Corte d’Appello di Bologna, ordinanza dell’8 maggio 2018
- 3164/2016 RG
La Corte d’Appello di Bologna
I sezione civile
riunita in camera di consiglio, così composta:
- Giovanni Benassi – Presidente
- Mariapia Parisi – Consigliere
- Melania Bellini – Consigliere rel. est.
pronuncia ex art. 702 ter CPC questa
ordinanza
a scioglimento della riserva dell’udienza 27.111.2018 nella causa tra:
XX (Oregon), cittadina italo-statunitense nata a (New York, USA) il (omissis) — ricorrente con l’Avv. Claudio Pezzi del Fòro di Bologna —,
Comune di Bologna-Ufficio dello Stato Civile — convenuto, costituito con gli Avv.ti Ada Labriola e Giulia Carestia del Fòro di Bologna, Avvocatura civica —,
Pubblico Ministero — intervenuto, rappresentato dal Procuratore Generale della Repubblica presso questa Corte — e il
Ministero dell’Interno — convenuto contumace[1].
Conclusioni
Ricorrente: come nel ricorso 2.X11.2016:
“Voglia I’Ecc.ma Corte di Appello di Bologna, previa dichiarazione di sussistenza dei requisiti di Legge, disporre il riconoscimento ai fini della legge italiana del provvedimento statunitense di adozione piena di JJ in favore di XX pronunciato in data 22 gennaio 2004 dal Tribunale dello Stato dell’Oregon, Contea di Multnomah, U.S.A., e ordinarne la trascrizione nel registro di Stato Civile del Comune di Bologna. Con vittoria delle spese del presente procedimento.”.
Comune di Bologna-Ufficio dello Stato Civile: come nella comparsa di risposta 18.V.2017:
“… mentre il Comune di Bologna si rimette a giustizia sulla questione sostanziale proposta da controparte e cioè sull’ordine di trascrizione della sentenza, essendosi attenuto alle disposizioni di legge CHIEDE Che l’Ecc.ma Corte d’Appello di Bologna in caso di accoglimento del ricorso voglia respingere la richiesta di condanna alle spese di giudizio disponendone la compensazione.”.
Procuratore Generale: come nella comparsa di intervento 7.V11.2017:
“Il PG dichiara di intervenire e riserva le conclusioni.”.
Motivi della decisione
A sostegno della propria domanda XX deduce che:
##convive con l’adottata fin dalla sua nascita il (omissis) perché è la figlia, per inseminazione artificiale da donatore anonimo, di YY in allora sua convivente more uxorio e ora moglie per il matrimonio celebrato il 6.VI.2013 nello Stato di Washington;
##il proprio figlio WW nato nel Giugno 2004 anch’egli per inseminazione artificiale, è stato a propria volta adottato dalla YY nell’Ottobre successivo in forza di decisione dello stesso Tribunale statunitense che in Gennaio aveva disposto quella della cui efficacia si tratta;
##tutt’e quattro insieme sono venuti a vivere in Italia nel 2013;
##il Comune di Bologna, che in un primo momento aveva accolto la domanda di trascrizione della sentenza di adozione della bambina, il 4 Novembre 2016, dopo il parere prefettizio negativo per contrasto con l’ordine pubblico, l’aveva definitivamente rifiutata siccome non consentita dagli artt. 35-36 l. 184 del 1983 e 41, 64-66 l. 218 del 1995 e 1, comma 20, l. 76 del 2016;
##il rifiuto è illegittimo perché in realtà ricorrono tutti i requisiti degli art. 41 e 64 e seguenti l. 218 del 1995, ordine pubblico compreso, così come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità nella materia internazionale in relazione ai provvedimenti sui minori, dove la nozione generale — un complesso di principi fondamentali caratterizzanti l’ordinamento interno in un determinato periodo storico e fondati su esigenze di garanzia comuni ai diversi ordinamenti, di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, sulla base di valori sia interni che esterni all’ordinamento purché accettati come patrimonio condiviso in una determinata comunità giuridica sovranazionale — si qualifica specificatamente con l’interesse primario del minore sancito dalle norme pattizie.
Secondo il Comune, costituitosi in persona del Sindaco come Ufficiale dello Stato civile, “..il rifiuto della trascrizione della sentenza straniera è un atto dovuto da parte dell’ufficiale di stato civile in assenza di una normativa nazionale che consenta l’adozione del figlio del partner..”.
Non si è costituito il Ministero dell’Interno, chiamato in causa dietro l’ordinanza 1°.X11.2017 della Corte ex art. 102 CPC quale legittimato passivo ex DLGS 300 del 1999 nelle cause in materia di diritti civili.
Il PM non ha presentato le proprie conclusioni benché ne sia stato posto in grado con la comunicazione degli atti il 5.VII.2017, ciò che basta all’art. 71 CPC.
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La ricorrente ha ragione: sussistono tutti i requisiti dell’art.64 l. 218 del 1995.
I primi sei sono certissimi: sono incontestati e comunque provati dai documenti allegati al ricorso.
L’unica criticità concerne l’ultimo per il fatto che il provvedimento della cui efficacia si tratta ha applicato un istituto inesistente nel nostro Ordinamento.
