Corte d’appello di Napoli, ordinanza del 30 marzo 2016

REPUBBLICA ITALIANA
La Corte d’Appello di Napoli
sezione persona e famiglia,
riunita in camera di consiglio in persona dei magistrati:
dott. Antonio Casoria Presidente
dott. Alessandro Cocchiara Consigliere rel.
dott. Massimo Sensale Consigliere

letto il ricorso, depositato in data 29.12.15, con il quale La Delfa Giuseppina (c.f. Xx), nata il 27.1.1963, a Tourcoing, Francia, cittadina francese (e iure sanguinis italiana) e Hoedts Raphaëlle Louise Anne (c.f. Xx), nata il 12.7.1963 a Lille, Francia, cittadina francese, in proprio e quali rappresentanti dei figli minori, A. (allo stato civile francese ora Andrea G. La Delfa Hoedts) nato il xxx ad A (c.f. Xx) e L (allo stato civile francese ora risultante come L. La Delfa Hoedts), nata il xxx (c.f. Xxx), tutti residenti in Xxxx rappresentate e difese dall’avv. Alexander Schuster del foro di Trento e dall’avv. Giuseppe Di Meo (presso il quale elett.te domiciliano in Avellino, via Maffucci n. 12), giusta procura allegata in busta telematica, hanno chiesto: “1) in via principale: a) riconoscere ad ogni effetto le adozioni, piene e legittimanti, pronunciate con due sentenze del 12.5.2014, emesse dal Tribunal de Grande Istance de Lille (sent. N. 14/01157 che stabilisce l’adozione piena –adoption plénière- di diritto francese da parte di Raphaëlle Louise Anne Hoedts della minore L. La Delfa e sent. N. 14/01162 che stabilisce l’adozione piena –adoption plénière- di diritto francese da parte di Giuseppina La Delfa del minore A. Hoedts; b) per gli effetti ordinare all’ufficiale di stato civile del Comune di X la trascrizione delle suddette sentenze ex art. 28 co. 2°, lett. g), d.p.r. n.396/2000 e annotazioni susseguenti, in particolare con riguardo alle rettificazione dei cognomi dei minori; 2) il via subordinata: disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ex art. 267 TFUE per sapere se l’art. 20, co. 2°, lett. a) e l’art. 21 TFUE, letto congiuntamente agli art. 21 (non discriminazione) e 24 (diritti del minore) Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, osti ad una legislazione di uno Stato membro che neghi il riconoscimento del legame di filiazione di un cittadino di altro Stato membro con un minore in quanto figlio adottivo giusta sentenza di tale altro Stato membro, a cagione del fatto che i genitori sono delle stesso genere e, quindi, direttamente per motivo del loro orientamento sessuale”;
letta la memoria difensiva del Sindaco del Comune di X, quale ufficiale dello stato civile, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Napoli, via A. Diaz n.11, che ha chiesto “la reiezione del ricorso in quanto improponibile inammissibile ed infondato, con vittoria di spese ed onorari”;
rilevato che il sindaco del Comune di X, nella qualità di ufficiale dello stato civile, non si è costituito;
lette le note conclusive del P.G. in sede, dott. Maurizio Villari, che ha chiesto: “voglia la Corte pronunziare la delibazione delle sentenze in rubrica”;
letti gli atti e sentiti il relatore e i rispettivi procuratori delle parti, nonché il P.G., sciogliendo la riserva di cui al verbale di udienza del 30.3.2016, ha emesso la seguente
ORDINANZA
Va innanzi tutto respinta l’eccezione “di nullità assoluta o inesistenza della comparsa di costituzione e risposta depositata telematicamente in data 16.3.2016 in quanto il certificato di firma digitale risulta revocato in data 4.2.16 come da rapporto di verifica del Consiglio Nazionale del Notariato”, sollevata dalla difesa delle ricorrenti.
