Corte di cassazione, prima sezione civile, sentenza del 18 giugno 2008, n.16593

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –
Dott. MORELLI Mario Rosario – rel. Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –
Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
P.G. , elettivamente domiciliato in ROMA VIA CUNFIDA 20, presso l’avvocato BATTAGLIA MONICA, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
R.A. , elettivamente domiciliata in ROMA VIA BARBERINI 3, presso l’avvocato REMIDDI LAURA, rappresentata e difesa dall’avvocato DE IANNI GRAZIA MARIA, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
contro
PROCURATORE: GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE APPELLO DI NAPOLI;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1067/07 della Corte d’Appello di NAPOLI, depositata il 11/04/07;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/04/2008 dal Consigliere Dott. Mario Rosario MORELLI;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato BATTAGLIA MONICA che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per la resistente, l’Avvocato DE IANNI GRAZIA MARIA che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARTONE Antonio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTO E DIRITTO

1. G..P. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di Napoli in data 11 aprile 2007, confermativa di quella del Tribunale che, nel pronunciarne la separazione personale dal coniugo A..R. , con addebito esclusivo ad esso P. , ha
affidato il figlio e assegnato la casa coniugale alla moglie e posto, altresì, a suo carico un assegno mensile di mantenimento di Euro 750,00 in favore della R. e di Euro 1.200,00 per il figlio. Resiste l’intimata con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.. 2. L’odierna impugnazione si articola in sette motivi, formalmente conclusi, ciascuno, da plurimi quesiti di diritto ex art. 366 bis c.p.c. e, rispettivamente volti – i primi tre a contestare la statuizione sull’addebito della separazione (al ricorrente invece che, come da lui richiesto, alla moglie) e i residui quattro a censurare, nell’ordine, il decisum relativo all’affidamento del figlio minore (alla moglie e non “condiviso”), all’assegnazione della casa coniugale (interamente alla R. non ostante la dedotta divisibilità e la chiesta divisione dell’immobile), all’attribuzione dell’assegno in favore della moglie e del figlio.
3. Il primo motivo – con il quale il P. , in particolare, previamente, in rito, denuncia violazione degli artt. 184 e 345, 115, 116 c.p.c. in cui assume essere incorsa la Corte territoriale con il confermare il rigetto della sua istanza di ammissione di atti (prodotti in primo grado oltre i termini di cui al citato art. 184 e riprodotti in sede di gravame) relativi a procedimenti penali intentati nei suoi confronti dalla moglie e conclusisi con provvedimenti di archiviazione è inammissibile.
E ciò al di là del difetto di autosufficienza della censura per la ragione comunque che la violazione delle norme suindicate, e la formulazione dei correlativi quesiti di diritto, è non pertinente e surrettizia, una volta che il mancato accoglimento della riferita istanza del ricorrente risulta motivalo da quei giudici non sulla base di preclusioni derivanti dalla norme asseritamente violale, bensì in ragione della esclusa efficacia probatoria degli atti in questione (“relativi a sommarie informazioni assunte nella fase delle indagini preliminari e non nel dibattimento in contraddittorio delle parti”) e del rilievo (assorbente) della “non indispensabilità” probatoria degli stessi, secondo una valutazione di merito non suscettibile di riesame in questa fase di legittimità. 4. Per analoghe ragioni – di difetto di autosufficienza, non aderenza dei quesiti di diritto al quid decisum e loro pertinenza, comunque, a valutazioni di fatto non suscettibili di ulteriore sindacato nel merito – risultano inammissibili anche i successivi secondo e terzo motivo, con i quali il P. sostanzialmente, infatti, pretende un non consentito riesame delle risultanze istruttorie sulla base delle quali la Corte di Napoli ha ritenuto provati gli episodi di violenza ed i comportamenti aggressivi (“anche alla presenza del figlio minore”) del marito, che hanno condotto all’addebito al medesimo della separazione, e non dimostrata, invece, la circostanza di una pretesa relazione omosessuale della R. genericamente addotta dal P. , a fini di inverso addebito della separazione stessa. 5. Insussistente è poi la violazione degli artt. 155 e 155 bis c.p.c., nuovo testo, del codice civile, denunciata con il successivo quarto motivo della impugnazione.
In risposta ai plurimi e connessi quesiti, ex art. 366 bis c.p.c. ivi articolati in tema di esegesi della suddetta normativa, vanno in premessa enunciati i seguenti principi:
Nel quadro della nuova disciplina relativa ai “provvedimenti riguardo ai figli” dei coniugi separali, di cui ai citati artt. 155 e 155 bis c.p.c., come modificativamente e integrativamente riscritti dalla L. n. 54 del 2006, improntata alla tutela del diritto del minore (già consacrato nella Convenzione di New York del 20 novembre 1989 resa esecutiva in Italia con L. n. 176 del 1991) alla cd.
“bigenitorialità” (al diritto, cioè, dei figli a continuare ad avere un rapporto equilibrato con il padre e con la madre anche dopo la separazione), l’affidamento “condiviso” (comportante l’esercizio della potestà genitoriale da parte di entrambi ed una condivisione, appunto, delle decisioni di maggior importanza attinenti alla sfera personale e patrimoniale del minore) si pone non più (come nel precedente sistema) come evenienza residuale, bensì come regola;
