Corte suprema degli Stati Uniti, Lawrence J.G. e Garner T. c Texas, sentenza del 26 giugno 2003, traduzione di Francesco Bilotta

Essere liberi significa essere protetti dalle intrusioni ingiustificate dello Stato all’interno della propria abitazione o in un qualsiasi altro luogo privato. Nella nostra tradizione, lo Stato non è onnipresente all’interno delle abitazioni dei cittadini. E ci sono altre sfere della nostra vita e della nostra esistenza, oltre la casa, dove lo Stato non dovrebbe essere una presenza incombente. La libertà non ha una connotazione solo fisica. Esseri liberi significa potersi autodeterminare, il che include la libertà di pensiero, la libertà di professare un certo credo, la libertà di espressione e la libertà di tenere certe condotte nelle proprie relazioni intime. Il caso odierno coinvolge la libertà della persona sia in una dimensione materiale sia in una dimensione immateriale.

I

La questione all’attenzione della Corte concerne la costituzionalità di una legge del Texas che qualifica come reato il rapporto sessuale tra due persone dello stesso sesso.

A Houston, Texas, agenti del Dipartimento di polizia di Harris County furono inviati in una casa, in seguito alla denuncia di una molestia con uso di armi. Essi entrarono in un appartamento dove uno dei ricorrenti, John Geddes Lawrence, risiedeva. Il diritto della polizia di entrare non sembra essere oggetto di contestazione. Gli agenti sorpresero Lawrence e un altro uomo, Tyron Garner, mentre praticavano un rapporto sessuale. I due ricorrenti furono arrestati, tenuti in carcere tutta la notte e accusati e dichiarati colpevoli dinanzi ad un Giudice di Pace.

Le querele descrivono la loro condotta criminosa come un “rapporto sessuale deviato, precisamente sesso anale, con un membro dello stesso sesso (un uomo)” App. to Pet. for Cert. 127a, 139a. La legge statale applicabile è il codice penale del Texas Ann. § 21.06 (a) (2003). Esso prevede che: “commette reato chi ha un rapporto sessuale deviato con un altro individuo dello stesso sesso”. La legge definisce “rapporto sessuale deviato” nel modo seguente:

“(A) ogni contatto tra una parte dei genitali di una persona e la bocca o l’ano di un’altra persona;

ovvero

(B) la penetrazione dei genitali o dell’ano di un’altra persona con un oggetto” § 21.01.

I ricorrenti hanno esercitato il loro diritto ad un nuovo processo di primo grado dinanzi alla Corte penale di Harris County. Essi hanno ritenuto la suddetta norma contraria alla Equal Protection Clause del XIV Emendamento e di una previsione simile contenuta nella Costituzione texana (Cost. Tex. Art. 1, § 3a). I loro rilievi non sono stati condivisi dalla Corte. I ricorrenti, avendo esercitato un’azione senza contestare i fatti loro imputati, sono stati condannati ciascuno ad un multa di 200 dollari e al pagamento delle spese processuali pari a 141, 25 dollari App. to Pet. for Cert. 107a-110a.

La Corte d’appello del XIV distretto del Texas ha preso in considerazione le argomentazioni dei ricorrenti circa la contrarietà della norma alla Costituzione federale con riferimento alla Equal Protection Clause e alla Due Process Clause del XIV Emendamento. All’esito dell’udienza, con un verdetto non unanime, la Corte ha rigettato le questioni di legittimità costituzionale avanzate e ha confermato il verdetto di condanna (41 S.W. 3d 349 Tex. App. 2001). Dall’opinione di maggioranza si evince che la Corte d’Appello ha preso in considerazione la nostra decisione Bowers c. Hardwick, 478 U.S. 186 (1986), al fine di valutare il caso sotto il profilo della Due Process Clause contenuta nella costituzione federale. E bene ha fatto essendo il caso Bowers per essa vincolante.

Abbiamo dato corso al certiorari, 537 U.S. 1044 (2002), per affrontare tre questioni:

“1. se la condanna dei ricorrenti in base alla legge sulla condotta omosessuale texana – che criminalizza l’intimità sessuale di una coppia di persone dello stesso sesso, ma non l’identico comportamento da parte di una coppia eterosessuale – violi il principio di uguaglianza del XIV Emendamento;

2. se la condanna dei ricorrenti per aver avuto tra maggiorenni e consenzienti un rapporto sessuale consumato nell’intimità di una casa, violi il loro diritto fondamentale alla libertà e alla privacy protetti dalla Due Process Clause del XIV Emendamento.

3. se Bowers c. Hardwick, 478 U.S. 186 (1986), debba essere riformata” (Pet. For Cert. i.).

I ricorrenti erano adulti all’epoca dei fatti. I fatti avvennero in un luogo privato e con il consenso di entrambi.