Se è vero che l’art. 21 co.3 decr. Leg.vo n. 82/2005 stabilisce che “3. L’apposizione ad un documento informatico di una firma digitale o di un altro tipo di firma elettronica qualificata basata su un certificato elettronico revocato, scaduto o sospeso equivale a mancata sottoscrizione”, è altrettanto vero che dal fascicolo telematico la difesa Erariale risulta ritualmente costituita con comparsa firmata digitalmente dall’avv. Giuseppe Capodanno e che dal predetto rapporto di verifica risulta “non revocato e in corso di validità” il certificato “Actalis CA per Firma Digitale Qualificata 2”, che è quella appunto apposta sulla comparsa in mancanza della quale il sistema non avrebbe nemmeno accettato la comparsa ed il fascicolo telematico della difesa Erariale.
Va premesso in fatto che, per quanto si evince dagli atti (e in particolare dalle domande di adozione presentate dalle ricorrenti al giudice francese, nel cui circondario le medesime avevano mantenuto una residenza, in un immobile acquistato nell’anno 1989), La Delfa Giuseppina e Hoedts Raphaëlle Louise Anne (entrambe di cittadinanza francese e la prima jure sanguinis anche italiana) intrapresero una relazione amorosa stabile e continua, di dominio pubblico, sin dagli anni ‘80 e nel corso degli anni ‘90 si trasferirono in Italia, dove avevano trovato un posto di insegnanti di francese presso l’università di Salerno, mantenendo però significativi rapporti con le rispettive famiglie residenti in Francia. In data 15.3.2000 le predette stipularono innanzi al Console Génèral de France a Napoli “un patto civile di solidarietà” previsto dalla legislazione francese. Nell’ambito di un progetto familiare condiviso che contemplava la filiazione e le relative responsabilità genitoriali, La Delfa Giuseppina, con una pratica di inseminazione artificiale realizzata in Belgio, in data xxxx partorì la figlia L. La Delfa, nata ad Avellino ed il cui atto di nascita venne iscritto al n. Xx, parte I, serie A dei registri dello stato civile del Comune di xx. Hoedts Raphaëlle Louise Anne, con una pratica di inseminazione artificiale realizzata in Spagna, in data xxxx partorì A., nato ad xx ed il cui atto di nascita venne iscritto al n. X, parte II, serie B, dei registri dello stato civile del Comune di Xxxx. Hoedts Raphaëlle Louise Anne ha accudito L. La Delfa considerandola e trattandola come propria figlia e quest’ultima l’ha sempre considerata come mamma e ha considerato A. Hoedts come fratello e al contempo La Delfa Giuseppina ha accudito e considerato quest’ultimo come figlio e fratello di L.. In data 5.10.2013, le ricorrenti hanno contratto matrimonio innanzi all’ufficiale dello stato civile del Comune di xxx (Francia) in virtù della legge francese n. 404 del 17.5.2013, a coronamento appunto della relazione amorosa stabile e continua, di dominio pubblico intrattenuta da oltre 30 anni. A seguito delle istanze depositate il 4.2.2014, il Tribunale civile di Lille, in data 12.5.2014, ha emesso le seguenti sentenze di adozione legittimante: n.14/01162 con il seguente dispositivo: “il xxxx a X (Italia) è nato un bambino di sesso maschile di nome e cognome A. La Delfa-Hoedts, figlio di Giuseppina la Delfa, coniuge Hoedts, nata il 27 gennaio 1963 a Tourcoing, insegnante e di Raphaëlle, Louise, Anne, Renée Hoedts, coniuge La Delfa, nata il 12 luglio 1963 a Lille, insegnante, sua moglie, entrambi residenti in via xxxxx (Italia)”; n. 14/01157 con il seguente dispositivo: “il xxxx a X (Italia) è nato un bambino di sesso femminile di nome e cognome L.La Delfa-Hoedts, figlia di Raphaëlle, Louise, Anne, Renée Hoedts, coniuge La Delfa, nata il 12 luglio 1963 a Lille, insegnante e di Giuseppina La Delfa nata il 27 gennaio 1963 a Tourcoing, insegnante, sua moglie, entrambe residenti in via xxx (Italia)”. Dette sentenze sono divenute definitive e dichiarate esecutive come da attestazioni in calce della cancelleria del Tribunale di Lille.