Si supera considerando:
##in fatto, il consolidato legame familiare nel quale si è venuta sviluppando l’intera vita della bambina in modo presuntivamente adeguato perché — a parte l’insindacabile accertamento positivo del Giudice statunitense — qui nessuno lo pone in dubbio né espressamente né implicitamente, posto che non è rappresentato da nessuno dei tre soggetti pubblici del processo il benché minimo problema concreto;
##in diritto, l’apertura del nostro Ordinamento a quello degli altri Stati della comunità internazionale, che vive dell’accettazione del principio dell’autonomia degli enti sovrani nella regolazione dei rapporti personali e familiari dei propri cittadini col correlativo diritto di questi di essere disciplinati in detti rapporti dalle norme del proprio Stato anche quando ne sono fuori, senza che ciò significhi la diretta applicazione estera delle norme stesse e senza che ciò richieda la perfetta corrispondenza fra i vari Ordinamenti, bastando la non contrarietà coi principi fondamentali condivisi; e nella materia minorile il valore condiviso numero uno è l’interesse del fanciullo, come ben rileva la ricorrente con ampia citazione di autorevole giurisprudenza interpretativa della Costituzione e delle principali norme europee e pattizie, tra le quali sono la Carta EDU e la legge di ratifica e esecuzione della Convenzione Aja 29.V.1993 per la tutela dei minori.
Di fronte alla centralità del superiore interesse del minore cui è informato il concetto di ordine pubblico internazionale in questa materia, e di fronte ancor ai principi di eguaglianza fra i sessi e di signoria privata della vita privata e libero sviluppo del singolo nella famiglia si perde l’argomento opposto dal Comune all’efficacia dell’adozione in oggetto.
Non importa che la stepchild adoption nella coppia dello stesso sesso non sia un istituto italiano; se un altro Stato di altro sviluppo storico sociale e culturale l’ha ritenuto idoneo strumento di regolamentazione dei rapporti dei propri cittadini, l’Italia ne può riconoscere l’applicazione giudiziale, fatta nello Stato di appartenenza, in un caso concreto dov’esso realizzi nell’unico modo concretamente immaginabile il benessere del minore.
E nella specifica condizione di questa famiglia formatasi ormai molti anni fa, dove le capacità genitoriali non sono qui in discussione e dove non è segnalato problema nessunissimo di sviluppo della minore, il riconoscimento dell’efficacia richiesto significa la pratica realizzazione dell’interesse — primario — della minore a mantenere l’ambiente affettivo di sempre che fin qui ha funzionato tanto da non avere mai posto alcun problema.
Si provi a immaginare il contrario e ci si convincerà facilmente della mancanza di alternativa a questa decisione, perché il contrario significherebbe o separare una famiglia mediante la diversificazione dello status dei suoi membri, che qui troverebbero, con conseguenze potenzialmente negative per i minori a causa della destrutturazione identitaria, individuale e sociale, data dalla diversità di status americano e italiano; oppure costringerla a revocare la scelta di vivere in Italia, la quale scelta è invece presuntivamente funzionale al benessere di tutti i suoi membri siccome presa da madri la cui capacità alla funzione è stata accertata nella sede competente e della quale qui non è dato né rigiudicare né dubitare: oltre che contraria all’interesse della minore, l’alternativa integrerebbe un’intrusione statale nella vita privata e familiare che, ingiustificata da esigenze legittime di tutela della minore — si ribadisce come non ne siano state rappresentate in concreto —, sarebbe contraria al diritto di libertà che è anch’esso principio inviolabile.
Insomma: l’interesse del minore può essere in concreto realizzato anche attraverso istituti non previsti dalle leggi italiane che, nella legittima discrezionalità politica, hanno valutato le esigenze del nostro attuale momento di sviluppo storico e socio-culturale; dette leggi non solo non sanciscono il principio che l’adozione non possa darsi che alla coppia eterosessuale[2], ma collocandosi in un Ordinamento aperto all’internazionale con la relativa condivisione dei suoi principi fondamentali pattizi e no, escludono che esse siano reputate la sola forma nella quale possano quei principi realizzarsi, altre potendosene dare in altri Paesi di diverso sviluppo storico-sociale ma di eguale basamento libertario.
Conforta questa conclusione la condotta processuale sostanzialmente remissiva anche dell’unico convenuto costituitosi in una con la conforme giurisprudenza di merito e di legittimità formatasi negli ultimissimi anni in casi analoghi e ampiamente divulgata.
La novità della questione e la suddetta condotta processuale sono il motivo legittimo all’integrale compensazione delle spese processuali nel rapporto col convenuto costituito e per dichiararle irripetibili per il resto.
P. Q. M.
Letti gli artt. 702 ter CPC, 41 e 64 e seguenti I. 218 del 1995, definitivamente decidendo, disattesa o assorbita ogni altra eccezione deduzione e domanda, la Corte:
1) dichiara efficace nella Repubblica italiana la sentenza 22.1.2004 del Tribunale di Prima istanza dello Stato dell’Oregon per la Contea di Multnomah (USA) che ha disposto l’adozione di JJ nata il (omissis) a Portland (Contea di Multnomah, Oregon) a favore di XX identificata come in epigrafe;
2) ordina l’annotazione di questo provvedimento nei Registri dello Stato Civile del Comune di Bologna;
3) compensa per intero le spese processuali nel rapporto col convenuto costituito e per il resto le dichiara irripetibili.
Bologna, 8 Maggio 2018
Note:
[1] Cfr. la notificazione, per PEC del 15.1.2018 all’Avvocatura distrettuale dello Stato dell’atto di integrazione del contradittorio ordinata dalla Corte il 1°.x11.2017, nel termine prefissato. [torna…]
[2] Si veda l’art. 44 l. 184 del 1983.