Tribunale per i minorenni di Palermo, decreto del 4 dicembre 2013

N. VG

IL TRIBUNALE PER I MINORENNI DI PALERMO

composto dai Sigg.ri:

1) dott.  Flora Randazzo                                   Presidente

2) dott. Salvatore Caponetto                                    Giudice

3)    dott. Daniela Randazzo                              Componente Privato

4)    dott. Roberto Rizzo                                   “                         “

riuniti in Camera di Consiglio, letta la richiesta del P.M.,  ha emesso il seguente

D E C R E T O

    Nel procedimento relativo ai minori;

considerato che è stato conferito incarico all’U.O. Affidamento Familiare di Palermo, a seguito delle disagiate condizioni abitative e delle difficoltà organizzative della madre dei minori, nonchè dei comportamenti fortemente pregiudizievoli tenuti dal padre, nei cui confronti è intervenuto provvedimento di decadenza dalla potestà genitoriale con divieto di contatti coi figli;

che in linea col progetto predisposto, i fratelli del minore sono stati  affidati ciascuno ad una coppia di coniugi, e che relativamente a (il cui collocamento in Comunità, al pari di quanto disposto in precedenza per i fratelli, è stato revocato con decreto del 17.7.2013), col citato provvedimento ne è stata autorizzata la permanenza presso una coppia che ha offerto disponibilità in tal senso, previa esaustiva valutazione da parte dell’U.O. Affidamento Familiare;

che di seguito sono state assunte le dichiarazioni di costoro e del minore, nonché quelle degli operatori del Servizio;

che con nota del 21.10.2013 il servizio incaricato ha comunicato che si è consolidato il legame instaurato tra il minore ed i sigg.ri ed ha suggerito di disporre l’affidamento di agli stessi.

OSSERVA

 

E’ pacifico che l’estrema problematicità del rapporto, ormai cessato, tra i genitori dei minori di che trattasi, e la complessa storia familiare che ha determinato la prolungata istituzionalizzazione dei minori stessi, non ne consente, allo stato, il rientro presso la madre, unica figura genitoriale valida e presente, seppure sotto un profilo puramente affettivo, la quale ha manifestato di acconsentire all’affido extrafamiliare dei figli.

In una situazione siffatta, è stato ritenuto che l’affido quindi fosse la misura di protezione più adatta ad apprestare ai detti minori la dovuta tutela, e tale si è rivelata certamente relativamente ai piccoli, il cui inserimento presso i rispettivi affidatari procede in modo ottimale.

Quanto a, è intuibile come l’età del ragazzo, ormai prossimo al raggiungimento della maggiore età, abbia comportato maggiori difficoltà nel reperire soggetti atti e disposti a prendersene cura, e nondimeno l’impegno profuso al riguardo dagli operatori (e la piena condivisione del progetto da parte della madre) ha loro consentito di individuare rapidamente una coppia che ha mostrato sincero interesse verso col quale si è stabilita una relazione empatica che, stando a quanto riferito dal Servizio, risulta averlo notevolmente aiutato a valorizzare le proprie doti e risorse personali.

Pertanto, l’istruzione condotta ha evidenziato come si siano venute a creare le migliori condizioni per consentire a di rimanere in seno a tale nucleo.

La questione che tuttavia si pone nella fattispecie è quella di verificare se nel nostro ordinamento vi sia spazio per attribuire la veste giuridica dell’affido etero familiare, a norma dell’art. 4 c. 2°  L. 184 del 1983 come sostituito dalla L. 149 del 2001, al chiesto inserimento del minore presso una coppia che, come nel caso in questione, non sia unita dal vincolo del matrimonio, e peraltro sia formata da persone dello stesso sesso.

A tal proposito, va osservato in primo luogo che, sul piano generale, quello di “famiglia” non è un concetto cristallizzato, ma va adeguato all’evoluzione della società e dei costumi, e che, sul piano strettamente normativo, esso va rapportato a diversi parametri, quali quello costituzionale e quello sovranazionale, oltre che alle leggi nazionali.

Quanto alle leggi nazionali, la normativa di riferimento è quella contenuta nella citata  Legge 184/83, laddove l’art. 2 consente di affidare il minore ad una famiglia preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui ha bisogno.

Come è stato di recente osservato (v. T.M. Bologna 31.10.2013) per dirimere la questione è decisiva la constatazione che – diversamente da quanto avviene nell’adozione, che esclude dal novero degli aspiranti i soggetti non costituenti una famiglia in senso giuridico – l’istituto dell’affido eterofamiliare, che non presuppone uno stato di abbandono del minore, bensì un transitorio momento di difficoltà dei genitori (o, come nel caso di specie, dell’unico genitore esercente la potestà) non contiene un esplicito richiamo al matrimonio quale vincolo che unisca gli affidatari, coerentemente con la possibilità, espressamente contemplata, di affidare il minore anche ad una persona singola, purché idonea.