In data 25.5.2015, La Delfa Giuseppina e Hoedts Raphaëlle Louise Anne chiesero all’ufficiale dello stato civile del Comune di Xx la trascrizione delle predette sentenze di adozione e il Sindaco con provvedimento del 10.6.2015 rigettò l’istanza poiché le sentenze di adozione richiamavano “come evento relativo alla filiazione” il matrimonio dei genitori in data 5.10.2013 a Tourcoing, che era improduttivo di effetti in Italia come confermato dal Tribunale di Avellino con il decreto di rigetto dell’opposizione al rifiuto della trascrizione del predetto matrimonio.
Per completezza di esposizione va aggiunto che il matrimonio delle ricorrenti è stato poi trascritto nei registri dello stato civile del Comune di Xx a seguito del provvedimento di questa Corte dell’8.7.2015 (comunque non ancora definitivo pendendo ricorso per cassazione dell’amministrazione) e che il Comune di Aa con provvedimento del 15.1.2016 (quindi successivo al deposito del ricorso in esame) ha rigettato la richiesta di La Delfa Giuseppina volta ad ottenere l’aggiunta al cognome della figlia L. del cognome della madre adottiva Hoedts, poiché andrebbe prima riconosciuta dal competente Tribunale per i Minorenni la sentenza di adozione legittimante francese e perché non sarebbe nemmeno trascrivibile l’atto di nascita della minore così come rettificato in Francia e nel quale la minore è indicata come figlia di due madri, perché contrario all’ordine pubblico “nonostante la sentenza della Corte di Appello di Napoli del 13.3.2015 che ha autorizzato la trascrizione dell’atto di matrimonio tra le due mamme, cittadine francesi, celebrato in Francia”. Di qui la notifica, entro il termine assegnato, del ricorso introduttivo anche al Sindaco del Comune di X quale ufficiale di stato civile (come si è detto il Sindaco non si è costituito).
Dunque le ricorrenti hanno chiesto il riconoscimento delle predette sentenze di adozione ai sensi dell’art. 67 della L. n.218/95 il quale recita: “1. In caso di mancata ottemperanza o di contestazione del riconoscimento della sentenza straniera o del provvedimento straniero di volontaria giurisdizione, ovvero quando sia necessario procedere ad esecuzione forzata, chiunque vi abbia interesse può chiedere all’autorità giudiziaria ordinaria l’accertamento dei requisiti del riconoscimento. 1-bis. Le controversie di cui al comma 1 sono disciplinate dall’articolo 30 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150”.
Nella specie per quanto innanzi detto è evidente che “la contestazione”, quale presupposto per ricorrere alla procedura sommaria di riconoscimento, è da ravvisarsi appunto sia nel diniego espresso dal Comune di X alla trascrizione delle sentenze di adozione, sia nel provvedimento di diniego espresso dal Comune di X all’aggiunta del cognome della madre adottiva di L.La Delfa, fondato anch’esso sulla pretesa contrarietà all’ordine pubblico della trascrivibilità del matrimonio della madre biologica e della madre adottiva e della necessità di un preventivo riconoscimento da parte del giudice minorile della relativa sentenza di adozione francese. E’ evidente che entrambi gli ufficiali dello stato civile, interpellati dalle ricorrenti per ottenere, sia pure a fini diversi, il riconoscimento de plano degli effetti delle predette sentenze ex art. 65 L. n.218/95, non hanno inteso applicarle e dare seguito agli adempimenti di trascrizione ex art. 28 d.p.r. n. 396/00, sicché l’unico rimedio per ottenere il pieno riconoscimento delle sentenze era ed è appunto il ricorso al procedimento in esame.
Non ha alcun rilievo preclusivo né tanto meno fondante i presupposti della pretesa giurisdizione del G.A., come sostenuto dalla difesa Erariale, la circostanza che le ricorrenti non abbiano inteso impugnare i provvedimenti dell’ufficiale dello stato civile ex art. 95 d.p.r. n.396/2000, poiché trattasi di tutele in ipotesi alternative (anzi quello ex art. 67 cit. è imprescrittibile: App. Milano 27.7.1999), mentre l’eventuale riconoscimento chiesto incidentalmente nel giudizio ex art. 95 cit. avrebbe avuto un’efficacia limitata a quel giudizio (art. 67, 3° co. cit.).
