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Contratti e assicurazioni: la parola convivenza include anche la coppia omosessuale

La Corte d’Appello di Milano, sezione lavoro, con sentenza del 31 agosto n. 7176 (pres. Sala – est. Cincotti) ha confermato la decisione del Tribunale che ha ritenuto che la nozione di  “convivenza more uxorio” non può più essere limitata alle sole convivenze eterosessuali, in quanto significato che le veniva attribuito in epoca ormai risalente. In considerazione dell’attuale realtà economico sociale e degli schemi oggi socialmente riconosciuti il significato dell’espressione convivenza more uxorio (quale comunione di vita caratterizzata da stabilità e dall’assenza del vincolo del matrimonio, nucleo familiare portatore di valori di solidarietà e sostegno reciproco) include adesso anche le unioni omosessuali, cui il sentimento socialmente diffuso riconosce il diritto alla vita familiare propriamente intesa. Ha ritenuto dunque la Corte che nell’interpretazione di contratti dai quali sorgano nuove entità giuridicamente rilevanti destinate a suscitare l’affidamento dei terzi come, ad esempio, nei contratti associativi o, come nella specie, in sede di interpretazione dello statuto della cassa mutua nazionale per il personale di una banca, dovendosi dare prevalenza alla interpretazione oggettiva secondo buona fede, il termine convivenza deve essere inteso in senso inclusivo. Per tali contratti, infatti, non può darsi luogo ad una mera interpretazione soggettiva secondo la comune intenzione delle parti poiché si deve tenere conto della contrapposta esigenza di tutelare l’affidamento che i terzi abbiano riposto sul significato oggettivo dell’accordo. Ne consegue che il compagno stabilmente convivente dell’impiegato della banca ha diritto alle prestazioni della Cassa Mutua esattamente come il convivente eterosessuale.

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