Archivi mensili: aprile 2017

Il brutto pasticcio sul cognome dell’unione civile

2015-02-15-22-33-56

  di Marco Gattuso*

 1.La decisione

Pubblichiamo l’ordinanza del Tribunale di Lecco, prima sezione civile, del 2 aprile 2017, con la quale il giudice, confermando il decreto emesso il 9 marzo inaudita altera parte, ha inibito al Sindaco del Comune di Lecco di annullare l’annotazione anagrafica del cognome comune scelto da due donne unite civilmente, trasmesso peraltro anche alla bambina nata dopo la celebrazione dell’unione.

Soltanto poche settimane fa, al momento della presentazione dei decreti attuativi della legge n. 76 del 2016 (Legge Cirinnà), sul portale Articolo29 era stato evidenziato il brutto pasticcio sulla questione del cognome dell’unione civile fra persone dello stesso sesso. Avevamo rilevato la verosimile illegittimità costituzionale della norma contenuta nel decreto attuativo n. 5 del 19 gennaio 2017 (articolo 3, comma 1, lettera c), n. 2), in quanto il Governo delegato a dare attuazione alla Legge Cirinnà aveva, a nostro avviso, sostanzialmente derogato ad un principio espresso dalla stessa legge, senza tuttavia averne il potere: dunque un eccesso di delega. Avevamo anche detto che la parte più clamorosa del pasticcio era contenuta nella norma (articolo 8: Disposizioni di coordinamento con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 luglio 2016, n. 144), davvero peculiare, con cui il Governo aveva ordinato ai sindaci di cancellare “entro trenta giorni” il cognome anagrafico delle coppie gay e lesbiche che si erano unite civilmente tra l’entrata in vigore della legge Cirinnà (5 giugno 2016) e l’entrata in vigore del decreto “attuativo” (gennaio 2017). Avevamo ipotizzato che verosimilmente quelle coppie non avrebbero accettato che la propria identità personale potesse essere modificata con un tratto di penna, con un provvedimento amministrativo emesso (peraltro senza contraddittorio) in attuazione di una norma fortemente sospetta d’essere incostituzionale.

Non era dunque difficile prevedere che tale diritto a scegliere e mantenere il cognome comune previsto dal comma 10 dovesse essere assicurato dall’Autorità giudiziaria ordinaria.

Ebbene, il primo tribunale adito con una procedura cautelare d’urgenza ex art. 700 c.p.c, ha dato ragione alla prima di queste coppie. Senza neppure affrontare il tema della illegittimità costituzionale del decreto attuativo, il tribunale di Lecco ha “disapplicato” la norma di cui all’articolo 8 che cancellava i cognomi già scelti (il giudice scrive «art. 4, comma 2» ma alla luce della motivazione si tratta di un evidente refuso), ravvisando una violazione dei principi di diritto europeo che tutelano il diritto al cognome. Dall’ordinanza si trae che il primo Decreto attuativo transitorio (il cd. Decreto ponte del luglio 2016) aveva dato corretta attuazione al principio contenuto nella legge, consolidando un diritto soggettivo delle persone unite civilmente al mantenimento del cognome anagrafico comune, mentre il successivo decreto che avrebbe voluto cancellare tale diritto soggettivo è invece illegittimo in quanto contrasta con il diritto alla identità personale sancito anche da fonti di diritto europeo. Richiamati i principi generali, propri anche del diritto europeo, in materia di protezione del nome e di salvaguardia della identità personale anche dei minori (è menzionato, in particolare, l’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali) il Tribunale ha riconosciuto il diritto a mantenere il cognome scelto, assumendo che «l’avvicendamento di norme ha senz’altro prodotto nella fattispecie in esame una lesione della dignità della persona e dell’interesse supremo del minore, che trovano tutela nei sopra richiamati principi fondamentali dell’Unione europea».

2.Il brutto pasticcio

Il provvedimento del tribunale lombardo, come detto, non affronta la questione (more…)