Tribunale di Udine, sentenza del 28 febbraio 2013

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n° 5138/2011 R.A.C.C. promossa, con atto di citazione notificato il 18.11.2011 crono n. 19803 U.N.E.P. di Udine, da

XX XX, rappr. e difesa dai procc. aw. F. Billotta e M. Florit e domicilio eletto presso il loro studio in Udine, per mandato a margine del ricorso introduttivo,

attrice;

nei confronti di

PUBBLICO MINISTERO, in persona del Procuratore della Repubblica, dotto A. Biancardi,

interveniente necessario;

avente ad oggetto: azione per l’adeguamento caratteri sessuali.

Causa iscritta a ruolo il 13.10.2011 e discussa nella camera di consiglio del 31.01.2013 (conclusioni precisate all’udienza del 5.11.2012)

IN FATTO ED IN DIRITTO

Xx xx nata il xx e nubile, ha svolto azione ex art. 3 della legge n. 164/1982 chiedendo all’intestato tribunale l’autorizzazione all’adeguamento dei suoi caratteri sessuali mediante trattamento medico-chirurgico allegando di essere affetta da disforia di genere fin dalla prima infanzia, aggravatasi durante l’adolescenza e con l’arrivo del menarca, fonte di depressione e di disagio psicologico con ripercussioni anche sul piano scolastico e relazionale e di essere stata per questo seguita dal servizio di neuropsichiatria infantile sin dall’età di sei anni, come risulta dalle numerose relazioni psicologiche e dai referti medici rilasciati da sanitari delle varie ed accreditate strutture pubbliche che l’hanno avuta in cura. E’ stata disposta una ctu collegiale affidata ad uno psichiatra e medico-legale e ad uno psicologo-psicoterapeuta; quest’ultimo, peraltro, già a conoscenza del caso per avere seguito la ricorrente presso il Servizio di Neuropsichiatria infantile dell’ASS n. 4 “Medio Friuli.

La valutazione psicodiagnostica attuale ha dato conferma di quanto affermato ed anche già ampiamente documentato in causa: XX XXX fin dall’infanzia vive una condizione di discrepanza tra l’identità sessuale ed i suoi caratteri sessuali secondari e primari: tale condizione di intensa sofferenza ed un significativo disagio sul piano clinico, sociale e relazionale si è acuita nel corso dell’adolescenza, in particolare in occasione del ciclo mestruale. Vi è una evidente identificazione con il genere maschile che non appare legata a qualche presunto vantaggio culturale derivante dall’eventuale riattribuzione di sesso, ed una forte determinazione alla modifica dei caratteri sessuali, modifica che è iniziata con un trattamento ormonale intrapreso già da tempo e tuttora in corso, e che si esprime in modo tangibile negli abiti, negli atteggiamenti, le compagnie e le scelte professionali. Le prime valutazioni cliniche documentate in causa risalgono al 2008 e sono proseguite negli anni successivi presso specifici centri medici/psicologici. Ad esse si sono accompagnati trattamenti di supporto psicologico e psicoterapeutici. Tutte le indagini sono concordi nel rilevare un disturbo di identità di genere in quanto la ricorrente presenta una identità sessuale maschile. Precisano i CC.TT.UU. che la valutazione psicodiagnostlca attuale non evidenzia affatto psicopatologie o disturbi psichici di interesse clinico che potrebbero in qualche modo incidere o condizionare le tendenze e le relative scelte di XX. L’esame psichiatrico cui è stata sottoposta è risultato negativo, non sono emersi sintomi della serie psicotica (deliri e/o allucinazioni) né chiari sintomi depressivi o d’ansia, non si sono riscontrati neppure deficit di ordine cognitivo. La ragazza appare come una persona sufficientemente dotata dal punto di vista intellettivo, priva di evidenti alterazioni della personalità. Il sentirsi “maschio” in un corpo sbagliato l’accompagna da sempre e vive con sofferenza sincera e consapevole la propria difficoltà, né si dimostra particolarmente impaurita o preoccupata dai possibili interventi chirurgici, dai rischi ad essi connessi e dagli esiti che non sempre si rivelano ottimali e conformi alle aspettative.

Sono stati sentiti dai CC.TT.UU. anche i genitori di XX ed entrambi hanno confermato che fin dall’infanzia ella ha manifestato una netta ed evidente preferenza per l’identità maschile e vani sono stati i tentativi compiuti per indirizzarla verso il sesso biologico. Per questo hanno finito per accettare e comprendere il dramma della figlia, fino a sostenere decisamente anch’essi la scelta riguardo all’intervento di correzione dei caratteri sessuali. Insomma, l’attrice ha dimostrato una consapevolezza certa e profonda di sé come maschio ed un fortissimo disagio non solo nel non vedere confermato il suo “sentire” dai documenti anagrafici, ma anche dal dover vivere le proprie relazioni sociali quotidiane con un corpo femminile che non sente suo.

