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La rettificazione anagrafica del sesso e l’intervento medico-chirurgirco tra istanza personale e certezza sociale

di Ilaria Rivera*

1. La sentenza n. 2176 del 2017 del Tribunale di Bologna e la facoltà di ricorrere all’intervento medico-chirurgico ai fini della rettificazione anagrafica del sesso

Con la sentenza n. 2176/2017 del 7 giugno 2017 il Tribunale di Bologna, sezione I civile, autorizza congiuntamente la rettificazione anagrafica del sesso richiesta dalla parte attrice e la sottoposizione ad intervento chirurgico di modificazione dei caratteri sessuali primari.

La pronuncia ricostruisce previamente il quadro normativo nazionale entro cui si inserisce la vicenda in esame, che trova la principale fonte di sviluppo nella legge n. 164 del 1982[1], che, ai sensi dell’art. 1, stabilisce che la rettificazione anagrafica del sesso debba aversi sulla base dell’accertamento giudiziale, passato in giudicato, che attribuisca alla persona interessata un sesso diverso da quello attribuitegli all’atto di nascita a seguito delle intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali.

Tale norma, ad ogni modo, va letta in combinato disposto con il successivo art. 3, attualmente confluito nell’art. 31, comma 4, del d.lgs. n. 150 del 2011, a mente del quale il tribunale autorizza il trattamento medico-chirurgico “quando risulta necessario un adeguamento dei caratteri sessuali”.

Ad un’analisi sommaria delle disposizioni sopra richiamate, sembrerebbe emergere che la regola riposa nella necessità di sottoporsi, al fine dell’ottenimento della rettificazione anagrafica del sesso, all’intervento medico-chirurgico modificativo o demolitorio dei caratteri sessuali primari, che potrebbe escludersi solamente nell’ipotesi in cui risultasse sufficiente il trattamento medico ormonale.

Con un’operazione ermeneutica originale e – in buona misura – ragionevole, il giudice bolognese riconosce la facoltà e non già la necessità del trattamento chirurgico come precondizione della rettificazione anagrafica del sesso, innanzitutto sulla base del dettato letterale della legge, il cui art. 1 non specifica in alcun modo se il riferimento sia ai caratteri sessuali primari e sessuali ma soprattutto non implica lo stretto richiamo ai soli caratteri sessuali primari, perché anche i caratteri secondari potrebbero essere suscettibili di interventi modificativi, anche incisivi. In secondo luogo, proseguendo nel ragionamento, si escluderebbe la necessità del trattamento chirurgico anche in ragione dell’evoluzione della società, della progressione delle innovazioni scientifiche e, soprattutto, della modificazione degli stilemi culturali relativi alle questioni attinenti al transessualismo. (more…)