Quanto alla legittimazione passiva nell’azione in parola deve precisarsi che poiché quella attiva è attribuita a chiunque vi abbia interesse e cioè sia le persone che riceverebbero effetti favorevoli dal riconoscimento della sentenza straniera sia quelle che ne risentirebbero effetti sfavorevoli e che potrebbero avere interesse a vedere affermata l’impossibilità del riconoscimento (tant’è che si ammette anche la possibilità di un accertamento negativo della riconoscibilità), deve ritenersi che legittimati passivamente siano appunto coloro che sono portatori di un interesse contrario al riconoscimento e nella specie gli ufficiali dello stato civile che lo hanno “contestato” nella sede amministrativa. Quindi, deve ritenersi che l’evocazione in giudizio dei predetti ufficiali dello stato civile non sia una semplice denuntiatio litis, come preteso dalla difesa delle ricorrenti e che sia valida, considerato che comunque il ricorso notificato anche agli ufficiali dello stato civile contiene tutte le indicazioni prescritte dall’art. 702 bis c.p.c. e in particolare l’avvertimento di cui al n. 7 del terzo comma dell’art. 163 c.p.c..
Altra questione pregiudiziale per la verità avvertita dalla difesa delle ricorrenti nell’atto introduttivo (ma già prospettata dal provvedimento del sindaco del Comune di Serino) e comunque riproposta dalla difesa Erariale è quella della competenza (per materia o funzionale) al riconoscimento della sentenza straniera di adozione, posto che l’art. 41 L. n.218/95 recita: “1. I provvedimenti stranieri in materia di adozione sono riconoscibili in Italia ai sensi degli articoli 64, 65 e 66. 2. Restano ferme le disposizioni delle leggi speciali in materia di adozione dei minori”, allorché si consideri che il secondo comma è stato letto come la “regola”, sicché il primo comma costituirebbe l’eccezione relegata alle ipotesi di adozioni di maggiori di età o in casi particolari di cui all’art. 44 L. n.184/83, con la conseguenza che, in questa materia, il procedimento da instaurare è quello di cui alla L. n. 476 del 1998 che disciplina l’adozione internazionale e non quello di cui alla L. n. 218 del 1995, artt. 64 e seguenti. Sennonché deve ritenersi che tale disposizione (41, 2° co. cit.), predicando il perdurante vigore (e la prevalenza) della disciplina speciale dell’adozione internazionale di minori rispetto alle previsioni di carattere generale di cui alla riforma del diritto internazionale privato, comporta l’applicabilità della L. 31 dicembre 1998, n. 476 (recante ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori adottata all’Aja il 29 maggio 1993), che ha radicalmente modificato la disciplina dell’adozione internazionale, sostituendo al procedimento di delibazione del provvedimento straniero dettato dalla L. n. 184 del 1983, art. 32, una complessa procedura che si snoda in più fasi, analiticamente disciplinate dai novellati artt. 29 e ss., ed affida al tribunale per i minorenni i poteri previsti in dette norme, disponendo, tra l’altro, all’art. 36, comma 1, che l’adozione internazionale dei minori provenienti da Stati che hanno ratificato la Convenzione può avvenire “soltanto con le procedure e gli effetti previsti dalla presente legge”. L’art. 41 L. n. 218 del 1995 è inteso a salvaguardare la specialità della materia dell’adozione internazionale rispetto al procedimento di delibazione ordinario proprio in ragione della specificità delle procedure che vedono coinvolte le autorità del paese di provenienza e del paese di adozione del minore. Procedure intese a garantire che l’adozione internazionale si realizzi con il rispetto degli standard fissati a livello internazionale dalla Convenzione de L’Aja del 29 maggio 1993 per la tutela dei bambini e per la cooperazione nell’adozione internazionale recepita in Italia con L. 31 dicembre 1998, n. 476.
