di Giulia Barbato
Pubblichiamo il decreto del Tribunale di Milano del 4 maggio 2023 (per cui si ringraziano gli avv. Ida Parisi e Michele Giarratano per la segnalazione e l’invio), che ha accolto il ricorso ex art. 95 d.p.r. n. 396 del 2000 promosso dalla relativa Procura, cui ha aderito il Ministero degli Interni, avente ad oggetto l’istanza di annullamento della trascrizione dell’atto di nascita di un minore, formato all’estero, nella parte indicante anche il genitore intenzionale quale genitore del bambino.
La vicenda riguarda un minore nato in Canada da maternità surrogata il cui atto di nascita riportante due genitori dello stesso sesso (entrambi cittadini italiani) veniva trascritto integralmente nel gennaio 2023 nei registri dello stato civile del Comune di Milano. Un mese dopo il Comune segnalava detta trascrizione alla Procura competente, la quale agiva in giudizio chiedendone l’annullamento, sostenendone la sua contrarietà al nostro ordinamento giuridico.
Il Tribunale milanese preliminarmente afferma la legittimità del procedimento ex art. 95 e ss. d.p.r. n. 396 del 2000, intrapreso dal PM, per ottenere la rettificazione della trascrizione dell’atto di nascita del minore con l’eliminazione dell’indicazione del genitore intenzionale, permanendo solamente l’indicazione del genitore biologico. Infatti, a parere del giudice di primo grado, tramite questo procedimento non viene modificato l’atto di nascita formato all’estero e, dunque, lo status del bambino, in forza del quale è figlio sia del genitore biologico che del genitore intenzionale, ma semplicemente non viene ammessa la sua piena trascrivibilità in Italia, dove “solo il genitore biologico potrà essere considerato tale e, di conseguenza, avere ed esercitare la responsabilità genitoriale sul minore medesimo” (così, p. 4).
Nel merito il giudice meneghino, dopo aver evidenziato come, nonostante i moniti rivolti al legislatore dalla Corte Costituzionale con le decisioni nn. 32 e 33 del 2021, tuttora nel nostro ordinamento non esista un istituto precipuamente volto al riconoscimento del rapporto di filiazione tra il nato tramite GPA e il genitore intenzionale, ritiene doveroso “alla luce delle intervenute pronunzie della Corte Costituzionale (79/2022) e della Suprema Corte a Sezioni Unite (Cassazione SSUU n. 38162 del 30 dicembre 2022)” (così, p. 7) per regolare siffatta fattispecie discostarsi dall’orientamento finora seguito in base al quale è stata considerata ammissibile, poiché reputata non contraria all’ordine pubblico internazionale, la trascrizione integrale (ovvero con l’indicazione di entrambi i genitori) nei registri dello stato civile degli atti di nascita, formati all’estero, dei minori nati da maternità surrogata.
Infatti con riguardo alla sentenza dell’Alta Corte viene sottolineato come per effetto della stessa “oggi (con le sole eccezioni del caso di decesso del genitore biologico ovvero mancanza di consenso – peraltro valutabile dal Tribunale – del genitore biologico) anche l’adottato ex art. 44 primo comma lettera d) legge 184/1983 godrà di una tutela relazionale e patrimoniale analoga a quella di ogni adottato” (così, p. 8).
Invece rispetto alla decisione n. 3816 del 2022 delle Sezioni Unite, il Tribunale meneghino aderisce espressamente e in toto alla posizione ivi assunta dal giudice di legittimità secondo cui l’ordinamento italiano per un verso vieta ogni forma di maternità surrogata, ritenendola lesiva della dignità della donna e, pertanto, non ammette la trascrizione o delibazione dell’atto straniero che riconosce il legame di filiazione tra il genitore d’affetto e il nato mediante GPA; per altro garantisce comunque il best interest del minore, riconoscendogli il suo rapporto con il genitore intenzionale attraverso l’istituto dell’adozione in casi particolari.
In particolare, ad avviso del giudice milanese, in primo luogo “i[I]l riconoscimento ab initio, mediante trascrizione o delibazione del provvedimento straniero di accertamento della genitorialità, dello status filiationis del nato da surrogazione di maternità anche nei confronti del committente privo di legame biologico con il bambino, finirebbe in realtà per legittimare in maniera indiretta e surrettizia una pratica degradante”(così, p. 12); in secondo luogo, “va escluso che il desiderio di genitorialità, attraverso il ricorso alla procreazione medicalmente assistita lasciata alla autodeterminazione degli interessati, possa legittimare un presunto diritto alla genitorialità comprensivo non solo dell’an e del quando, ma anche del quomodo” (così, p. 12-13); in terzo luogo, “l’instaurazione della genitorialità e il giudizio sulla realizzazione del miglior interesse del minore non si coniugano con l’automatismo e con la presunzione, ma richiedono una valutazione di concretezza […] che postula il riscontro del preminente interesse del bambino a continuare, con la veste giuridica dello status, un rapporto di cura e di affettività che, già nei fatti, si atteggia a rapporto genitoriale”(così, p. 13).
