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Due padri: da Venezia un’altra importante conferma

di Angelo Schillaci

Pubblichiamo l’ordinanza depositata il 16 luglio 2018 con la quale la Corte d’Appello di Venezia ha riconosciuto gli effetti, in Italia, di una sentenza canadese che attribuiva la seconda paternità al coniuge del padre di un minore nato in Canada grazie ad una gestazione per altri.

Il ricorso traeva origine dal rifiuto – opposto dall’ufficiale di stato civile del Comune di residenza del minore – di rettificare l’atto di nascita già formato (e recante l’indicazione di un solo padre), a seguito di trascrizione dell’atto di nascita canadese, emendato in conseguenza della sentenza che riconosceva la seconda paternità. Di conseguenza, la coppia di padri adiva la Corte d’Appello di Venezia per veder riconoscere – ai sensi dell’art. 67 della legge n. 218/95 – gli effetti della sentenza canadese, onde ottenere un titolo per la rettificazione dell’atto di nascita italiano.

Il caso – seguito dall’Avv. Alexander Schuster (alla cui cortesia dobbiamo la pubblicazione) – è dunque del tutto analogo a quello deciso dall’ordinanza della Corte d’Appello di Trento, avverso la quale pende ad oggi impugnazione dinanzi alla Corte di cassazione che, come noto, ha deferito la questione alla cognizione delle Sezioni Unite. Si tratta, pertanto, di un caso assai rilevante, che si inserisce nel dibattito in corso sulla questione degli effetti da riconoscersi, in Italia, ai rapporti di filiazione costituiti all’estero a seguito di gestazione per altri, che ha visto l’intervento recente della Corte costituzionale e che sta caratterizzando  – anche sulla nostra pagina – l’attesa della decisione delle Sezioni Unite.

Anche alla luce di tale dibattito merita segnalare – in estrema sintesi – alcuni passaggi dell’ordinanza, che ribadisce la posizione già affermata dalla Corte d’Appello di Trento, mettendola ulteriormente a sistema con gli insegnamenti della nota Cass., sez. I civ., n. 19599/16, ma anche con la richiamata sentenza n. 272/17 della Corte costituzionale: a tale riguardo, la Corte d’Appello di Venezia chiarisce che “l’interesse all’accertamento della verità del rapporto di filiazione non si impone in modo automatco e non prevale sull’interesse del minore, ma impone un bilanciamento degli interessi” e che non sussiste nella specie un contrario principio di ordine pubblico internazionale, tale da impedire la piena protezione dell’interesse del minore alla continuità dello status filiationis legittimamente acquisito nell’ordinamento di nascita.

In particolare, viene confermato che non basta – al fine di radicare la contrarietà all’ordine pubblico dell’atto straniero di cui si chiede il riconoscimento – che “l’ordinamento nazionale non riconosca l’effetto della pronuncia straniera o regoli la fattispecie con disciplina difforme, ancorché di natura imperativa o inderogabile” ma che, piuttosto, deve essere valutato se la posizione giuridica validamente costituita all’estero contrasti con le esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo desumibili dalla Costituzione, ai Trattati fondativi e dalla Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, oltre che con l’interesse del minore.

A tale proposito la Corte afferma – assai significativamente – che “l’ordine pubblico segnala l’esigenza imprescindibile di assicurare al minore la conservazione dello status e dei mezzi di tutela di cui possa validamente giovarsi in base alla legislazione nazionale applicabile, e in particolare del diritto al riconoscimento dei legami familiari e al mantenimento dei rapporti con chi ha legalmente assunto il riferimento della responsabilità genitoriale, garantendo la crescita, l’equilibrio affettivo e la realizzazione della persona”. Da ciò discende, conclusivamente, che la circostanza che il minore sia venuto al mondo tramite una pratica procreativa non consentita dal nostro ordinamento non implica per ciò solo contrarietà dell’atto di nascita all’ordine pubblico, dovendosi piuttosto valutare in concreto l’interesse del minore alla conservazione dello status validamente acquisito all’estero: infatti, “le scelte del legislatore italiano nella materia appaiono frutto di una scelta discrezionale del legislatore stesso e non esprimono principi fondanti a livello costituzionale che impegnino l’ordine pubblico”. Si tratta dunque di valutazioni distinte, che diversamente incidono sulla valutazione della più adeguata tutela del minore nel caso concreto e, soprattutto, del rispetto del principio della continuità dello status filiationis.