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Reggio Emilia: riconosciuto il danno parentale sofferto della co-mamma in caso di morte del figlio

mother-and-two-children-by-Mary-Cassatt-299Pubblichiamo la sentenza del tribunale di Reggio Emilia del 2 marzo 2016 con la quale viene riconosciuta, per la prima volta, la relazione parentale fra una co-mamma ed il figlio ai fini del risarcimento del danno per lesione del diritto alla vita parentale.
Si tratta di un triste caso di sinistro stradale con morte di un ragazzo di appena diciotto anni, nato nell’ambito di una coppia eterosessuale, i cui genitori si erano separati molto presto e la cui mamma aveva intrapreso una relazione affettiva e di convivenza con un’altra donna. Il Tribunale ha accertato, a mezzo di prove testimoniali, la sussistenza di un vero e proprio rapporto genitoriale instauratosi fra il ragazzo e la convivente della madre biologica, la quale sin dalla più tenera età del bimbo aveva svolto funzioni di cura, educazione, affettive, del tutto analoghe a quelle di un genitore (nell’ambito dell’accurata istruttoria orale, un testimone ha riferito: «C mi disse che F era per lui una seconda madre»; altro teste, l’aiuto allenatore nella squadra di calcio del ragazzo, ha ricordato «delle sere veniva a prenderlo agli allenamenti F. C diceva che era la zia. So che teneva molto a F. Sia la madre che la F lo aiutavano nella gestione dei compiti e della vita familiare»; una testimone, amica di famiglia: «sia la madre che F si occupavano di C. F faceva sempre da mangiare. D stirava. Si alternavano nella gestione di C a seconda degli impegni. F era per C una seconda madre. C ubbidiva a F che si comportava come una madre nel senso che gli chiedeva di rispettare degli orari e lui li ubbidiva e la rispettava. Scherzava sempre con tutte e due. Era molto fisico le abbracciava e le baciava»).
Rammentata la giurisprudenza interna in materia di tutela del danno non patrimoniale da lesione della vita parentale, il Tribunale richiama altresì la giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani che ha ricondotto le coppie omosessuali nell’ambito della nozione di vita familiare (rilevandone efficacemente la diretta cogenza nell’ordinamento italiano), riconoscendo quindi l’evidente lesione nel caso concreto ed applicando, dunque, i parametri che le cd. “tabelle milanesi” prevedono per il danno subito da un genitore (rilevando che sono quelli che «più si avvicinano al rapporto che si era creato tra le parti tenuto, altresì, conto anche della CTU medico legale effettuata sulla F che ha evidenziato come il rapporto interpersonale con il figlio della compagna fosse connotato da: “affettività-familiarità-attaccamento di natura materna”»).
Nella specie, trattandosi di un’evidente fattispecie di “famiglia ricomposta” il ruolo genitoriale è stato riconosciuto e risarcito tanto alle due mamme che al padre, il quale aveva pure mantenuto un forte legame col figlio, pur non convivendo col medesimo (è dunque di fattispecie distinta dal fenomeno delle “famiglie arcobaleno”, ove il progetto genitoriale è in genere condiviso dai due genitori dello stesso sesso sin dal concepimento e non vi è dunque un terzo genitore, trattandosi di ipotesi di fecondazione eterologa, cui, almeno sotto tale profilo, si applica l’art. 9 Legge n. 40/2004).
Abbiamo dunque un’ulteriore conferma della necessità, fortemente avvertita nella giurisprudenza, di assicurare protezione alle relazioni genitoriali così come effettivamente si sviluppano sul piano dei concreti rapporti affettivi e sociali, valorizzando l’assunzione concreta della responsabilità genitoriale ed i profili più intimamente umani ed immateriali, ben al di là del mero dato biologico/genetico e materiale.
Non v’è dubbio che questo importante precedente peserà è sarà valorizzato nel proseguo del percorso di emersione della cd. omogenitorialità nel nostro ordinamento giuridico. La giurisprudenza è chiamata difatti in questa fase a dare concreta e diretta attuazione ai principi costituzionali (e convenzionali), la cui affermazione il Legislatore, al momento incapace di dettare una disciplina organica, sembra aver voluto delegare allo stato alla valutazione del caso concreto operato dalla giurisprudenza (anche espressamente, come nel testo di legge sulle unioni civili approvato al Senato).