II

Siamo giunti alla conclusione che il caso debba essere deciso stabilendo esattamente se i ricorrenti fossero liberi in quanto adulti di tenere in privato una certa condotta, esercitando così la libertà loro accordata dalla Due Process Clause del XIV Emendamento della Costituzione. Per affrontare tale indagine, riteniamo necessario riconsiderare la decisione della Corte presa nel caso Bowers.

Vi sono affermazioni, nelle sentenze più risalenti nel tempo, che chiariscono ampiamente quale sia in concreto il contenuto della libertà alla luce della Due Process Clause, comprese Pierce c. Society of Sisters, 268 U.S. 510 (1925) e Meyer c. Nebraska, 262 U.S. 390 (1923), ma il punto di partenza più pertinente è la nostra decisione nel caso Griswold c. Connecticut, 381 U.S. 479 (1965).

Nel caso Griswold la Corte dichiarò incostituzionale una legge statale che proibiva l’uso di prodotti farmaceutici o di altri metodi contraccettivi e che vietava di consigliare, aiutare o favorire l’uso di contraccettivi. La Corte identificò l’interesse protetto nel diritto alla privacy e dette particolare importanza alla relazione matrimoniale e allo spazio protetto della stanza da letto dei coniugi (Id. p. 485).

Dopo Griswold è stato deciso che il diritto di prendere certe decisioni, riguardanti la condotta sessuale, si estende ben oltre la relazione matrimoniale. Nel caso Eisenstadt c. Baird, 405 U.S. 438 (1972), la Corte ha dichiarato incostituzionale una legge che proibiva la distribuzione di contraccettivi a persone non sposate. Il caso fu deciso facendo riferimento alla Equal Protection Clause (Id. p. 454); ma con riguardo alle persone non sposate, la Corte andò oltre con un’affermazione fondamentale, ossia che la legge ledeva l’esercizio di un loro diritto della personalità. La Corte prese le mosse dalla decisione della Corte d’appello che aveva dichiarato la legge in conflitto con i diritti umani fondamentali e ad essa fece seguire un sua propria affermazione:

“E’ vero che in Griswold il diritto alla privacy preso in considerazione ineriva ad una relazione matrimoniale (…). Ma se il diritto alla privacy ha un qualche significato, si può dire che esso sia il diritto di un individuo, sposato o meno che sia, di essere libero da ingiustificate intrusioni statuali in questioni riguardanti l’intimità di una persona come la decisione di far nascere o di concepire un bambino” (Id. p. 453).

Le motivazioni dei casi Griswold e Eisenstadt costituirono il retroterra della decisione Roe c. Wade, 410 U.S. 113 (1973). Come è ben noto, il caso riguardava la costituzionalità di una legge del Texas che proibiva l’aborto, tuttavia leggi di altri stati si atteggiavano allo stesso modo. Sebbene la Corte abbia deciso che i diritti della donna non sono assoluti, il suo diritto di scegliere l’aborto deve ricevere una reale e concreta protezione in quanto esercizio di una sua libertà alla luce della Due Process Clause. La Corte ha citato sia casi che proteggono la libertà in senso fisico, sia casi che vanno al di là di tale libertà. Roe ha riconosciuto il diritto di una donna a prendere certe decisioni fondamentali per la sua vita ed ha confermato una volta di più che la protezione della libertà alla luce della Due Process Clause è di fondamentale importanza nel definire i diritti della persona.

Nel caso Carey c. Population Services Int’l, 431 U.S. 678 (1977), la Corte valutò la costituzionalità di una legge dello Stato di New York che proibiva la vendita e la distribuzione di contraccettivi ai minori di 16 anni. Sebbene non all’unanimità, la Corte dichiarò incostituzionale la legge. Sia il caso Eisenstadt sia il caso Carey, come pure la decisione e il fondamento logico del caso Roe, hanno confermato che la motivazione del caso Griswold non poteva rimanere confinata alla protezione dei diritti di adulti uniti in matrimonio. Questo era lo stato del diritto con riguardo ad alcuni dei casi più rilevanti quando la Corte ha preso in considerazione Bowers c. Hardwick.

I fatti nel caso Bowers avevano qualche somiglianza con quelli del caso odierno. Un agente di polizia, il cui diritto di accedere all’abitazione era fuori discussione, vide Hardwick, nella sua stanza da letto, mentre aveva un rapporto sessuale con un altro adulto dello stesso sesso. La condotta violava una legge della Georgia che qualificava come reato la sodomia. Una differenza tra i due casi è che la legge della Georgia proibiva tale condotta sia se a tenerla fossero state persone dello stesso sesso sia se fossero state persone di sesso diverso, mentre la legge del Texas, come si è ricordato, si applica soltanto alle persone dello stesso sesso. Hardwick non fu punito, ma egli agì dinanzi alla Corte federale per far dichiarare incostituzionale la legge. Egli allegò che era un omosessuale praticante e che la norma penale violava i suoi diritti fondamentali, garantitigli dalla Costituzione. La Corte, in una motivazione del Giudice White, confermò la validità della legge della Georgia. Il presidente Burger e il giudice Powell concordarono con la motivazione della Corte e depositarono una separata motivazione concorrente. Quattro giudici dissentirono (478 U. S. p. 199) (motivazione di Blackmun, J., condivisa da Brennan, Marshall, and STEVENS, JJ.); id., p. 214 (motivazione di STEVENS, J., condivisa da Brennan and Marshall, JJ.).

