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La sentenza della Corte costituzionale francese

2012-10-20 01.18.31Con decisione del 17 maggio 2013, il Conseil constitutionnel si è pronunciato sulla legge n. 2013-404 che ha aperto il matrimonio alle coppie dello stesso sesso ed ha autorizzato l’accesso all’adozione, riconoscendone la legittimità costituzionale. Arriva così a compimento il processo legislativo che era stato intrapreso dal governo francese nell’autunno del 2012, in seguito alla promessa elettorale del presidente della Repubblica Francois Hollande, e che era stato fermamente avversato dalle forze dell’opposizione di centro-destra, sino al ricorso alla Corte costituzionale.

Escluso che si siano prodotte irregolarità nell’iter parlamentare (i ricorrenti lamentavano un’eccessiva velocità della procedura legislativa che non aveva consentito una sufficiente ponderazione), il Conseil constitutionnel conferma adesso il proprio orientamento per cui compete al legislatore la definizione dei requisiti necessari per l’accesso all’istituto matrimoniale. Come già affermato nella  decisione del 28 gennaio 2011, su uno speculare ricorso presentato avverso la preclusione all’accesso al matrimonio prevista allora dal codice civile, il Conseil ribadisce difatti come non competa al medesimo di sostituirsi alla valutazione del Parlamento, non ravvisando nell’apertura del matrimonio alcuna contrarietà ai principi fondamentali dell’ordinamento: seppure le leggi nel regime repubblicano anteriore al 1946 e leggi posteriori abbiano sempre definito il matrimonio come l’unione tra un uomo e una donna, il Conseil ritiene che il mutamento di tale regola non interferisca con le libertà fondamentali, né la sovranità nazionale, né l’organizzazione dei pubblici poteri, restando dunque nell’esclusiva competenza del potere legislativo. Tale orientamento della Corte costituzionale francese appare peraltro in linea con gli indirizzi espressi da tutte le altre Corti costituzionali di civil law (cfr., ad es., le pronunzie delle Corti costituzionali  tedescaaustriaca e italiana che non hanno dichiarato l’incostituzionalità dei codici civili nella parte in cui non prevedono il matrimonio tra persone dello stesso sesso; la Corte costituzionale belga e quella spagnola che hanno dichiarato la legittimità delle leggi che hanno introdotto il matrimonio tra persone dello stesso sesso; la Corte costituzionale portoghese, infine, che, esattamente come quella francese, ha in un primo tempo rigettato il ricorso diretto ad aprire il matrimonio – sentenza n. 359 del 2009 – ed ha quindi rigettato l’opposto ricorso avverso la legge che ha consentito il matrimonio alle persone dello stesso sesso – con sentenza n. 121 del 2010).

Anche con riguardo alla questione relativa all’apertura dell’adozione alle coppie coniugate dello stesso sesso, il Conseil constitutionnel afferma, ancora una volta, come non rientri nella sua competenza sostituirsi al legislatore nella valutazione se l’identità di genere degli adottanti costituisca presupposto per l’accesso all’adozione. La Corte, tuttavia, ribadisce l’importante principio, peraltro generalmente riconosciuto, per cui le persone dello stesso sesso non hanno un «diritto all’adozione». Tale affermazione non deve sorprendere, posto che appare conforme con gli orientamenti anche della Corte europea dei diritti umani l’affermazione che al centro del sistema debba porsi sempre l’interesse superiore del minore e non certo il diritto degli adulti. Nella specie il Conseil afferma che l’interesse superiore del minore appare pienamente garantito dalle procedure previste dalla legislazione francese in materia di adozione, la quali consentono di assicurare che sia sempre verificata la sussistenza dei presupposti per un’adeguata cura del bambino e della sua educazione. Le autorità amministrative sottopongono ogni caso ad una congrua valutazione e l’adozione deve essere giudicata conforme all’interesse minore da un tribunale; per conseguenza l’accesso delle coppie formate da persone dello stesso sesso all’istituto dell’adozione non può entrare in contrasto con il superiore interesse del minore. Anche in questo caso la motivazione della Corte francese appare perfettamente conforme all’indirizzo espresso sullo stesso tema dalla Corte costituzionale spagnola nel novembre 2012 (sentenza n. 198/2012).