Corte di Cassazione, prima sezione civile, sentenza del 3 novembre 2009, n. 23304

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

 ordinanza

 sul ricorso proposto da: K.A., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. COSSA Maurizio, del Foro di Torino, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI TORINO, in persona del Prefetto

pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del Giudice di Pace di Torino in data 4 luglio 2007, nella causa iscritta al n. 20081/07;

alla presenza del Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale, Dott. RUSSO Rosario Giovanni;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24 giugno 2009 dal relatore, cons. Dott. SCHIRO’ Stefano;

La Corte:

 FATTO E DIRITTO

 A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione comunicata al Pubblico Ministero e notificata all’avvocato del ricorrente:

“IL CONSIGLIERE RELATORE, letti gli atti depositati;

Ritenuto che:

1. K.A., cittadino del (OMISSIS), ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un motivo, avverso il decreto in data 4 luglio 2007, con il quale il Giudice di pace di Torino ha respinto l’opposizione dello straniero al decreto di espulsione emesso il 17 maggio 2007 dal Prefetto di Torino, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b), per essere il ricorrente entrato nel territorio dello Stato italiano nel 2005, omettendo di richiedere il permesso di soggiorno nel termine prescritto, senza che ciò fosse dipeso da causa di forza maggiore, e di presentare la dichiarazione di presenza di cui al D.L. 15 febbraio 2007, n. 10, art. 5, comma 2;

1.1. l’Ufficio intimato non ha svolto difese;

Osserva:

2. il Giudice di pace ha respinto l’opposizione dello straniero, rilevando che la ricorrenza dell’ipotesi prevista dal D.Lgs. n. 286 del 286, art. 13, comma 2, lett. b), comporta automaticamente l’emissione del decreto di espulsione, con esclusione di qualsiasi potere discrezionale del Prefetto al riguardo, e che nella fattispecie non ricorrevano i presupposti per l’applicazione del citato D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1, richiesta dallo straniero in considerazione della propria asserita condizione di omosessualità ;

3. il ricorrente ha censurato il decreto impugnato, denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 19 e 20 e vizio di motivazione; deve però osservarsi che ad un ricorso per cassazione avverso un provvedimento pubblicato, come nella specie, il 4 luglio 2007 devono essere applicate le disposizioni di cui al capo 1^ del D.Lgs. n. 40 del 2006, (in vigore dal 2 marzo 2006) e, per quello che qui rileva, la disposizione contenuta nell’art. 366 bis c.p.c., alla stregua della quale l’illustrazione dei motivi di ricorso, nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3 e 4, deve concludersi, a pena d’inammissibilità, con la formulazione di un esplicito quesito di diritto, non essendo sufficiente che il quesito possa desumersi implicitamente dalla formulazione dei motivi di ricorso, la quale non è idonea a integrare il rispetto del requisito formale specificamente richiesto dalla menzionata disposizione (Cass. S.U. 2007/23732; Cass. 2007/23153);

4. nel caso di specie, il ricorso di cui trattasi appare privo del quesito di diritto, mentre la censura sollevata con riferimento al vizio di motivazione della sentenza impugnata, pur accompagnata, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., comma 2, dalla indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione stessa sarebbe mancante o contraddittoria, appare manifestamente infondato; infatti il decreto impugnato non ha ritenuto apoditticamente, come sostenuto dal ricorrente, che costituisca prova negativa della condizione di omosessualità il solo fatto che lo straniero abbia atteso anni per espatriare, ma con idonea e logica motivazione, ha rilevato che il ricorrente, nel suo atto di opposizione, non ha fatto cenno alcuno a particolari persecuzioni subite, a causa della sua asserita condizione di omosessualità , nel proprio Stato di origine, dove ha vissuto numerosi anni prima di espatriare, ma si è limitato invece a richiamare l’esistenza in detto Stato “di una legislazione che parrebbe punire l’ omosessualità con pene detentive”, traendo la Corte di merito, da tale constatazione, elementi presuntivi per escludere che lo straniero sia stato sottoposto, nel proprio Stato di origine, a persecuzioni in conseguenza della propria condizione personale e che tale condizione possa in concreto rientrare nella previsione normativa di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1;

5. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilevi formulati ai punti 3. e 4., si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;.

B) osservato che il ricorrente non ha depositato memoria e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione;

ritenuto che alla stregua delle suddette argomentazioni il ricorso deve essere rigettato per manifesta infondatezza, mentre nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di cassazione, in quanto l’Ufficio intimato non ha svolto attività difensiva.

 P.Q.M.

 La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 24 giugno 2009.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2009