La Corte cominciò la sua considerevole disamina del caso Bowers in tal modo: “La questione sollevata è se la Costituzione Federale conferisca un diritto fondamentale agli omosessuali di praticare la sodomia e, ammesso che sia così, se siano incostituzionali le leggi di molti stati che ancora qualificano una tale condotta come illegale e che la ritengono tale da moltissimo tempo.” (Id. p. 190). Una tale affermazione – riteniamo – rende evidente che la stessa Corte abbia errato nel considerare l’estensione della libertà in questione. Sostenere che nel caso Bowers fosse in discussione semplicemente il diritto di intrattenere una certa condotta sessuale priva di senso l’azione intentata dal ricorrente, così come sarebbe privata di senso la relazione di una coppia sposata se si affermasse che il matrimonio concerne soltanto il diritto ad avere una relazione sessuale. Le leggi interessate dal caso Bowers e dal caso odierno, senza dubbio, sono leggi che hanno la pretesa di eliminare piuttosto che proibire un particolare atto sessuale. Le pene che esse stabiliscono e gli scopi che esse perseguono, tuttavia, hanno conseguenze di non poco momento, poiché incidono sulla più privata delle condotte umane, la vita sessuale e il più privato dei luoghi, la casa. Tali leggi tentano di ingerirsi in una relazione interpersonale, che, abbia o meno diritto ad un riconoscimento legale, rientra nella libertà delle persone di compiere delle scelte senza essere per ciò criminalizzate.

Questo, come regola generale, dovrebbe mettere in guardia contro i tentativi dello Stato o di una corte, di precisare il significato di una relazione ovvero di definirne i contorni in mancanza di un danno alla persona o di un’offesa a un’istituzione che la legge protegge. Secondo noi è sufficiente riconoscere che delle persone adulte possano scegliere di intrattenere una tale relazione nell’ambito delle loro mura domestiche e della loro vita privata e nondimeno conservare la loro dignità di persone libere. Sebbene la sessualità trovi piena espressione in una relazione intima con un’altra persona, tale relazione può tuttavia essere solo uno degli elementi che caratterizzano un vincolo personale ben più stabile. La libertà sancita dalla Costituzione riconosce agli omosessuali il diritto di fare una tale scelta.

Avendo frainteso il concetto di libertà a cui si alludeva nel ricorso e avendo in tal modo ritenuto che il ricorso avesse ad oggetto la dichiarazione del diritto fondamentale a praticare consensualmente la sodomia, la Corte nel caso Bowers ha affermato: “Il divieto di tenere una tale condotta si è radicato nel tempo” (Id. p. 192). In dottrina e in molti degli eruditi scritti degli amicus curiae, depositati per assistere la Corte in questo caso, sono presenti critiche profonde delle premesse storiche su cui si è basata la motivazione di maggioranza e le motivazioni concorrenti del caso Bowers. (cfr. il testo del Cato Institute quale amicus curiae 16-17, il testo dell’American civil liberties Union et al. quali amici curiae 15-21; il testo dei Professors of History et al. quali amici curiae 3-10). Non c’è bisogno di entrare in tale dibattito per tentare di giungere ad un giudizio storico definitivo, tuttavia le considerazioni che seguono consigliano di non adottare le conclusioni definitive su cui il caso Bowers è stato fondato con tanta sicurezza.

Innanzi tutto, si dovrebbe notare che non vi è una lunga tradizione in questo Paese di norme che hanno regolato la condotta omosessuale come una materia a sé stante. A cominciare dal periodo coloniale vi erano norme che proibivano la sodomia, derivate dal diritto penale inglese approvato in prima istanza dalla Riforma del Parlamento del 1533. Il divieto inglese fu inteso nel senso di includere sia le relazioni tra un uomo e una donna sia quelle tra due uomini. V. per es. King c. Wiseman, 92 Eng. Rep. 774, 775 (K.B. 1718) (che ha interpretato la parola “uomo” di cui all’Act del 1533 come riferita anche alle donne e alle ragazze). I commentatori del XIX secolo hanno nello stesso senso interpretato le leggi americane sulla sodomia, sugli atti sessuali innaturali e i crimini contro natura, ritenendo che esse incriminassero certe relazioni sia tra un uomo e una donna sia tra due uomini. V., per es., 2 J. Bishop, Criminal Law §1028 (1858); 2 J. Chitty, Criminal Law 47-50 (5th Am. ed. 1847); R. Desty, A Compendium of American Criminal Law 143 (1882); J. May, The Law of Crimes §203 (2d ed. 1893). La mancanza di un divieto legale incentrato sulla condotta omosessuale può essere spiegata in parte notando che secondo alcuni dottori il concetto di omosessuale come una distinta categoria di persone non è emerso fino al tardo XIX secolo. V. per es., J. Katz, The Invention of Heterosexuality 10 (1995); J.D’Emilio & E. Freedman, Intimate Matters: A History of Sexuality in America 121 (2d ed. 1997) (“i termini moderni di omosessualità ed eterosessualità non riguardano epoche in cui tale distinzione non era stata ancora elaborata”). In tal guisa, le norme americane più risalenti in materia di sodomia non erano dirette contro gli omosessuali in quanto tali, ma più genericamente cercavano di proibire condotte sessuali non aventi fini procreativi. Ciò non significa che la condotta omosessuale fosse approvata. Ciò dimostra soltanto che tale particolare genere di condotta non era considerata diversamente dalla stessa condotta tenuta da persone di sesso diverso.

