanto risolto un conflitto di attribuzione di poteri tra organi dello Stato chiarendo che, sulla base delle ipotesi tassativamente previste nell’ordinamento dello stato civile, l’Amministrazione centrale non detiene il potere di intervenire direttamente sui registri dello stato civile disponendone la modifica mediante decreto prefettizio. Pur accogliendo il ricorso nella parte relativa all’illegittimità del provvedimento statale, il Tribunale amministrativo si è comunque pronunciato a favore dell’intrascrivibilità degli atti di matrimonio tra coppie omosessuali, derivante “dalla loro inidoneità a produrre qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano”, in difetto del requisito sostanziale della diversità di sesso dei nubendi. Tale conclusione, raggiunta a seguito dell’analisi del quadro normativo e giurisprudenziale nazionale e sovranazionale, non risolve l’incertezza giuridica in tema di unioni omosessuali e conferma la necessità di un intervento urgente da parte del legislatore, atto a colmare l’attuale vuoto normativo in materia.

 Lazio regional administrative court (TAR) held with sentence 12th February 2015, filed on 9th March, that only judicial authority can revoke registration of same-sex marriages contracted abroad. In this way, the court resolved a conflict of competences between different State organs and clarified, by analyzing the pertaining norms of Ordinamento dello Stato civile, that central administrative authority has no competence to directly order, via a ministerial circular, the modification of population registry. Judges affirmed that Ministry of the Interior’s actions were invalid, thus accepting claimants’ arguments; yet, they stated that same-sex marriage certificates cannot be registered in national population registries, as they are ineffective within Italian legal system due to the absence of an essential precondition to marry, i.e. opposite-sex partners. The judgment reached such conclusion after reviewing the national and supranational legal framework, thus leaving room for uncertainty  as concerns the legal status of same-sex unions. Once more, such judicial development confirms the urgency for Italian legislator to regulate homosexual relationships, in order to fill in an evident  legislative void.  

 di Giuseppe Zago*

 Con sentenza n. 3907/15 del 12 febbraio 2015, depositata il 9 marzo, il TAR del Lazio ha stabilito che spetta all’Autorità giudiziaria disporre l’eventuale annullamento delle trascrizioni nel registro dello stato civile dei matrimoni tra persone dello stesso sesso contratti all’estero. Così statuendo, i giudici hanno risolto un conflitto tra organi dello Stato balzato agli onori delle cronache negli ultimi mesi in diverse città italiane.

Il caso in oggetto sorge a seguito del ricorso proposto dinanzi al tribunale amministrativo da una coppia omosessuale sposatasi in Spagna (more…)