Il Tribunale costituzionale spagnolo tutela un lavoratore gay discriminato di Antonio Rotelli

nota a Tribunal Constitucional, sentenza del 13 febbraio 2006

Il Tribunale costituzionale spagnolo ha emesso una sentenza che riconosce per la prima volta illegittimo il licenziamento dovuto al suo orientamento sessuale. Al momento la sentenza non è stata ancora pubblicata, ma se ne possono leggere alcuni stralci e i primi commenti sulla stampa spagnola.

Il caso risale al 30 luglio 2002, quando la compagnia di volo italiana Alitalia notificò il licenziamento ad un proprio impiegato analista di marketing, assunto con contratto a tempo indeterminato. L’azienda aveva motivato il licenziamento spiegando che il dipendente contestava sovente gli organi direttivi della Compagnia e commetteva errori di calcolo nello svolgimento delle proprie mansioni, dimostrando in tal modo una mancanza di diligenza da giustificare il licenziamento.

Il lavoratore presenta un ricorso davanti al Tribunale di Barcellona, il quale riconosce l’illegittimità del licenziamento, riscontrando l’esistenza di violenze psicologiche subite dal lavoratore a causa del proprio orientamento sessuale, verificatesi tra l’ottobre 2001 e il luglio 2002. La compagnia non è riuscita a provare il contrario, limitandosi a contestazioni generiche e mancando di provare il compimento di comportamenti rilevanti sul piano disciplinare.
Dopo il giudizio di primo grado, l’Alitalia presenta ricorso al Tribunale Superiore di Giustizia della Catalogna, il quale, ribalta la decisione assunta in prime cure, affermando che il licenziamento non possa essere considerato immotivato, per la presenza di alcune violazioni contrattuali da parte del lavoratore, con conseguenze disciplinari.
Il Tribunale costituzionale, riconfermando la sentenza di primo grado, afferma che nonostante l’orientamento sessuale non sia espressamente menzionato nell’art. 14 della Costituzione come una delle ipotesi concrete per le quali esiste il divieto di trattamenti discriminatori, è senza dubbio da tenersi incluso in quella parte dell’articolo che fa riferimento a “qualsiasi altra condizione o circostanza personale o sociale”. Inoltre, ritiene che l’omosessualità abbia in comune con le altre ipotesi di divieto di discriminazione di cui all’art. 14 Cost. “il fatto di essere una differenza storicamente molto vituperata e che ha posto gli omosessuali, sia a causa dell’azione delle istituzioni, sia a causa della pratica sociale, in posizioni svantaggiate e contrarie alla dignità delle persone, che l’art. 10.1 della Costituzione protegge, a causa dei profondi pregiudizi radicati normativamente e socialmente contro questa minoranza”.
Il Tribunale ricorda che quando si prova indiziariamente che un contratto risolto può nascondere la lesione di diritti fondamentali, come la discriminazione a causa del proprio orientamento sessuale “incombe al datore di lavoro provare che la propria decisione risponde a motivi ragionevoli e del tutto estranei alla violazione del diritto del quale si tratta”.
Il Tribunale Costituzionale ritiene che si sarebbe potuta affermare la legittimità del licenziamento solo se l’impresa avesse comprovato le violazione contrattuali contestate nella lettera di licenziamento e avesse dimostrato la totale mancanza di connessione tra il licenziamento e l’omosessualità del lavoratore. Non avendo dato tale prova, il Tribunale costituzionale ha ritenuto che questa connessione esiste molto chiaramente perchè i fatti provati riflettono comportamenti pieni di disprezzo del superiore del lavoratore rispetto al suo orientamento sessuale, “così come l’esistenza di una organizzazione e distribuzione del lavoro che lo pregiudicava, sovracaricandolo di compiti da svolgere, indica, come minimo, la possibilità che la lesione ci sia stata”.