Nella specie, però non si tratta di adozione internazionale secondo la convenzione de L’Aja ma di adozione nazionale straniera francese (evidentemente del tutto ignota sia all’epoca della convenzione che della legge nazionale italiana del 1998) da parte di due donne coniugate (entrambe francesi ed una sola anche italiana) dei rispettivi figli biologici (entrambi francesi e solo L. anche italiana jure sanguinis), che secondo la loro legge personale (art. 343 e ss. code civil) possono adottare in forma piena o legittimante un minore compreso il figlio minore dell’altro coniuge. Dunque, si tratta di adozioni nazionali avvenute al di fuori degli schemi (e all’epoca ignote) dell’adozione internazionale che giustificherebbe la competenza funzionale del T.M. secondo la citata disposizione. Di ciò se ne ha indiretta conferma nella declaratoria di inammissibilità della questione di costituzionalità, sollevata dal T.M. di Bologna, appunto della legge sulle adozioni in materia di riconoscimento di una sentenza straniera di adozione del figlio della compagna dello stesso sesso pronunciata tra stranieri.
Dunque, deve farsi applicazione degli artt. 65 e 66 della legge in materia di diritto internazionale privato, che prevedono che i provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone, nonché all’esistenza di rapporti di famiglia, come quelli di volontaria giurisdizione, hanno effetto nell’ordinamento italiano e sono quindi riconosciuti senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento, quando producono effetti nell’ordinamento dello stato in cui sono stati pronunciati, non sono contrari all’ordine pubblico e sono stati rispettati i diritti della difesa.
Le sentenze di adozione dei minori di cui si discute hanno piena efficacia in Francia e sono state emesse da un’autorità giudiziaria francese, su istanza delle attuali ricorrenti, con l’accertato pieno consenso delle rispettive madri (e coniugi) dei bambini.
Occorre a questo punto valutare se l’adozione con effetti legittimanti da parte di persone, ritenute coniugate per lo Stato Francese, della figlia della partner dello stesso sesso, pronunciata legittimamente in uno Stato europeo, in base alle leggi di quel paese, debba ritenersi contraria all’ordine pubblico, inteso quest’ultimo come ordine pubblico internazionale, secondo l’insegnamento della Cassazione, la quale con la recente sentenza 19405/2013 ha statuito che “È… acquisizione sufficientemente consolidata quella per cui la nozione di ordine pubblico …-in forza della quale la norma straniera che vi contrasti non può trovare ingresso nel nostro ordinamento in applicazione della pertinente disposizione di diritto internazionale privato- non è enucleabile esclusivamente sulla base dell’assetto ordinamentale interno, racchiudendo essa i principi fondamentali della Costituzione o quegli altri principi e regole che rispondono all’esigenza di carattere universale di tutelare i diritti fondamentali dell’uomo o che informano l’intero ordinamento in modo tale che la loro lesione si traduce in uno stravolgimento dei valori fondanti del suo assetto ordinamentale (Cass., 26 novembre 2004, n. 22332; Cass., 19 luglio 2007, n. 16017). In altri termini, come posto in rilievo da Cass., 26 aprile 2013, n. 10070 (nel richiamare anche Cass., 6 dicembre 2002, 17349 e Cass., 23 febbraio 2006, n. 4040), il concetto di ordine pubblico a fini internazionalprivatistici si identifica con quello indicato con l’espressione “ordine pubblico internazionale”, da intendersi “come complesso di principi fondamentali caratterizzanti l’ordinamento interno in un determinato periodo storico o fondati su esigenze di garanzia, comuni ai diversi ordinamenti, di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo”.