Pertanto, senza soluzione di continuità con le Sezioni Unite, l’adozione particolare viene qualificata quale istituto in grado di tutelare l’interesse del bambino “nato a seguito di maternità surrogata nell’ambito di un progetto procreativo di una coppia omoaffettiva” al riconoscimento giuridico del suo rapporto con il genitore intenzionale, in quanto assicura il riconoscimento giuridico della genitorialità di quest’ultimo, “ex post e in esito ad una verifica in concreto da parte del giudice”, ancorandolo “a una verifica in concreto dell’attualità del disegno genitoriale e della costante cura in fatto del bambino” (così, p. 14).
Sulla base di tali motivazioni, secondo il Tribunale meneghino, la trascrizione dell’atto di nascita del minore de quo indicante non solo il genitore biologico, ma anche il genitore intenzionale è “avvenuta in violazione della normativa vigente che vietando il ricorso alla maternità surrogata, vieta altresì la trascrizione dell’atto di nascita nella parte in cui riporta quale genitore anche quello d’intenzione”, dovendo, quindi, “essere rettificata annullando nella trascrizione dell’atto l’indicazione del genitore d’intenzione” (così, p. 15).
In definitiva, a parere del giudice di primo grado milanese, il diritto del bambino in questione “al pieno riconoscimento del ruolo svolto dal genitore d’intenzione non solo nel progetto procreativo ma altresì nel successivo progetto volto alla crescita, educazione e istruzione del minore potrà essere riconosciuto con il procedimento di cui all’art. 44 primo comma lettera d) della legge 184/1983 che, come oggi riformato, è in grado di garantire al minore pieno riconoscimento dello status di figlio e dei relativi diritti e al genitore d’intenzione pienezza della titolarità e dell’esercizio della responsabilità genitoriale” (così, p. 15).
Grande Chambre: nel Caso Macaté contro Lituania la Cedu affronta la questione della raffigurazione di coppie same sex in libri per bambini
di Lorenzo Micheleucci
La sentenza della Grande Chambre della Corte europea dei diritti dell’uomo, nel caso Macaté c. Lituania (ricorso n. 61435/19), pubblicata il 23 gennaio 2023, presenta elementi di grande novità in materia di libertà d’espressione, per come sancita dall’art. 10 CEDU, con un’attenzione particolare alle restrizioni che la stessa può subire da parte degli Stati della Convenzione, in ragione di misure necessarie alla protezione della morale ai sensi del secondo paragrafo. Nel dettaglio, per la prima volta la Corte ha trattato di restrizioni imposte alla letteratura per bambini in caso di tematiche concernenti le relazioni tra persone dello stesso sesso, pronunciandosi per l’illegittimità di limitazioni della libertà di espressione adottate da uno Stato. Una scelta decisamente incisiva nella sfera parzialmente discrezionale del singolo Stato, rafforzata, oltretutto, dal voto unanime dei giudici di Strasburgo in merito alla piena violazione dell’articolo 10.
In breve, oggetto della vertenza è un libro per bambini in lingua lituana (tradotto in inglese “Amber Heart”) composto da diversi racconti, tra cui due aventi anche ad oggetto l’innamoramento tra due personaggi dello stesso sesso. L’autrice, Neringa Dangvydė Macatė, era una scrittrice professionista e specialista in letteratura per bambini, oltreché attivista per i diritti LGBTI+ apertamente omosessuale, purtroppo deceduta il 21 marzo 2020, prima di venire a conoscenza della pronuncia favorevole al suo ricorso.
Il libro di fiabe in questione, nonostante fosse il frutto di un progetto approvato con finanziamenti del Governo lituano e pubblicato dall’Università Lituana di Scienze della Formazione, a seguito di diverse polemiche da parte di esponenti politici e di indagini espletate da un’apposita autorità di vigilanza, veniva dapprima sospeso nella pubblicazione ed in un secondo momento censurato attraverso l’apposizione obbligatoria su ogni copia della dicitura “sconsigliato ai minori di anni 14”, sulla base di una legge sulla protezione dei minori che considera pericolose per i minori tutte le informazioni accessibili al pubblico che incoraggino forme di matrimonio o famiglia differenti da quelle previste dal Codice civile lituano o dalla Costituzione.
Analizzando nello specifico l’azione dello Stato lituano alla luce dell’art. 10 § 2 CEDU, la Corte ha ricostruito (more…)