Le norme che proibiscono la sodomia non risulta siano state applicate nei confronti di adulti consenzienti che avevano agito in privato. Un gran numero di processi e di condanne per sodomia di cui ci è giunta la documentazione furono per atti violenti contro soggetti che non avrebbero potuto e comunque non avevano espresso il loro consenso, come nel caso di un minorenne o nel caso della vittima di un’aggressione. Uno degli scopi di tali divieti era assicurare che non vi fosse alcuna lacuna normativa nel caso in cui un violentatore commettesse un’aggressione sessuale che non costituisse violenza per la legge penale. Pertanto, le accuse tipiche di sodomia illustrate nella trattatistica del XIX sec. v. 2 Chitty, supra, p. 49, facevano riferimento ad atti di violenza di un uomo adulto contro una minorenne o un minorenne. Invece di prendere di mira relazioni private tra adulti consenzienti, i processi per sodomia del XIX secolo coinvolgevano di solito relazioni tra uomini e ragazzine o ragazzini, relazioni tra adulti caratterizzate dall’uso della forza, relazioni tra adulti caratterizzate da una disparità di status o relazioni tra uomini e animali.

Nella misura in cui si trattava di processi per gli atti in questione, le regole processuali del XIX secolo imponevano un onere probatorio tale da rendere più difficile ottenere una condanna, pur nella consapevolezza dei problemi che sempre si incontrano nel perseguire un atto consensuale commesso in privato. Alla luce dei principi allora dominanti, un uomo non poteva essere condannato per sodomia in base alla testimonianza del partner consenziente, perché il partner era considerato un complice. La testimonianza del partner, comunque, era ammissibile se lui o lei non avevano acconsentito all’atto o se si trattava di un minore, e quindi incapace di prestare il proprio consenso. V., per es. F. Wharton, Criminal Law 443 (2d ed. 1852); 1 F. Wharton, Criminal Law 512 (8th ed. 1880). Tali norme possono spiegare parzialmente la scarsità di siffatti processi. In ogni caso tale scarsità rende difficoltoso affermare se quella società approvasse una rigorosa e sistematica punizione di atti consensuali commessi in privato da adulti. La perdurante repressione penale della sodomia tra persone dello stesso sesso su cui la decisione nel caso Bowers si fondava è coerente tanto con una generale riprovazione del sesso avente finalità non procreative, tanto con una nota tradizione di condannare condotte a carattere omosessuale.

La tendenza a punire adulti consenzienti per atti compiuti in privato non è stata oggetto di particolare approfondimento nella letteratura giuridica più risalente. Possiamo inferire che una delle ragioni di ciò fu proprio il carattere privato della condotta. Nonostante l’assenza di processi, ci possono essere stati periodi in cui vi era una critica diffusa dell’omosessualità in quanto tale e una richiesta che la legge penale trovasse applicazione per scoraggiarne la pratica. Ma lungi dal possedere “radici profonde” così Bowers, 478 U.S., 192, le leggi americane aventi ad oggetto le unioni omosessuali non si svilupparono se non dopo la seconda metà del XX secolo. Le decisioni pubblicate riguardanti la sodomia tra adulti dello stesso sesso consenzienti tra il 1880 e il 1995 non sono sempre chiare nei dettagli, ma un numero significativo di esse concernevano condotte tenute in luoghi pubblici. V. Brief for American Civil Liberties Union et al. quali Amici Curiae 14 – 15, e n. 18.