Anche la sua vita sessuale (desiderio e attrazione) è orientata prevalentemente verso il partner di genere femminile. Si è di fronte quindi ad un caso in cui effettivamente la disforia non è superabile attraverso un semplice adeguamento della propria identità di ruolo, in quanto il benessere psico-fisico della persona può essere garantito solo attraverso una riattribuzione chirurgica ed estetica dei caratteri sessuali primari e secondari che consentirà di armonizzare il vissuto della ricorrente alla propria identità di genere.

Una volta che si è accertato che la ricorrente è pianamente capace di intendere e di volere e che la sua forte determinazione non è in alcun modo inficiata da turbe psichiche ed è ferma ed immutata oramai dall’adolescenza, come anche lo stesso giudice istruttore ha potuto constatare avendo modo di vederla e di sentirla personalmente nel corso delle udienze alle quali ha sempre puntualmente partecipato esprimendo e ribadendo i suoi bisogni, appare chiaro che l’interesse primario da tutelare è il suo diritto alla salute ed alla identità personale e sessuale e che questo può essere garantito solo attraverso l’adeguamento dei caratteri sessuali mediante il richiesto trattamento medico-chirurgico, da autorizzarsi con la presente sentenza. Il lungo percorso psicoterapico seguito con costanza, le terapie ormonali praticate con successo, la forte determinazione espressa e la consapevolezza dimostrata anche in ordine agli effetti irreversibili degli interventi chirurgici cui ha chiesto di sottoporsi ed alle connesse sofferenze fisiche che dovrà affrontare sono sicuramente indici di una sufficiente maturità per assumere una decisione libera ed incondizionata anche in ordine agli interventi chirurgici necessari all’adeguamento dei caratteri sessuali.

Va accolta pertanto la domanda con la quale XX XX ha chiesto al Tribunale l’autorizzazione all’effettuazione dei trattamenti chirurgici necessari all’adeguamento dei caratteri sessuali, in particolare gli interventi di mastectomia, isterectomia, asportazione delle ovaie ed infine di falloplastica.

Il presenta procedimento si chiude necessariamente con una sentenza definitiva che statuisca in tal senso senza possibilità di sospenderlo in attesa di verificare gli esiti dei suindicati trattamenti medico-chirurgici. Un tanto si ricava sia da una interpretazione sistematica delle disposizioni contenute nella legge n. 164/1982 e dal fatto che, in astratto, potrebbe anche accadere che non venga mai instaurato in futuro il successivo procedimento di rettificaz:ione di stato civile previsto all’art. 1 qualora, ad es., il soggetto interessato decida poi di rinunciare all’intervento chirurgico per i più svariati motivi, sia da ragioni di ordine processuale. L’art. 31 del DPR n. 150/2011 è intervenuto, infatti, a modificare la Legge n. 164/1982 stabilendo che le controversie in materia di rettificazione di attribuzione di sesso sono regolate dal rito ordinario di cognizione. Ciò significa che la rettificazione di cui all’art. 1, conseguente all’accertamento dell’effettuazione del trattamento autorizzato, che prima avveniva “in camera di consiglio”, deve ora essere disposta all’esito di un giudizio ordinario che all’evidenza si fonda su presupposti, allegazioni e prove del tutto diverse da quelle necessarie nel giudizio di cui all’art. 3 con tutte le conseguenze in tema di preclusioni e decadenze previste in ordine alla possibilità di proporre di domande nuove e di indicare i mezzi di prova e produzioni documentali ex art. 183 c.p.c.. Qualora si ritenesse che il procedimento sia unico, ma distinto in due fasi ciascuna delle quali si conclude con sentenza, la parte interessata a riassumere il giudizio per la rettificazione di cui all’art. 1 si troverebbe pertanto nell’impossibilità di modificare le originarie allegazioni e di svolgere nuove istanze istruttorie per le decadenze già maturate in tal senso nella prima fase del giudizio.

Nulla per le spese di lite, mentre le spese di CTU restano definitivamente a carico dell’attrice.

P. Q. M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n° 5138/11 R.A.C.C. promossa con atto di citazione notificato il 18.11.2011, da XX XX nei confronti del PUBBLICO MINISTERO, cosi decide:

  1. Autorizza XX XX, nata ad Udine il xxx, ad effettuare i trattamenti chirurgici necessari all’adeguamento dei suoi caratteri sessuali e, in particolare: l’intervento di mastectomia, l’intervento di isterectomia, l’intervento di asportazione delle ovaie ed infine la falloplastica;
  2. Dichiara inammissibile la domanda di rettifica dello stato civile;
  3. Pone definitivamente a carico dell’attrice le spese di CTU.

Così deciso in Udine, nella camera di consiglio del 31.01.2013.

Il presidente

Dott.ssa Marina Iob

il giudice estensore

dott.ssa Anna Fasan