Corte di Cassazione, terza sezione civile, sentenza del 21 giugno 2007 n. 36389

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. DE MAIO Guido – Presidente – del 21/06/2007
Dott. TARDINO Vincenzo – Consigliere – SENTENZA
Dott. FIALE Aldo – Consigliere – N. 1889
Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere – REGISTRO GENERALE
Dott. MARINI Luigi – Consigliere – N. 000293/2007
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA/ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) S. S. N. IL 09/02/1957;
avverso SENTENZA del 25/09/2006 CORTE APPELLO di ANCONA;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. TARDINO VINCENZO LUIGI;
udito il Procuratore Generale in persona del Dott. PASSACANTANDO G. che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per la parte civile, l’avv. LUPONIO L., che concludeva come da atti depositati;
udito il difensore avv. GAUDIO, che ribadiva i motivi e le conclusioni del ricorso.

FATTO E DIRITTO

In parziale riforma della sentenza del Tribunale di Pesaro – che, per i reati di cui agli artt. 519, 521, 530 e 609 bis, quater e quinquies c.p., in esito a giudizio abbreviato, aveva condannato S. S. ad anni quattro di reclusione – la Corte di Appello di Ancona, dichiarando, tra l’altro, condonata la pena nei limiti di un mese, applicava le misure accessorie dell’interdizione da uffici di tutela e curatela e confermava nel resto.
Proponeva ricorso per Cassazione il difensore, che eccepiva il travisamento dei fatti in ordine a quella parte della motivazione, secondo la quale la tendenza omosessuale del S. era ben nota nell’ambiente per espressa ammissione dello stesso imputato (circostanza che non emergerebbe da nessun atto del procedimento); e in ordine al fatto che la fotografia di T. nudo – la parte offesa – sarebbe stata mandata alla sua ragazza. La Corte avrebbe, poi, omesso una qualunque motivazione sulla certificata impotenza dell’imputato e sull’inattendibilità della parte offesa, in relazione alla cui credibilità non vi sarebbe alcun riscontro esterno in atti. La Corte, ancora, aveva ritenuto la responsabilità dell’imputato sulla scorta di una registrazione telefonica tra la parte offesa e l’imputato – acquisendo l’audiocassetta relativa -; ma dalla difesa era stata contestata, ex art. 191 c.p.p., l’utilizzabilità di quella registrazione, senza che fosse stata adeguata risposta sul punto; oltre che le contraddizioni e le incongruenze rilevate con riguardo alle fotografie di nudo sequestrato, alle percosse subite dal T., al presunto rapporto orale, all’episodio del duplicato della patente (… tutti fatti che, se attentamente vagliati, avrebbero comprovato l’inattendibilità della parte offesa).
Veniva, poi, eccepito come, nella sostanza, non vi fosse stata alcuna prova in atti, non solo con riguardo ai fatti di natura sessuale, ma anche con riguardo ai fatti di violenza e minaccia. Sul punto era stata dalla difesa ribadita la violazione dell’art. 521 c.p.p., con conseguente violazione del diritto di difesa: perché nei capi d’imputazione non era stato contestato che l’imputato doveva rispondere dei reati ascritti in quanto tutore.
Le ultime osservazioni della difesa riguardavano la dedotta prescrizione del reato di corruzione di minorenni con correlata violazione di legge in relazione alla determinazione della pena: nel senso che il Giudice di appello avrebbe dovuto riformare la sentenza in quanto il GUP del Tribunale di Pesaro avrebbe dovuto, nel momento in cui aveva applicato per la continuazione del reato l’aumento di pena di anni uno e mesi undici di reclusione, tener conto del reato prescritto di corruzione di minorenni: con conseguente diminuzione della pena irrogata. Un’ulteriore violazione di legge riguardava l’aumento autonomo di pena per il reato di cui all’art. 610 c.p. (trattandosi che tutti i reati contestati, ivi compreso l’art. 610 c.p., erano uniti dal vincolo della continuazione) e la mancata applicazione dell’art. 609 bis c.p., u.c., dovendosi ritenere l’attenuante della minore gravità.
Con memoria di replica, depositata il 15.6.2007, la Parte civile rilevava la evidente inammissibilità del ricorso per le sue esclusive implicazioni fattuali.
La sentenza della Corte di Appello di Ancona risulta immune da censure apprezzabili, e le doglianze proposte non consentono di ritenere illogica, omissiva e contraddittoria la relativa motivazione. Astraendo dalla contestazione che taluni dei profili dedotti sono nuovi rispetto a quelli già proposti con i motivi di appello, bisogna dire che gli stessi, prevalentemente, sono di natura fattuale – come tali improponibili in sede di legittimità. Peraltro, e in relazione ai molti punti contestati della sentenza, va detto che – come nel consolidato indirizzo di legittimità – il giudice di merito non è tenuto a confrontarsi con tutte le allegazioni difensive: essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale delle risultanze processuali, si dia argomentatamente contezza della decisione adottata: considerandosi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con l’assunto ritenuto. Relativamente alle contestazioni, in un certo senso pertinenti e rilevanti, va detto:
– Quanto alla pretesa mancata contestazione dell’aggravante di cui all’art. 609 quater c.p., comma 1, n. 2 (… circa il fatto, cioè, che il prevenuto era insegnante di catechesi del T.: con il quale, perciò, aveva intrattenuto un rapporto di educazione e di istruzione); con le implicazioni giuridiche di cui all’art. 521 c.p.p.: che, contrariamente all’assunto della difesa, la effettuata contestazione del 519 c.p. – nella sostanza richiamando il comma 2, n. 2 -, trattandosi di condotta riferibile al periodo 15.6.1994/1.3.1996, riproduceva l’omologa condotta punita, poi, dall’art. 609 quater c.p., comma 1, n. 2 (… sotto la cui vigenza la stessa condotta si era protratta fino al 14.6.1996, e cioè dopo l’entrata in vigore della L. n. 66 del 1996): per cui nessuna incertezza sull’oggetto dell’imputazione: con la conseguenza che, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato sia venuto, comunque, a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione.