rispetto alla quale costituisce, invece, ora accezione la soluzione dell’affidamento esclusivo.
Alla regola dell’affidamento condiviso può infatti derogarsi solo ove la sua applicazione risulti “pregiudizievole per l’interesse del minore”.
Non avendo, per altro, il legislatore ritenuto di tipizzare le circostanze ostative all’affidamento condiviso, la loro individuazione resta rimessa alla decisione del Giudice nel caso concreto da adottarsi con “provvedimento motivato”, con riferimento alla peculiarità della fattispecie che giustifichi, in via di eccezione, l’affidamento esclusivo.
L’affidamento condiviso non può ragionevolmente ritenersi comunque precluso, di per sè, dalla mera conflittualità esistente fra i coniugi, poiché avrebbe altrimenti una applicazione, evidentemente, solo residuale, finendo di fatto con il coincidere con il vecchio affidamento congiunto.
Occorre viceversa, perché possa derogarsi alla regola dell’affidamento condiviso, che risulti, nei confronti di uno dei genitori, una sua condizione di manifesta carenza o inidoneità educativa o comunque tale appunto da rendere quell’affidamento in concreto pregiudizievole per il minore (come nel caso, ad esempio, di una sua anomala condizione di vita, di insanabile contrasto con il figlio, di obiettiva lontananza …).
Per cui l’esclusione della modalità dell’affidamento esclusivo dovrà risultare sorretta da una motivazione non più solo in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa del genitore che in tal modo si escluda dal pari esercizio della potestà genitoriale e sulla non rispondenza, quindi, all’interesse del figlio dell’adozione, nel caso concreto, del modello legale prioritario di affidamento. 5 bis. Da tali principi, contrariamente all’assunto del ricorrente, non si è però.
nella specie;discostata la Corte di merito.
La quale ha preso, infatti, atto del comportamento gravemente screditatorio, della capacità educativa della madre, adottato dal marito con non provate accuse anche di sue relazioni omosessuali ed ha correttamente quindi valutato tale comportamento in termini non di mera conflittualità tra i coniugi ma di oggettiva inidoneità del padre alla condivisione dell’esercizio della potestà genitoriale in termini compatibili con la tutela dell’interesse primario del minore, “mentre la madre aveva mostrato, invece, disponibilità a favorire rapporti tra il padre e il figlio che allo stato appare sereno e ben integrato scolasticamente”.
Dal che, appunto, la non fondatezza anche del motivo in esame. 6. Resiste del pari a critica la sentenza impugnata quanto ai profili di assenta ulteriore violazione dell’art. 155 c.c., con riguardo alla assegnazione esclusiva alla madre di una ampia casa coniugale che – in tesi del ricorrente, – avrebbe potuto essere “divisa”, consentendo una vicinanza abitativa dei due genitori nell’interesse dei minore. La Corte di merito non ha infatti escluso in astratto la divisibilità ne’ la teorica rispondenza di una siffatta soluzione all’interesse del minore – dal che anche in questo caso, il carattere, per così dire, puramente retorico del quesito di diritto in tal senso formulato dal ricorrente – avendo, viceversa, quella Corte, come già il Tribunale, ritenuto in concreto che, nel caso in esame,la prospettata divisione dell’immobile potesse “recare disagio psicologico” al figlio della coppia”, per il mutamento della condizione abitativa che si realizzerebbe, ove da una casa di 150 mq., finemente rifinita e arredata, il minore si vedesse costretto a vivere in un immobile grande la metà che, evidentemente, risulterebbe profondamente diverso da quello in cui è finora vissuto”, il che esprime un convincimento di quei giudici che per essere così congruamente argomentato non è sindacabile in questa sede di legittimità.
7. Non scalfita dalle formulate censure risulta anche la statuizione relativa al riconosciuto assegno di mantenimento in favore della moglie; dal che l’infondatezza pure del sesto mezzo impugnatorio. Contrariamente all’avverso assunto, nel determinare il diritto all’assegno la Corte ha fatto espresso riferimento “alla sperequazione economica dei redditi delle parti, come risultante dalle dichiarazioni fiscali esibite e dalle indagine di P.T.”, all’incontestato svolgimento da parte della R. sin dal matrimonio della sola attività di casalinga, alla mancanza di sue esperienze lavorative”, alla proprietà per la medesima, “solo di alcuni immobili (alcuni in nuda proprietà ed altri in comproprietà con parenti) di cui uno solo produttivo di redditi”, “alla oggettiva difficoltà di reperire per una donna della sua età idonea occupazione lavorativa nella locale realtà sociale – lavorativa”. Con ciò appunto assolvendo, quei giudici, all’onere di una motivazione giuridicamente corretta e logicamente coerente alle risultanze istruttorie.
8. Analogo congruo corredo argomentativo assiste, infine, la statuizione confermativa dell’assegno fissato per il minore “attese le condizioni delle parti ed il tenore di vita da questi sempre goduto”.
Il che comporta la reiezione anche del residuo settimo motivo del ricorso.
9. il quale va conclusivamente, pertanto, integralmente respinto. 10. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.


P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in complessivi Euro 6.200,00 di cui Euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori di legge. Così deciso in Roma, il 29 aprile 2008.
Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2008