Circolare Ministero dell’Interno in materia di trascrizione dei matrimoni del 7 ottobre 2014

AI PREFETTI DELLA REPUBBLICA LORO SEDI
AL COMMISSARIO DEL GOVERNO PER LA PROVINCIA DI BOLZANO
AL COMMISSARIO DEL GOVERNO PER LA PROVINCIA DI TRENTO
e, per conoscenza:
AL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE AOSTA DELLA VAL D’AOSTA
OGGETTO: Trascrizione nei registri dello stato civile dei matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero.
Sono stati posti all’attenzione degli uffici ministeriali alcuni provvedimenti sindacali che prescrivono agli ufficiali di stato civile di provvedere alla trascrizione dei matrimoni celebrati all’estero tra persone dello stesso sesso.
Tali “direttive”, ad ogni evidenza, non sono conformi al quadro normativo vigente. E ciò in quanto la disciplina dell’eventuale equiparazione dei matrimoni omosessuali a quelli celebrati tra persone di sesso diverso e la conseguente trascrizione di tali unioni nei registri dello stato civile rientrano nella competenza esclusiva del legislatore nazionale.
Sul punto, va innanzitutto rilevato che, nonostante la trascrizione abbia natura meramente certificativa e dichiarativa, la sola sussistenza dei requisiti di validità previsti dalla lex loci, quanto alla forma di celebrazione, non esime l’ufficiale di stato civile dalla previa verifica della sussistenza dei requisiti di natura sostanziale in materia di stato e capacità delle persone.
Al riguardo, occorre fare riferimento, in primo luogo, all’art. 27, comma 1, della legge 31 maggio 1995, n. 218 (“Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato”), secondo cui “la capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento del matrimonio”, quindi all’art. 115 del codice civile, secondo cui “il cittadino è soggetto alle disposizioni contenute nella sezione prima di questo capo, anche quando contrae matrimonio in paese straniero secondo le forme ivi stabilite”.
Pertanto, al di là della validità formale della celebrazione secondo la legge straniera, l’ufficiale di stato civile ha il dovere di verificare la sussistenza dei requisiti sostanziali necessari affinché la celebrazione possa produrre effetti giuridicamente rilevanti.
Non vi è dubbio che, ai sensi del codice civile vigente, la diversità di sesso dei nubendi rappresenti un requisito necessario affinché il matrimonio produca effetti giuridici nell’ordinamento interno, come è chiaramente affermato dall’art. 107 c.c., in base al quale l’ufficiale dello stato civile “riceve da ciascuna delle parti personalmente, l’una dopo l’altra, la dichiarazione che esse si vogliono prendere rispettivamente in marito e in moglie, e di seguito dichiara che esse sono unite in matrimonio”.
Infatti, come è stato affermato dalla Corte di Cassazione l’intrascrivibilità delle unioni omosessuali dipende non più dalla loro inesistenza e neppure dalla invalidità, ma dalla loro inidoneità a produrre, quali atti di matrimonio, qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano.
Tali conclusioni non mutano neppure ove la questione venga esaminata sul piano della legittimità costituzionale ovvero in relazione al contesto europeo.
Con riferimento al primo aspetto, infatti, la Corte costituzionale, sin dalla nota pronuncia n. 138 del 2010, ha statuito che l’art. 29 Cost. si riferisce alla nozione di matrimonio come unione tra persone di sesso diverso e questo significato non può essere superato. Né, con riferimento all’art. 3, comma 1, Cost., le unioni omosessuali possono essere ritenute tout court omogenee al matrimonio, quantunque la Corte abbia stabilito che tra le formazioni sociali in grado di favorire il pieno sviluppo della persona umana nella vita di relazione rientra anche l’unione omosessuale. Tuttavia, secondo la medesima giurisprudenza, spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua discrezionalità politica, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per tali unioni.
Per quanto, invece, concerne il riferimento al contesto europeo, non possono risultare dirimenti i richiami alle disposizioni di cui agli articoli 12 della CEDU e 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nota anche come “Carta di Nizza”, in quanto entrambe, anziché vincolare i legislatori nazionali, rimettono a questi ultimi la decisione in materia.
Alla luce del quadro ordinamentale delineato e considerato che spetta al Prefetto, ai sensi dell’art. 9 del d.P.R. 396/2000, la vigilanza sugli uffici dello stato civile, si richiama l’attenzione delle SS.LL. sull’esigenza di garantire che la fondamentale funzione di stato civile, esercitata, in ambito territoriale, dal Sindaco nella veste di ufficiale di Governo, sia svolta in piena coerenza con le norme attualmente vigenti che regolano la materia.
Pertanto, ove risultino adottate “direttive” sindacali in materia di trascrizione nei registri dello stato civile dei matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero – e nel caso sia stata data loro esecuzione —le SS. LL. rivolgeranno ai Sindaci formale invito al ritiro di tali disposizioni ed alla cancellazione, ove effettuate, delle conseguenti trascrizioni, contestualmente avvertendo che, in caso di inerzia, si procederà al successivo annullamento d’ufficio degli atti illegittimamente adottati, ai sensi del combinato disposto degli articoli 21 nonies della legge 241 del 1990 e 54, commi 3 e 11, del d.lgs 267/2001.
Le SS.LL. vorranno, infine, sensibilizzare i funzionari addetti alle verifiche anagrafiche a porre particolare attenzione, nello svolgimento di tali adempimenti, sulla regolarità degli archivi dello stato civile prescritta dall’art. 104 del d.P.R. 396/2000.
Il ministro Alfano