Quanto all’inutilizzabilità dell’audiocassetta (…da cui risultava la registrazione telefonica tra la persona offesa e l’imputato), va detto che non è configurabile alcuna violazione normativa in materia di intercettazioni, trattandosi di una telefonata registrata da uno degli interlocutori – la cui identità, così come risulta in atti, non è stata mai messa in dubbio dalla difesa dell’imputato, che si era limitata a richiedere la trascrizione. In ogni caso la Corte non ha inteso provare l’assunto accusatorio puntando esclusivamente su questa risultanza processuale; limitandosi ad offrire un ulteriore elemento di riscontro alle dichiarazioni del ragazzo alla sua credibilità. Premesso che – e lo si evince dagli atti e dal testo della sentenza impugnata che richiama quella di primo grado – nel corso dell’udienza preliminare, su istanza della difesa dell’imputato, si era proceduto alla trascrizione in forma “peritale” di quell’audiocassetta consegnava ai Carabinieri dalla persona offesa, dalla stessa emergono spunti decisivi utilizzati dalla Corte nel contesto complessivo delle altre risultanze: sull’individuazione del momento iniziale della relazione tra il T. e il S. (che è il punto cruciale della difesa dell’imputato, tutta volta e arroccata su un solo punto: che, cioè, la relazione amorosa tra i due era iniziata quando il ragazzo aveva sedici anni e frequentava la terza liceo: da cui una condotta consonante, assentita e concordata); sulle modalità invadenti, minacciose e ricattatorie con le quali l’imputato gestiva quella relazione.
Il ragazzo – nato il 15.6.1980 – aveva dichiarato che la relazione era cominciata quando frequentava la terza media, anno scolastico 1993/1994 e le lezioni di catechismo impartite dal S.; mentre l’imputato S. aveva affermato che l’approccio era cominciato quando il ragazzo frequentava la terza liceo nell’anno scolastico 1996/1997. La prova della veridicità del ragazzo è stata dai precedenti giudici desunta proprio da quella registrazione telefonica – che, sia detto per inciso, è stata, per certi aspetti, invocata e utilizzata proprio dalla difesa dell’imputato: e da cui la piena legittimazione probatoria della risultanza -, nel corso della quale è proprio il S. che datava l’inizio di quella relazione, ricordando all’interlocutore come il loro approccio era cominciato sette anni prima (… dalla registrazione, e cioè nel gennaio del 1994 e non nel 1997). Ma, non esclusivamente, perché dai precedenti giudici la circostanza è, altresì, attestata sulle dichiarazioni di Francesconi Paolo – nella cui abitazione, all’incirca tra la fine del 1993 e l’inizio del 1994, l’imputato si era recato per visionare una cassetta e contenuto pornografico, e dove si era masturbato in loro presenza -, su quelle di F. A. e di P. C.. Da quella registrazione emergeva ancora, nel pensiero dei precedenti giudici, il comportamento ricettatorio e minaccioso dell’imputato che diceva al ragazzo di “sputtanarlo per tutto il paese e di rendergli la vita un inferno”….
– Quanto al motivo (dal quale, oltre al travisamento del fatto, sarebbe derivato un ulteriore elemento di inattendibilità della parte offesa), secondo il quale risultava la certificata impotenza dell’imputato e il suo ruolo meramente passivo … la Corte ha fornito una plausibile giustificazione, osservando: che i disturbi relativi ad una difficoltà di erezione dell’imputato per motivi prostatici erano – come era provato dalla stessa relazione medica prodotta dalla difesa – venuti fuori, con connotazioni di carattere psicologico, solo alla fine della relazione; quando i due (come nel racconto della parte offesa) “si limitavano a masturbarsi vicendevolmente”. Peraltro, il fatto di essere passivo o attivo nel contesto di quella relazione non può che essere irrilevante: una volta dimostrato che quella relazione era nata e maturata quando il ragazzo non aveva compiuto ancora i sedici anni e si trovava in un rapporto di sostanziale affidamento, per ragioni di educazione e di istruzione, con l’imputato: circostanza, questa, dal legislatore assunta come chiave di lettura di una responsabilità “ex se” presunta.
– Anche sulla mancata concessione della diminuente di cui all’art. 609 bis c.p.p., u.c., la Corte ha sufficientemente motivato riferendosi ad un fatto di estrema gravità perdurato per diversi anni in una situazione di reale approfittamento della età della giovane parte offesa e dalla sua situazione sociale disagevole. Sulla pena le considerazioni, per molti aspetti generiche e confuse della difesa, vanno disattese: perché, come correttamente esemplificato nella sentenza impugnata, si è in presenza di una successione di leggi nel tempo, in relazione alla quale la condotta dell’imputato si era protratta nella vecchia come nella nuova normativa, comportando l’applicazione in regime di reato continuato, della pena della normativa sotto la cui vigenza erano stati ulteriormente consumati gli atti di violenza sessuale. Il ricorso va, per l’effetto, rigettato: con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla refusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla refusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile: che liquida in complessivi Euro 2500,00; oltre alle spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 21 giugno 2007.
Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2007