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Il sasso nello stagno: uno schema di disegno di legge di ARTICOLO29 per la regolamentazione della surrogazione di maternità

Al fine di stimolare il dibattito giuridico sul tema della surrogazione di maternità, e senza alcuna pretesa di esiti immediati, presentiamo uno schema di disegno di legge che alcuni giuristi che collaborano con il portale Articolo29 hanno elaborato negli scorsi mesi, dal titolo “Disposizioni in materia di regolamentazione dell surrogazione di maternità”. La proposta mira a introdurre una riforma della legge n. 40 del 2004 con una parziale depenalizzazione della maternità surrogata in caso di sottoscrizione di un Patto di gravidanza, per cui viene introdotta una assai dettagliata regolamentazione sotto rigoroso controllo giurisdizionale.

Si tratta di un modello di disciplina che tenta di affrontare – alla luce delle principali soluzioni offerte dal diritto comparato – alcuni dei nodi critici dell’istituto della surrogazione di maternità, quali ad esempio: il divieto di intermediazione commerciale, che viene mantenuto; il necessario controllo pubblicistico sull’intero procedimento, che viene assicurato mediante la previsione di un intervento del giudice, in ogni sua fase, analogamente a quanto avviene in Grecia e, almeno in parte, nel Regno Unito (controllo che si è preferito affidare al giudice, anche mediante nomina di un ausiliario, rispetto alla diversa ipotesi recata dalla recente legge portoghese, che istituisce una Autorità amministrativa indipendente); la particolare attenzione per lo specifico valore della relazione di gravidanza, e dunque per la dignità della donna, riconosciuta e tutelata (come affermato da ultimo dal Tribunale costituzionale portoghese nella fondamentale decisione del 24 aprile 2018) nella sua dimensione di autodeterminazione solidale e responsabile ad assumere uno specifico compito di cura nei confronti dei genitori e della nascitura o del nascituro. L’inquadramento della surrogazione di maternità nell’ambito delle relazioni familiari e di cura – che supera l’alternativa rigida tra modello commerciale e modello solidaristico, entrambi incapaci di restituire a pieno la complessità delle relazioni che la surrogazione mobilita – ha infine consentito di elaborare un modello disciplinare che riconosce il valore di tutte le relazioni coinvolte nella fattispecie di surrogazione, ivi compresa, soprattutto, quella tra la gestante e il nato. In conseguenza, il progetto di legge chiarisce la natura del patto come accordo di diritto di famiglia, definisce in dettaglio i requisiti oggettivi e soggettivi per l’accesso alla misura volti ad assicurare in concreto la libertà di scelta della donna, pone la donna in gravidanza al centro della fattispecie, regolamenta il procedimento di formazione e di verifica della volontà delle parti sotto il controllo del giudice, prevede un ausiliario del giudice quale soggetto preposto non solo alla verifica e al controllo ma anche all’ausilio delle parti, assicura alla donna in gravidanza il diritto al ripensamento e riconosce infine la natura familiare del legame fra la stessa e il nato, con protezione giuridica del diritto di conoscersi (diritto a conoscere le proprie origini e la verità sulla propria nascita) e del reciproco diritto di visita.

Su questo progetto di legge e, più in generale, sul tema della maternità surrogata fra regolamentazione e mero divieto, il portale sollecita ed auspica un dibattito a più voci fra esponenti del mondo della cultura non solo giuridica, ma anche medica, sociologica, psicologica, filosofica e bioetica.

La proposta e il confronto che, secondo i nostri auspici, ne seguirà, vuole essere diretto a stimolare una discussione effettiva, aperta e franca, raccogliendo tanto le opinioni adesive che quelle dissenzienti.

Siamo interessati, insomma, ad un dibattito plurale che raccolga tutte le opinioni, anche quelle in aperto dissenso.

Marco Gattuso e Angelo Schillaci

QUI l’articolato del disegno di legge, con una breve relazione di accompagnamento.