Non prima del 1970 alcuni Stati scelsero di perseguire penalmente le relazioni tra persone omosessuali, e solo 9 Stati hanno preso tale decisione v. See (V.) 1977 Ark. Gen. Acts no. 828; 1983 Kan. Sess. Laws p. 652; 1974 Ky. Acts p. 847; 1977 Mo. Laws p. 687; 1973 Mont. Laws p. 1339; 1977 Nev. Stats. p. 1632; 1989 Tenn. Pub. Acts ch. 591; 1973 Tex. Gen. Laws ch. 399; V. anche Post c. State, 715 P. 2d 1105 (Corte d’appello penale dell’Oklaoma 1986) (le norme sulla sodomia furono dichiarate incostituzionali in quanto applicate a coppie eterosessuali). Nel dopo Bowers alcuni di questi Stati non condivisero la scelta di criminalizzare la condotta omosessuale. Nel corso degli ultimi dieci anni, gli Stati con norme contro l’omosessualità si sono adoperati per abolirle. V., per es., Jegley v. Picado, 349 Ark. 600, 80 S. W. 3d 332 (2002); Gryczan v. State, 283 Mont. 433, 942 P. 2d 112 (1997); Campbell v. Sundquist, 926 S. W. 2d 250 (Tenn. App. 1996); Commonwealth v. Wasson, 842 S. W. 2d 487 (Ky. 1992); see also 1993 Nev. Stats. p. 518 (che ha annullato Nev. Rev. Stat. §201.193).

In definitiva, il retroterra storico su cui è fondato il caso Bowers è più complesso di quanto la motivazione di maggioranza e quella concorrente del Presidente Burger riconoscano. Le loro premesse storiche non sono affatto sicure e sono quanto meno esagerate.

Si deve riconoscere, ovviamente, che la Corte nel caso Bowers stava avvalorando le voci autorevoli che per secoli si erano levate a condannare la condotta omosessuale come immorale. La riprovazione fu alimentata dalla religione, da una certa concezione dei comportamenti corretti e accettabili e dal rispetto per la famiglia tradizionale. Per molti queste non sono faccende di poco conto, ma profonde e radicate convinzioni accettate come principi etici e morali cui aspirare e su cui modellare la propria vita. Tali considerazioni, comunque, non risolvono la questione alla nostra attenzione. Il punto è se la maggioranza può usare il potere statale per imporre tali visioni della società nel suo complesso attraverso il diritto penale. “E’ nostro dovere definire la libertà di tutti, non rendere imperativo il nostro codice morale.” Planned Parenthood of Southeastern Pa. C. Casey, 505 U.S. 833, 850 (1992).

Il presidente Burger redasse una motivazione adesiva a quella della Corte nel caso Bowers e spiegò ulteriormente il suo punto di vista nel modo seguente: “Le decisioni personali relative all’omosessualità sono state oggetto di interventi statali in ogni tempo nel corso della storia della civiltà occidentale. La condanna di tale pratica è saldamente radicata nella etica e nella morale Giudaico-Cristiana” 478 U.S., p. 196. Così come per le affermazioni di carattere storico del Giudice White, i dottori nutrono qualche dubbio sulla generalizzazione compiuta dal Presidente Burger per quanto attiene alle relazioni omosessuali tra adulti consenzienti. V., per es., Eskridge, Hardwick and Historiography, 1999 U. Ill. L. Rev. 631, 656. Ad ogni modo, riteniamo che le nostre leggi e le nostre tradizioni dell’ultimo mezzo secolo rivestano la massima importanza in questo caso. Questi riferimenti dimostrano un’emergente consapevolezza che il principio di libertà comporta una sostanziale protezione del diritto di un adulto di autodeterminare la propria condotta sessuale in privato. “La storia e la tradizione sono il punto di partenza ma non in tutti i casi il punto di arrivo di un processo condotto in maniera corretta.” County of Sacramento c. Lewis, 523 U.S. 833, 857 (1998) (Kennedy, J., motivazione concorrente).

Tale emergente riconoscimento sarebbe dovuto apparire chiaro quando il caso Bowers fu deciso. Nel 1955 l’American Law Institute promulgò il Model Penal Code e rese chiaro che non raccomandava né prevedeva pene per relazioni sessuali consensuali intrattenute in privato.” ALI, Model Penal Code § 213.2, Comment 2, p. 372 (1980). La decisione fu motivata su tre livelli: (1) tali divieti minavano il rispetto per la legge criminalizzando condotte tenute da molte persone; (2) tali norme concernevano condotte private non dannose per i terzi e (3) tali norme erano imposte arbitrariamente e pertanto provocavano il pericolo di ricatti ALI, Model penal Code, Commentary 277-280 (Tent. Draft n. 4, 1955). Nel 1961 l’Illinois cambiò le sue leggi conformemente al Model Penal Code. Lo seguirono presto altri Stati. Cfr. il testo del Cato Institute quale amicus curiae 15-16.

Nel caso Bowers la Corte fece riferimento al fatto che prima del 1961 tutti i 50 Stati avevano dichiarato illegale la sodomia, e che al momento della decisione della Corte 24 Stati e il Distretto della Columbia avevano leggi contro la sodomia. 478 U.S., p. 192-193. Il giudice Powell, comunque, sottolineò che tali divieti spesso venivano ignorati. Ibidem, p. 197-198, n. 2 (“la storia della disapplicazione suggerisce la progressiva attuale desuetudine delle leggi contro tali tipologie di condotte sessuali private”).

