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Tutela delle unioni fra persone dello stesso sesso: gli accordi stragiudiziali per il danno da morte

2012-10-21 00.04.49Il portale ARTICOLO 29 si è dato tra i suoi compiti la ricostruzione delle regole già applicabili in tema di tutela dei diritti fondamentali in materia di orientamento sessuale e di identità di genere. Tali regole non si evincono soltanto dalle, poche, leggi vigenti e dalle decisioni dei giudici italiani ed europei, le quali creano precedenti che possono essere indicativi anche per le decisioni successive, ma anche da quanto emerge dall’attività che gli operatori del diritto svolgono stragiudizialmente raggiungendo accordi a tutela dei loro assistititi. Presentiamo dunque due casi nei quali le parti private (il convivente gay di una persona deceduta e la compagnia di assicurazione) hanno riconosciuto la rilevanza del rapporto di convivenza tra persone dello stesso sesso (MG).

di Laura Granata

La strada per il riconoscimento pieno dei diritti degli omosessuali è ancora irta di ostacoli, come si sa.

Similmente anche i diritti del convivente more uxorio gay, allorquando il proprio compagno/a muoia o riporti gravi lesioni in seguito ad un fatto illecito (per incidente stradale, per malasanità, etc.) sono spesso misconosciuti.

Tuttavia, ultimamente, qualche sporadica apertura è stata dimostrata da alcune compagnie di assicurazioni che hanno risarcito i danni subiti in proprio dal convivente more uxorio omosessuale, quale vittima secondaria, in seguito a due episodi di malasanità.

Ecco i due casi.

1) Primo caso – transazione stragiudiziale luglio 2008.

Una signora di circa 70 anni viene ricoverata per un intervento chirurgico programmato in un grande e noto ospedale pubblico di Milano.

Dopo l’intervento le condizioni della paziente si complicano per un errore medico e precipitano. Dopo un lungo iter post operatorio durato ben 6 mesi, la signora muore, lasciando la sorella anch’essa anziana e la compagna omosessuale di circa 55 anni con la quale aveva convissuto more uxorio per vent’anni.

La compagnia di assicurazione dell’Ospedale, dopo una non lunga trattativa, giunge ad una definizione bonaria riconoscendo alla compagna sopravvissuta un risarcimento equo dei danni non patrimoniali subiti sulla base della documentata convivenza ventennale delle due compagne (certificati di residenza, stato di famiglia, deposizioni testimoniali scritte) e della loro unione connotata da stabilità, comunanza di vita morale e affettiva.

2) Secondo caso – transazione stragiudiziale 2012

Nel luglio 2007 un ragazzo di 42 anni veniva ricoverato presso il Pronto Soccorso di un noto e primario ospedale pubblico di Milano e dimesso dopo 2 ore.

Il giorno successivo le condizioni del ragazzo si aggravavano e, ricoverato di nuovo presso il ridetto ospedale, veniva ivi trattenuto per le cure del caso.

Tuttavia, dopo circa 20 giorni di diagnosi e terapie errate, al paziente, trasferito nel frattempo in altro ospedale, fu diagnosticata quale diagnosi principale: “doppia emiparesi in esiti di trombosi dell’arteria basilare”. La perizia medico-legale eseguita successivamente alla riabilitazione accertò una menomazione biologica intorno al 95%.

Il compagno del paziente, che con quest’ultimo aveva intrapreso una attività imprenditoriale e una convivenza more uxorio da circa 10 anni, ha ottenuto un risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali in via stragiudiziale dalla compagnia di assicurazione dell’ospedale, dopo l’inutile esperimento della mediazione obbligatoria.

Brevi conclusioni e osservazioni.

Nelle trattative stragiudiziali le compagnie di assicurazione hanno sostanzialmente considerato le coppie omosessuali come coppie di fatto eterosessuali, ma hanno preteso la prova della convivenza, della sua durata e della comunanza di vita a mezzo di certificati di residenza, di stato di famiglia e di deposizioni testimoniali scritte.

Allegati: – breve rassegna stampa sul primo caso

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