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In claris non fit interpretatio: unioni civili, pensione di reversibilità e comma 20 della legge n. 76/2016

di Angelo IMG_4308 (1)Schillaci*

Pubblichiamo il messaggio diffuso dalla Direzione centrale Pensioni dell’INPS, che conferma la già pacifica estensione alle coppie unite civilmente di tutti i diritti legati alle prestazioni pensionistiche e previdenziali già previste per le coppie coniugate, ivi compresa la reversibilità della pensione.

Tale equiparazione è fatta discendere, opportunamente, dal chiaro disposto dell’art. 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76 che, come noto, reca una clausola generale di equiparazione tra unioni civili e matrimonio: tale clausola opera attraverso una regola di equivalenza terminologica, a mente della quale le disposizioni che si riferiscono al matrimonio o che contengono la parola “coniuge”, “coniugi” o espressioni equivalenti si applicano anche alle parti dell’unione civile, con l’unica eccezione delle disposizioni del codice civile non espressamente richiamate dalla legge n. 76/2016 e delle sole disposizioni riferite al matrimonio (o che presuppongano lo status di coniuge), contenute nella legge n. 184/1983 in materia di adozione. Lo stesso comma 20 precisa peraltro, a tale ultimo riguardo, che in materia di adozione resta fermo quanto previsto e consentito dalla legge: dunque, possono pacificamente applicarsi alle parti dell’unione civile tutte le disposizioni della legge n. 184/1983 che non si riferiscano al matrimonio o non presuppongano lo status di coniuge, come ad esempio l’art. 44, in tema di adozione in casi particolari (ciò che è stato confermato da Cass. civ., sez. I, 26 maggio 2016, n. 12962).

Si tratta di una norma con evidente funzione antidiscriminatoria che, seppur contenuta in una legge che fonda il riconoscimento della vita familiare omosessuale su premesse costituzionali diverse da quelle che presidiano il riconoscimento dell’istituto matrimoniale, rappresenta un vero e proprio “anticorpo” volto a garantire – nella massima estensione possibile – la piena effettività dell’art. 3 Cost. e dunque la parità di trattamento tra coppie coniugate e coppie unite civilmente.

La portata antidiscriminatoria del comma 20 della legge n. 76/2016, pur con i limiti indicati, è stata sottolineata dalla dottrina unanime, che ha ribadito, altresì, la portata autoapplicativa della disposizione in esame, ora riconducendola ad una vera e propria norma di produzione giuridica, ora ad una norma sull’interpretazione e sull’applicazione di altre norme.

Anche la giurisprudenza e la prassi intervenute nel vigore della legge n. 76/2016 confermano tale assunto, anche con riguardo all’ambito dei diritti previdenziali e assistenziali. Si pensi, anzitutto, all’importante affermazione (more…)

Studio INPS, la reversibilitá per i gay non incide sul bilancio dello Stato: nel 2016 costerà appena 100.000 euro

++ PENSIONI:INPS,7,2MLN PENSIONATI HA MENO 1000 EURO MESE ++Il riconoscimento della pensione di reversibilità comporta costi risibili per lo Stato. Lo ha verificato l’INPS con uno studio del 31 marzo 2015, pubblicato oggi da ARTICOLO29, per cui gli oneri per lo Stato sarebbero pari a soli 100.000 euro nel 2016, che diverrebbero 500.000 nel 2017 sino a raggiungere appena 6 milioni di euro nel 2025.

 

Uno dei temi più dibattuti a proposito del disegno di legge sulle unioni civili (il cd. Testo Unificato Cirinnà, per cui scade oggi il termine per la presentazione degli emendamenti in Commissione giustizia in Senato), è certamente quello della estensione delle pensioni di reversibilità alle coppie dello stesso sesso unite civilmente, per la quale vi sarebbero, secondo alcuni commentatori, dubbi di compatibilità di bilancio a causa di un paventato dispendio di ingenti risorse.
Uno studio appena realizzato dall’INPS (che viene reso pubblico oggi da ARTICOLO29) esclude tuttavia che la previsione legislativa  della pensione di reversibilità in caso di decesso di un membro dell’Unione civile comporti ingenti oneri per lo Stato.
Nello studio dell’INPS si rileva, difatti, come nel primo anno di entrata in vigore della legge, 2016, l’onere per lo Stato sarebbe pari a soli 100.000 euro, che diverrebbero 500.000 nel 2017 sino a raggiungere i 6 milioni di euro nel 2025. Dunque importi assolutamente risibili per il bilancio dello Stato.
L’INPS ha calcolato tali oneri con riferimento non al numero di coppie gay e lesbiche stimate in Italia (more…)