Gli ampi riferimenti del Presidente Burger alla storia della civiltà occidentale e ai principi etici e morali Giudaico-cristiani non hanno tenuto conto di altre fonti che puntavano nell’opposta direzione. Una commissione, in un parere al Parlamento inglese, raccomandò nel 1957 di abrogare le norme contro l’omosessualità. Il Rapporto Wolfenden: Rapporto della commissione sui reati concernenti l’omosessualità e la prostituzione (1963). Il Parlamento concretizzò quelle raccomandazioni 10 anni dopo. Sexual Offences Act 1967, § 1.

Di importanza ancora maggiore, quasi 5 anni prima che il caso Bowers fosse deciso, la Corte Europea dei diritti dell’Uomo prese in considerazione un caso simile sia al caso Bowers che al caso odierno. Un uomo maggiorenne residente nell’Irlanda del Nord dichiarò di essere un omosessuale praticante e che desiderava intrattenere rapporti sessuali consensuali. Le leggi dell’Irlanda del Nord gli precludevano quel diritto. Dichiarò di essere stato interrogato, che la sua casa era stata perquisita e che temeva di essere incriminato. La corte decise che le norme che condannavano quella condotta erano contrarie alla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo. Dudgeon c. United Kingdom, 45 CEDU (1981), p. 52. La decisione avente valore in tutti i Paesi membri del Consiglio d’Europa (21 stati allora, 45 oggi) non è conforme alla premessa del caso Bowers ossia che l’azione proposta non era fondata alla luce della nostra tradizione occidentale.

Rispetto al nostro sistema costituzionale i difetti della pronuncia nel caso Bowers cominciarono a venire alla luce negli anni successivi alla sua pubblicazione. I 25 Stati con norme incriminanti la condotta considerata nel caso Bowers si sono ridotti a 13, dei quali 4 applicano le loro leggi solo contro la condotta omosessuale. In quegli Stati in cui la sodomia è ancora proibita, sia agli omosessuali sia agli eterosessuali, vi è una costante disapplicazione delle norme nel caso di adulti consenzienti che agiscono in privato. Lo Stato del Texas ha ammesso nel 1994 che fino a quella data non aveva perseguito nessuno che avesse agito in quelle circostanze. State c. Morales, 869 S.W. 2d 941, 943.

I due casi più rilevanti decisi dopo Bowers gettano ulteriori ombre di dubbio sulla sua motivazione. Nel caso Parethood of Southeastern Pa. c. Casey, 505 U.S. 833 (1992), la Corte ha riaffermato la reale portata del diritto di libertà tutelato dalla Due Process Clause. La decisione del caso Casey ha confermato ancora una volta che il nostro diritto e la nostra tradizione offrono una tutela a livello costituzionale alle decisioni personali relative al matrimonio, alla procreazione, alla contraccezione, alle relazioni familiari, alla crescita e all’educazione dei bambini (Id., p. 851). Nel chiarire quale rispetto la Costituzione esiga per l’autonomia delle scelte personali, abbiamo affermato quanto segue:

“Tali materie, coinvolgenti le scelte più intime e personali che una persona possa compiere nella sua vita, scelte fondamentali per la dignità e l’autonomia della persona, sono al centro della libertà tutelata dal XIV Emendamento. Il cuore della liberta è il diritto di definire il proprio concetto dell’esistenza, del senso dell’universo e del mistero che è la vita umana. Le convinzioni rispetto a tali materie non potrebbero far risaltare le caratteristiche della personalità di ciascuno se esse fossero maturate sotto la costrizione dello Stato” Ibid.

Le persone in una relazione omosessuale possono domandare un’autonomia nel perseguire i propri obiettivi tanto quanto le persone eterosessuali. La decisione nel caso Bowers intendeva negare loro tale diritto.

Il secondo caso del post-Bower di primaria importanza è Romer c. Evans, 517 U. S. 620 (1996). In quel caso la Corte colpì norme che discriminavano gli omosessuali e per ciò contrarie alla Equal Protection Clause. Nel caso Romer fu dichiarato incostituzionale un emendamento della Costituzione del Colorado che definiva come una classe isolata di persone gli omosessuali, le lesbiche e i bisessuali in base “all’orientamento, la condotta, le pratiche e le relazioni”, id. p. 624 (…), e li privava della tutela delle leggi statali contro la discriminazione. Noi concludemmo che la previsione fosse “nata dalla animosità verso la classe delle persone interessate” e inoltre che essa non avesse una razionale relazione con una legittima funzione governativa. Id., p. 634.

Quale argomento subordinato in questo caso, sia l’avvocato dei ricorrenti sia alcuni amici affermano che Romer costituisca la base per dichiarare la legge del Texas incostituzionale per contrarietà alla Equal Protection Clause. Questo è un argomento sostenibile, ma noi riteniamo che il caso odierno ci imponga di considerare se lo stesso caso Bowers abbia conservato la sua validità.