Del resto, in un sistema plurale, di cui è partecipe il nostro ordinamento, non può ignorarsi la sinergia che proviene dall’interazione delle fonti sovranazionali con quelle nazionali. Si tratta di una combinazione, articolata e complessa, che si riflette sulla portata stessa dell’ordinamento interno, il quale cosi risulta diversamente modulato a seconda del modus operandi del rapporto che è instaurato tra esso e la fonte sovranazionale o internazionale interagente. Ed è proprio in tale prospettiva che si viene a declinare la vocazione cd. internazionalista della nostra Carta Fondamentale, che, oggi, non si esaurisce più negli originari principi desumibili dagli artt. 10 e 11 Cost., ma trova ulteriore forza di radicamento nell’art. 117 Cost., comma 1, il quale imprime alla legislazione tutta il rispetto dei vincoli derivanti dai trattati internazionali e dalla partecipazione all’Unione Europea (nel 2001, allorché venne introdotta la citata norma nel riformato titolo V della Costituzione, ancora “ordinamento comunitario”).
Ove, poi, vengano in rilievo fonti che sono votate alla protezione dei diritti fondamentali della persona umana (Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata con la L. n. 88 del 1955; Carta Europea dei diritti fondamentali dell’Unione Europea – o Carta di Nizza – che, in forza dell’art. 6 del Trattato di Lisbona, “ha lo stesso valore giuridico dei trattati”), la loro incidenza sull’individuazione del limite di recepimento della norma straniera, partecipe di un ordinamento anch’esso soggetto a quel sistema di fonti, non può essere revocato in dubbio, posto che appare evidente, al contempo, l’apertura internazionalista del concetto di ordine pubblico e la condivisione degli stessi valori fondamentali tra i diversi ordinamenti statuali, nell’ambito dello stesso sistema di tutela multilivello” (cfr. App. Milano, 16.10.2015).
Questa Corte proprio sulla base della predetta nozione di ordine pubblico internazionale ha ritenuto trascrivibile nei registri dello stato civile italiano il matrimonio contratto in Francia dalle ricorrenti, cittadine francesi, trascrizione imposta anche dall’esigenza di salvaguardare i diritti fondamentali dei cittadini dell’Unione europea quali quello di non subire discriminazioni e di libertà di circolazione e stabilimento nei paesi membri dell’Unione. E cioè una volta riconosciuto che il genere della coppia dei coniugi stranieri non costituisce limite di ordine pubblico (nazionale ed internazionale) e che ad ogni Stato dell’Unione compete convenzionalmente la riserva di legge in ordine alle forme di unione delle coppie omosessuali, la trascrizione del matrimonio di coniugi stranieri residenti in Italia, non può incontrare alcun limite, opponibile dall’amministrazione dello Stato di residenza, nemmeno riferito all’appartenenza di genere della coppia coniugata.
E’ stato osservato che detta decisione si iscrive in quella dottrina che ammette “la libera portabilità degli status” nell’ambito dell’Unione Europea e che, trasposta al caso in esame, non dovrebbe nemmeno precludere il riconoscimento per effetto delle sentenze di adozione in questione degli status di figli legittimi acquisiti dai predetti minori delle due madri, coniugate validamente secondo la legislazione dello stato di cittadinanza.
Del resto, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 601/2013, ha recentemente affermato come costituisca mero pregiudizio ritenere che “sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale” e come ogni situazione deve essere valutata singolarmente, tenuto conto del preminente interesse del minore rispetto alle figure genitoriali e al suo diritto di convivere e/o mantenere regolari rapporti significativi con tutte le figure adulte di riferimento, indipendentemente dalle loro tendenze sessuali, ritenute in concreto adeguate ad assicurargli l’affetto e la cura indispensabili per la sua armoniosa crescita. La Corte EDU ha più volte sottolineato l’obbligo per l’autorità giudiziaria di uno Stato aderente alla Convenzione, di assumere decisioni riguardanti minori, tenendo prioritariamente conto del superiore interesse del minore, valutato in concreto, al mantenimento della propria vita familiare ex art. 8 CEDU e alle relazioni instaurate con le figure genitoriali di riferimento, ribadendo il principio che anche le relazioni omosessuali rientrano nella nozione di vita familiare, e ciò ha fatto anche nelle sentenze in cui si è occupata di riconoscimento della sussistenza di una vita familiare tra il minore e le figure genitoriali nelle ipotesi di maternità “surrogate” non consentite dagli ordinamenti nazionali (vedi le sentenze Menesson c. Francia, ric. n. 65192, Labassee c. Francia ric. n. 65941, emesse nel 2014; Paradiso e Campanelli c. Italia del 27 gennaio 2015).