Eppur si muove! La Camera dei Deputati avvia una (faticosa) riflessione sulla gestazione per altri

pregnancy klimtdi Angelo Schillaci*

1. Premessa

Nella seduta pomeridiana del 4 maggio 2016, si è svolta in Aula, alla Camera dei Deputati, la discussione su numerose mozioni relative al trattamento giuridico della gestazione per altri.

Si è trattato di una occasione importante – lasciando da parte le motivazioni politiche contingenti (specie con riguardo all’imminente passaggio in Aula del disegno di legge sulle unioni civili) – per avviare una riflessione sul punto, a margine del dibattito degli ultimi mesi, caratterizzato da contrapposizioni frontali ed eccessive semplificazioni, condizionate da ragioni ideologiche, ma anche da una conoscenza ancora scarsa del tema (per approfondimenti, e per la ricostruzione della pluralità di modelli disciplinari della gestazione per altri, basti qui rinviare a Beaumont – Trimmings, International Surrogacy Arrangements, Oxford, Hart, 2013; cfr. anche i lavori del Convegno organizzato sul tema, il 15 aprile 2016 da Avvocatura per i diritti LGBT – Rete Lenford).

In questo quadro, alcune delle mozioni approvate – e soprattutto l’insieme dei loro dispositivi – restituiscono un quadro articolato che, se mostra in più punti le tracce della ricerca di un compromesso tra le diverse posizioni in campo, si caratterizza per un primo tentativo di comprendere la complessità del fenomeno, le ragioni della sua distorsione, ma anche il valore che possono assumere le dinamiche di esperienza che ad esso danno vita e che lo caratterizzano. Soprattutto, si assiste ad una chiara presa di posizione – da parte delle forze politiche – a favore di una scissione tra i diversi approcci alla gestazione per altri e l’esigenza di tutelare il diritto del bambino, venuto al mondo grazie al ricorso a tale pratica, all’identità personale ed alla stabilità e alla certezza degli affetti, specie in relazione al rapporto con i genitori “intenzionali”.

Proprio tale ultimo profilo, peraltro, si è intrecciato – in modo assai scomposto e strumentale – con il dibattito sull’approvazione del ddl in materia di unioni civili, specie con riguardo al tentativo, poi naufragato, di estendere alle coppie omosessuali unite civilmente l’art. 44, lett. b) della legge n. 184/83 (adozione in casi particolari del figlio del coniuge). Soprattutto, esso è presente nella più recente giurisprudenza relativa all’applicazione in coppia omosessuale dell’istituto dell’adozione speciale ex art. 44, lett. d (da disporsi in caso di constatata impossibilità di affidamento preadottivo), di recente ammessa, con sentenza passata in giudicato, anche in relazione ad una coppia di padri; o ancora, nella recente pronuncia con la quale la Corte di cassazione ha escluso la perseguibilità del ricorso alla gestazione per altri all’estero e ha affermato che la trascrizione dell’atto di nascita a favore della madre intenzionale non integra la fattispecie di alterazione di stato ex art. 567 c.p. (sent. 16 marzo 2016 n. 13525).

2. Le posizioni in campo: a) le mozioni contrarie

Le mozioni in discussione erano dieci, provenienti dalla quasi totalità dei gruppi politici rappresentati alla Camera. Se si eccettuano, oltre alla mozione Rosato (PD), la mozione a firma Nicchi ed altri (SEL) e, in parte, la mozione a firma Spadoni (M5S), il ventaglio di posizioni espresse dalle rimanenti mozioni appariva orientato verso una radicale censura della gestazione per altri, pervicacemente definita in più mozioni, con espressione giuridicamente del tutto scorretta, “utero in affitto”, variamente apostrofata come pratica “aberrante” o “disumana” (si vedano la mozione Rondini, Lega Nord, e la mozione firmata dall’on. Dellai, Democrazia solidale – Centro democratico), e di volta in volta ricondotta a fattispecie di sfruttamento, ove non di riduzione in schiavitù (così, in particolare, la mozione a firma dell’On. Carfagna, FI), (more…)

Vagiti e manette. L’emendamento Dalla Zuanna: una proposta tecnicamente irricevibile