Se noi considerassimo invalida la legge alla luce della Equal Protection Clause, qualcuno potrebbe chiedersi se un divieto potrebbe essere considerato valido se la norma che lo contiene fosse scritta in un modo diverso, ad esempio, proibendo la condotta sia se i partecipanti sono dello stesso sesso sia se i partecipanti sono di sesso diverso.

L’eguaglianza nel trattamento e il diritto ad un processo condotto in maniera corretta consistenti nel richiedere il rispetto per una condotta protetta da una garanzia sostanziale di libertà sono strettamente collegate, e una decisione sul secondo profilo promuove entrambi gli interessi. Se la condotta protetta è considerata reato e la legge che la qualifica come tale rimane non valutata con riguardo alla sua validità in concreto, il suo stigma permarrebbe anche se non fosse applicabile, per come è scritta, in ragione del principio di uguaglianza. Quando la condotta omosessuale è dichiarata reato dalla legge statale, tale dichiarazione è di per se stessa un invito a discriminare le persone omosessuali nella sfera pubblica e privata. La motivazione centrale del caso Bowers è stata messa in discussione da questo caso e il suo valore deve essere riconsiderato. Continuare a considerarlo un precedente avvilisce la vita degli omosessuali.

Lo stigma che la legge penale impone, inoltre, non è di poco momento. La condotta illegale, a dire il vero, è purtuttavia una infrazione di classe C, una misfatto di lieve entità nel sistema texano. Eppure, rimane una condotta rilevante sul piano penale con tutto ciò che questo comporta per la dignità delle persone che ne sono accusate. I ricorrenti recheranno sui loro documenti la storia delle loro condanne penali. Proprio in questa sessione abbiamo rigettato varie impugnative nei confronti di leggi statali che richiedono la registrazione di condannati per reati sessuali Smith c. Doe 538 U. S. (2003); Connecticut Dept. Of Public Safety v. Doe, 538 U. S. 1 (2003). Siamo dell’avviso che se il Texas ha condannato un adulto per una condotta privata e consensuale di natura omosessuale in base alla legge in questione, la persona condannata rientrerebbe nelle leggi sulla registrazione di almeno 4 stati se lui o lei fossero soggetti alla loro giurisdizione. Pet. for Cert. 13, e n. 12 (che cita Idaho Code §§ 18-8301 to 18-8326 (Cum. Supp. 2002); La. Code Crim. Proc. Ann., §§ 15:540-15:549 (West 2003); Miss. Code Ann. §§ 45-33-21 to 45-33-57 (Lexis 2003); S. C. Code Ann. §§ 23-3-400 to 23-3-490 (West 2002)).Ciò sottolinea la natura indiretta della punizione e il biasimo, favorito dallo stato, che accompagna la previsione penale. Inoltre, la condanna penale del Texas porta con sé l’ulteriore conseguenza, che segue sempre ad una condanna, ossia l’annotazione sulla domanda d’impiego, solo per fare un esempio.

Le basi del caso Bowers hanno subito una seria erosione grazie alle nostre recenti decisioni nei casi Casey e Romer. Quando i nostri precedenti sono stati così indeboliti, la critica proveniente da altre fonti è maggiormente importante. Negli Stati Uniti le critiche al caso Bowers sono state notevoli e continue, contrarie alla sua motivazione sotto tutti gli aspetti, non solo riguardo ai suoi assunti di carattere storico. V., per es., C. Fried, Order and Law: Arguing the Reagan Revolution – A Firsthand Account 81-84 (1991); R. Posner, Sex and Reason, 341-350 (1992).Le corti di 5 differenti stati hanno scelto di non seguire questo precedente nell’interpretare norme delle costituzioni statali simili alla Due Process Clause del XIV Emendamento v. Jegley v. Picado, 349 Ark. 600, 80 S. W. 3d 332 (2002); Powell v. State, 270 Ga. 327, 510 S. E. 2d 18, 24 (1998); Gryczan v. State, 283 Mont. 433, 942 P. 2d 112 (1997); Campbell v. Sundquist, 926 S. W. 2d 250 (Tenn. App. 1996); Commonwealth v. Wasson, 842 S. W. 2d 487 (Ky. 1992).

Nella misura in cui Bowers si basa su valori condivisi con un mondo civile più ampio, si dovrebbe notare che la motivazione e la decisione del caso Bowers è stata rifiutata ovunque. La Corte Europea dei diritti dell’uomo non ha seguito Bowers, ma un suo stesso precedente in Dudgeon c. Regno Unito. v. (V.) P. G. & J. H. v. United Kingdom, App. No. 00044787/98, 56 (Eur. Ct. H. R., Sept. 25, 2001); Modinos v. Cyprus, 259 Eur. Ct. H. R. (1993); Norris v. Ireland, 142 Eur. Ct. H. R. (1988).Altri Paesi, a loro volta, hanno preso provvedimenti consistenti nella affermazione del diritto degli omosessuali adulti di tenere una condotta intima e consensuale. v. Brief per Mary Robinson et al. quali Amici Curiae 11-12. Il diritto che i ricorrenti domandano in questo caso è stato riconosciuto come una parte integrante della libertà umana in molti altri Paesi. Non è stato dimostrato che, in questi Paesi, l’interesse governativo nel circoscrivere scelte personali sia in qualche modo maggiormente legittimo o urgente.