In tale contesto normativo di riferimento, così come interpretato dai giudici italiani e dai giudici sovranazionali, non vi è alcuna ragione per ritenere in linea generale contrario all’ordine pubblico un provvedimento straniero che abbia statuito un rapporto di adozione piena tra persone coniugate e i rispettivi figli riconosciuti dei coniugi, anche dello stesso sesso, una volta valutato in concreto che il riconoscimento dell’adozione, e quindi il riconoscimento di tutti i diritti e doveri scaturenti da tale rapporto, corrispondono all’interesse superiore del minore al mantenimento della vita familiare costruita con ambedue le figure genitoriali e al mantenimento delle positive relazioni affettive ed educative che con loro si sono consolidate, in forza della protratta convivenza con ambedue e dei provvedimenti di adozione. Ma giova precisare che la predetta valutazione dei presupposti delle adozioni in parola appartiene al giudice francese che ha emesso le predette sentenze, mentre qui rileva solo che quell’apprezzamento non è contrario all’ordine pubblico.
In definitiva nulla osta al riconoscimento dell’efficacia nell’ordinamento italiano delle predette sentenze di adozione legittimante e, considerate “le contestazioni” in punto di trascrivibilità delle stesse, deve ordinarsi ai citati ufficiali dello stato civile la trascrizione delle sentenze di adozione ex art. 28 lett. g (i provvedimenti in materia di adozione), compresa, ex lett. f), l’aggiunta del cognome delle rispettive adottanti al cognome degli adottati.
Le spese del procedimento, nella misura liquidata in dispositivo secondo i nuovi parametri di riferimento, seguono la soccombenza dei resistenti.
P.Q.M.
a) accoglie il ricorso e per l’effetto riconosce l’efficacia nell’ordinamento giuridico italiano delle seguenti sentenze emesse dal Tribunale civile di Lille, in data 12.5.2014: n.14/01162 con il seguente dispositivo: “il x a x (Italia) è nato un bambino di sesso maschile di nome e cognome A. La Delfa-Hoedts, figlio di Giuseppina la Delfa, coniuge Hoedt, nata il 27 gennaio 1963 a Tourcoing, insegnante e di Raphaëlle, Louise, Anne, Renée Hoedts, coniuge La Delfa, nata il 12 luglio 1963 a Lille, insegnante, sua moglie, entrambe residenti in via x (Italia)”; n. 14/01157 con il seguente dispositivo: “il x a X (Italia) è nato un bambino di sesso femminile di nome e cognome L. La Delfa-Hoedts, figlia di Raphaëlle, Louise, Anne, Renée Hoedts, coniuge La Delfa, nata il 12 luglio 1963 a Lille, insegnante e di Giuseppina La Delfa nata il 27 gennaio 1963 a Tourcoing, insegnante, sua moglie, entrambe residenti in via x (Italia)”; ordina all’ufficiale dello stato civile del Comune di x di trascrivere ai sensi dell’art. 28 lett. f) e g) d.p.r. n.396/00, nei registri degli atti di nascita della minore L. La Delfa la predetta sentenza n. 14/01157 e all’ufficiale dello stato civile del X di trascrivere ai sensi dell’art. 28 lett. f) e g) d.p.r. n.396/00, nei registri degli atti di nascita del minore A. La Delfa la predetta sentenza n.14/01162;
b) condanna i predetti Sindaci dei Comuni di X e di X, nella qualità ed in solido, al pagamento in favore delle ricorrenti delle spese del giudizio, che liquida quanto agli onorari in complessivi € 3550,00, oltre il 15% per rimborso spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge.
Napoli, 30.3.2016 Il Presidente
Dott. Antonio Casoria
Il consigliere estensore
Dott. Alessandro Cocchiara
Documento firmato digitalmente