Da ciò se ne deve trarre la conseguenza che potenziali affidatari possono anche essere due adulti non uniti in matrimonio, sempre che si apprezzi la presenza di una situazione di fatto paragonabile al contesto familiare, sotto il profilo accuditivo e di tutela del minore.

Né, sotto altro profilo, la circostanza che tali adulti abbiano il medesimo sesso può per ciò solo considerarsi ostativa all’affidamento eterofamiliare, tenuto conto, per un verso, dell’assenza nella normativa nazionale di una precisa disposizione al riguardo specificamente riferibile all’affido del minore che non versi in stato di abbandono, e, per altro verso, dell’ampio concetto di legame familiare quale elaborato – con esplicito richiamo alle unioni omosessuali – anche dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo (24.6.2010, Schalk e Kopf c/ Austria), in aderenza ai dettami della Carta di Nizza, che impedisce le discriminazioni fondate sul sesso e sull’orientamento sessuale.

Su tale linea si è pure mossa la giurisprudenza della Corte di Cassazione, con la nota decisione n. 601/13, che ha sottolineato come l’eventuale rapporto di fatto del genitore con persona dello stesso sesso non può di per sé impedire l’affidamento a questi del minore.

In definitiva, se a livello sovranazionale la nozione di famiglia ha una portata più ampia di quella unione tra due individui cui il legislatore italiano riconosce effetti giuridici, e se la L.184/83, come sopra interpretata, si iscrive in tale contesto, non v’è alcun ostacolo in linea di principio all’affidamento di un minore ad una stabile coppia costituita da persone dello stesso sesso.

Quanto sopra, presuppone a monte che sia stato approfonditamente esaminato l’aspetto attinente alla piena rispondenza di simile forma di affido ad ogni singolo caso concreto, giacchè, per scongiurare l’insorgere nel minore di un serio danno psicologico scaturente proprio dalla misura di protezione di che trattasi, è imprescindibile che la stessa sia modulata ed organizzata in modo quanto più appropriato al singolo caso.

Non può negarsi, invero, che l’inserimento di un minore in tenera età all’interno di una coppia di persone dello stesso senso potrebbe attivare dinamiche ben diverse rispetto all’inserimento di un giovane con una personalità strutturata e con orientamenti sessuali già ben definiti.

Occorre dunque solidamente ancorare le argomentazioni fin qui svolte alle peculiarità del caso concreto, e dunque alle conoscenze acquisite sulla condizione psicologica, sulle risorse personali e sulla qualità della relazioni intrafamiliari di, nonché alle informazioni esistenti in merito alla coppia presso cui egli dovrebbe proseguire il percorso di accoglienza già intrapreso.

Ebbene, i dati in possesso del Tribunale – inclusa la entusiastica adesione del ragazzo, alla quale per l’età e maturità va dato il massimo rilievo, alla richiesta di affido formulata dalla coppia – depongono tutti nel senso che possiede gli strumenti necessari per distinguere nettamente il ruolo dei componenti della famiglia di sangue da quello degli aspiranti affidatari, il cui orientamento sessuale gli è noto da sempre e risulta non svolgere alcuna significativa incidenza sul legame instaurato con gli stessi.

Dal canto loro, i sigg.ri   (che non è superfluo rammentare figurano iscritti nel registro delle coppie di fatto istituito nel Comune di Palermo) denotano una sensibile capacità di apertura e di accoglimento consapevole della specifica storia personale del giovane, e si sono mostrarti in grado di garantirlo nelle sue esigenze di sviluppo, offrendogli una base sicura e consentendogli di fruire al momento di una adeguata funzione genitoriale.

Tutto ciò, dopo attenta analisi relativa alla situazione specifica sottoposta all’attenzione del Tribunale, induce a concludere che ricorrono tutte le condizioni per formalizzare l’affidamento del minore alla coppia come sopra individuata.

P.Q.M.

Visti gli artt. 330 e segg. cod.civ., 4 c.2°  Legge 184 del 1983

AFFIDA

Il minore , ai signori  , prescrivendo agli stessi di fargli mantenere i rapporti con i fratelli e la madre e di attenersi a tutte le indicazioni impartite dai Servizi.

AUTORIZZA

Gli affidatari a portare con loro il minore in occasione di viaggi in Italia ed all’estero.

INCARICA

l’U.O. Affidamento Familiare di Palermo di seguire l’andamento dell’affidamento e curare il mantenimento dei rapporti tra il minore ed i familiari.

DISPONE

Che il detto Servizio trasmetta dettagliata relazione su tutti i minori entro il mese di febbraio 2014

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza, con autorizzazione alle notifiche mediante fax.

Così deciso in Palermo in data 4.12.2013

 

                                                                                                                                          Il Presidente   rel.                                           

                                                          Dr.ssa Flora Randazzo                                                                      

 [whohit]testo decreto trib min pA 4/12/2013[/whohit]