La teoria dello stare decisis è essenziale per il rispetto riconosciuto alle decisioni della Corte e per la stabilità del diritto. Tale teoria però non è un comando inesorabile. Payne c. Tennessee, 501 U. S. 808, 828 (1991) (“Lo stare decisis non è un comandamento a cui non è possibile sfuggire, piuttosto “è un principio di politica del diritto e non un automatismo che comporta l’adesione all’ultima decisione in ordine di tempo”) (così Helvering c. Hallock, 309 U. S. 106, 119 (1940)). Nel caso Casey abbiamo notato che quando una corte è chiamata a modificare un precedente riconoscendo un interesse alla libertà di stampo costituzionale, l’affidamento individuale e dell’intera società circa l’esistenza di quella libertà mette in guardia con particolare forza contro il superamento di quel precedente. 505 U. S., at 855-856; v., inoltre, id., p. 844 (“La libertà non trova rifugio in una giurisprudenza del dubbio”). La decisione del caso Bowers, comunque, non ha provocato un affidamento pregiudizievole comparabile ai casi in cui sono coinvolti diritti individuali riconosciuti dalla legge. Invece, non è sorto alcun affidamento né individuale né collettivo sul caso Bowers che induca a non modificare tale decisione in presenza di ragioni convincenti per farlo. Lo stesso caso Bowers genera incertezza, dal momento che le decisioni precedenti e successive alla sua pubblicazione contraddicono i suoi fondamenti.

La base logica del caso Bowers non resiste ad un’accurata analisi. Nella sua dissenting opinion nel caso Bowers il Giudice Stevens era giunto alle seguenti conclusioni:

“I nostri precedenti hanno chiarito efficacemente due profili. Innanzi tutto, il fatto che la maggioranza di governo di uno Stato abbia tradizionalmente considerato una particolare pratica come immorale non è una ragione sufficiente a sostenere una legge che proibisca tale pratica; né la storia né la tradizione potrebbero salvare una legge che proibisse l’incrocio di razze dall’incostituzionalità. In secondo luogo, le decisioni individuali di persone sposate concernenti l’intimità delle loro relazioni fisiche, anche quando non intendano procreare, sono una forma di libertà protetta dalla Due Process Clause del XIV Emendamento. Per giunta, tale protezione si estende alle scelte individuali di persone non sposate come pure di persone sposate.” 478 U.S. p. 216 (note e citazioni omesse).

L’analisi del Giudice Stevens, a nostro avviso, avrebbe dovuto prevalere nel caso Bowers e dovrebbe prevalere in questo caso.

Bowers non è stata una decisione corretta quando è stata emanata e non è corretta oggi. Non dovrebbe rimanere un precedente vincolante. Bowers c. Hardwick avrebbe dovuto essere e ora è annullata. Il presente caso non riguarda minorenni. Non riguarda persone che avrebbero potuto essere lese o costrette o che si trovavano coinvolte in una relazione in cui il consenso non potrebbe essere facilmente rifiutato. Non riguarda una condotta pubblica o la prostituzione. Non riguarda la questione se lo Stato debba dare formale riconoscimento a una qualsivoglia relazione che le persone omosessuali cercano di intraprendere. Il caso coinvolge due adulti che, con pieno e reciproco consenso hanno tenuto comportamenti di natura sessuale comuni tra persone omosessuali. I ricorrenti hanno il diritto al rispetto della loro vita privata. Lo Stato non può avvilire la loro esistenza o controllare il loro destino trasformando in crimine la loro condotta sessuale. Il loro diritto alla libertà in base alla Due process Clause li legittima pienamente a tenere una certa condotta senza che lo Stato intervenga. “E’ una promessa della Costituzione che ci sia un dominio della libertà individuale in cui lo Stato non può mai entrare.” Casey, supra, p. 847. La legge del Texas non promuove nessun interesse statale che possa giustificare la sua intrusione nella vita personale e privata di un individuo.

Coloro che hanno scritto e ratificato le Due Process Clauses del V Emendamento e del XIV Emendamento conoscevano le molteplici componenti della libertà e avrebbero potuto essere più precisi. Essi non hanno ritenuto opportuno essere tanto puntuali. Essi sapevano che il tempo ci può impedire di vedere certe verità e le generazioni future possono rendersi conto che leggi una volta ritenute necessarie e appropriate servono in concreto solo ad opprimere. Fintanto che la Costituzione perdura, le persone di ogni generazione possono invocare i suoi principi alla ricerca di una maggiore libertà.

La sentenza della Corte d’Appello del XIV Distretto del Texas è cassata e il caso è rinviato per un ulteriore giudizio non contrastante con questa decisione.

Così è ordinato.

(Traduzione di Francesco Bilotta).