2015-02-15 19.46.18Prima di ucciderlo ne facciamo uno di noi
Non possiamo tollerare che un pensiero sbagliato
esista in una parte qualsiasi del mondo,
per quanto innocuo e recondito possa essere.
Non possiamo permettere alcuna deviazione,
nemmeno in punto di morte

G. Orwell

 

 di Luca Morassutto*

 

Introduzione

Il d.d.l. n. 2081/2015, approdato all’aula del Senato, si appresta ad essere votato e, sin da subito, è apparso chiaro che lo scontro più cruento si sarebbe combattuto sul terreno dell’art. 5 e l’istituto della stepchild adoption. Proprio in relazione alla possibilità che due persone dello stesso sesso possano formare una famiglia si sono levate le ire di esponenti del Governo[1], ridotti poi a più miti consigli da una sana realpolitik[2], aprendosi così alla possibilità del riconoscimento giuridico delle coppie same sex a patto che venisse stralciato proprio quell’art. 5 del d.d.l. Cirinnà che porterebbe all’adozione del figlio del partner e qualsivoglia riferimento al matrimonio. Tutto questo mentre in Portogallo il Parlamento ha approvato l’adozione anche per le coppie same sex, quindi un provvedimento normativo ben più pregnante dell’adozione del figlio del coniuge. Vale la pena osservare che in ordinamenti giuridici affini, già oggi, le coppie dello stesso sesso possono accedere all’adozione di minori. Lo fanno nella cattolicissima Spagna, per l’appunto in Portogallo; nella “figlia prediletta della Chiesa” – così sin dai tempi di Clodoveo I – la Francia; ma anche in Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Svezia, Norvegia, Danimarca, Austria, Islanda, Malta, Stati Uniti, Canada, Messico, Argentina, Brasile, Uruguay, Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda. Altri Stati hanno avuto un approccio più timido optando per la stepchild adoption, pensiamo in tal senso a Germania, Finlandia e Groenlandia.

Nel novero degli intenzionati a frustrare i disegni di genitorialità delle persone omosessuali non si iscrive solo il fronte di coloro che vorrebbero lo stralcio dell’art. 5 del d.d.l. 2981/2015 o meglio del disegno intero, ma anche chi si spinge oltre e ritiene di dover porre in combinato disposto il d.d.l. Cirinnà e l’art. 12 della l. 40/04. Si fa in tal senso precipuo riferimento all’emendamento n. 4.0.6000, presentato dal Senatore Dalla Zuanna, appartenente al Partito democratico, volto ad introdurre un art. 4 bis nell’impianto normativo. Come dichiarato dal Senatore, primo firmatario dell’emendamento: “a noi spetta il difficile compito di tenere sullo sfondo le nostre convinzioni personali, interpretando la sensibilità del Paese approvando una legge che non contrasti con il pronunciamento della Consulta e contemperando le aspirazioni di tutti i soggetti coinvolti, partendo da quelli più deboli che, come ha ricordato Monica Cirinnà, non hanno voce e possono parlare solo attraverso di noi. Fra questi soggetti deboli, non possiamo dimenticare le donne che accettano di fare da gestanti per altri..”[3] (more…)

Gestazione per altri, la Corte di Strasburgo condanna l’Italia

mediumCon una decisione del 27 gennaio 2015, Paradiso e Campanelli c. Italia, la Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per la violazione dell’articolo 8 della Convenzione in materia di protezione della «vita privata» e della «vita familiare».

Il caso si riferisce ad una coppia di coniugi di sesso diverso che avevano avuto un bambino in Russia mediante Gestazione per altri (GPA, Gestation pour autrui, nel linguaggio tecnico della Corte europea dei diritti umani [1]). In seguito a segnalazione da parte del Consolato di Mosca, il Tribunale per i minorenni di Campobasso, verificata l’assenza di qualsiasi rapporto biologico fra i due genitori ed il bambino (dunque mediante esame del DNA si era appurata l’assenza di legame genetico anche con il padre), ne aveva dichiarato lo stato di abbandono e l’adottabilità, dando il bambino in adozione a terzi.

La Corte europea rileva come nella specie sia stata violata la relazione familiare de facto tra i due genitori intenzionali ed il bambino (more…)