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Il caso della “torta nuziale” arriva alla Corte Suprema. Il punto sul same-sex marriage negli Stati Uniti a due anni dalla sentenza Obergefell

di Angioletta Sperti*

 

Sono trascorsi esattamente due anni dalla storica sentenza Obergefell v Hodges[1] in cui la Corte Suprema degli Stati Uniti ha riconosciuto alle coppie dello stesso sesso la possibilità di contrarre matrimonio in tutto il territorio nazionale. Come si ricorderà, muovendo dalla natura fondamentale del diritto al matrimonio, a prescindere da qualsiasi caratteristica personale degli sposi, la Corte Suprema ha dichiarato incostituzionale la disposizione del Defense of Marriage Act 1996 (DOMA) che ancora consentiva ad alcuni Stati di negare alle coppie dello stesso sesso l’accesso al matrimonio o il riconoscimento dei matrimoni celebrati in altri Stati dell’Unione.

Obergefell – pur rappresentando una storica vittoria dei movimenti LGBT di tutto il mondo – non rappresenta certamente la fine della lotta contro le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale negli Stati Uniti. Lo stesso James Obergefell, in un’audizione al Congresso[2] dopo la sentenza, ha sollecitato il legislatore americano a vigilare poiché – ha dichiarato – “è di importanza cruciale che il diritto costituzionale al matrimonio non venga oggi sminuito”. Il suo appello al Congresso riporta alla memoria la lunga vicenda della lotta contro la segregazione che la Corte Suprema dichiarò incostituzionale in un’altra, storica sentenza del 1954 Brown v Board of Education. A dieci anni dalla pronuncia la segregazione sopravvisse in molti Stati del “profondo Sud” (Arkansas, Alabama, Mississippi) grazie anche alla stessa Corte Suprema che rimise l’attuazione dei principi formulati nel caso Brown alla discrezionalità degli Stati, “with all delibate speed”. Solo l’intervento del Congresso – con il Civil Rights Act del 1964 – pose fine alle resistenze di alcuni Stati, fornendo al governo federale concreti strumenti giuridici (e leve finanziarie) per contrastare la segregazione razziale.

Questo breve commento intende fornire un quadro del seguito giurisprudenziale (e legislativo) della sentenza Obergefell con la sintetica premessa che negli Stati Uniti le resistenze al matrimonio egualitario operano oggi essenzialmente su tre fronti: quello del contrasto all’introduzione – a livello statale – di divieti di discriminazione verso le persone LGBTI; quello della tutela della libertà religiosa, ed infine, su quello dell’obiezione di coscienza.

a) Il contrasto all’introduzione di divieti di discriminazione sull’orientamento sessuale: Una prima forma di “resistenza” ad Obergefell è stata attuata attraverso l’adozione di misure dirette a contrastare la lotta alle discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale a livello locale. Temendo, infatti, che l’orientamento sessuale possa essere qualificato come un fattore vietato di discriminazione (e quindi una suspect classification al pari della razza, del sesso), alcuni Stati hanno adottato provvedimenti normativi che impediscono alle municipalità o ad altri enti pubblici di introdurre nuovi divieti di discriminazione. L’Arkansas, per esempio, ha approvato nel 2015 l’Intrastate Commerce Improvement Act (ICIA) che vieta a qualsiasi città o contea di adottare e far rispettare qualsiasi “ordinance, resolution, rule, or policy that creates a protected classification or prohibits discrimination on a basis not contained in state law.” [3] Dal momento che la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale non è contemplata da alcuna legge statale dell’Arkansas, è evidente che il provvedimento è diretto essenzialmente a contrastare forme di tutela verso la comunità LGBTI. Una recente pronuncia della Corte Suprema dell’Arkansas ha peraltro confermato la legittimità dell’ICIA[4] ed ha ricevuto il plauso del Ministro della Giustizia, l’Attorney General Leslie Rutledge[5]. Se questi provvedimenti dovessero giungere all’esame della Corte Suprema degli Stati Uniti, questa potrebbe giudicarli costituzionalmente illegittimi alla luce dei principi affermati nel caso Romer v Evans,[6] in cui dichiarò incostituzionale un emendamento della Costituzione del Colorado che vietava l’adozione di misure per contrastare la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale.

b) I provvedimenti normativi a tutela della libertà religiosa: Alla vigilia della decisione della Corte Suprema sul caso Obergefell, alcuni Stati hanno adottato provvedimenti normativi volti a salvaguardare la libertà di coscienza dei propri cittadini[7]. Si tratta, in particolare, di provvedimenti che – sul modello dell’omologa legge federale (Religious Freedom Restoration Act (RFRA) 1993), approvata a larga maggioranza dal Congresso sotto la presidenza Clinton – dispongono che anche qualora una legge non incida direttamente sulla libertà religiosa, essa non può introdurre ostacoli eccessivamente gravosi (substantially burden) al diritto dei cittadini di manifestare liberamente il proprio credo religioso. La limitazione sarà, dunque, considerata costituzionale solo laddove essa superi un rigoroso scrutinio (strict scrutiny), ossia rappresenti la misura più restrittiva possibile per perseguire un preminente intesse statale.

Attualmente 22 Stati dell’Unione hanno adottato disposizioni sulla tutela della libertà religiosa e di coscienza dei propri cittadini.[8] Nel complesso i provvedimenti approvati presentano evidenti analogie con l’RFRA federale. Si può richiamare, ad esempio, l’art. 15 della legge dell’lllinois che recita: Free exercise of religion protected. Government may not substantially burden a person’s exercise of religion, even if the burden results from a rule of general applicability, unless it demonstrates that application of the burden to the person (i) is in furtherance of a compelling governmental interest and (ii) is the least restrictive means of furthering that compelling governmental interest.

In alcuni Stati l’adozione di qeuste disposzioni è stato accompagnato da accese proteste. In Indiana, ad esempio, l’allora Governatore (ed attuale vice-Presidente degli Stati Uniti) Mike Pence fu costretto a modificare una iniziale proposta di legge estremamente protettiva della libertà religiosa, introducendo nel testo finale – poi approvato dal legislatore statale – un emendamento in cui si precisava che la legge non avrebbe determinato l’invalidità delle ordinanze già adottate a livello locale al fine di impedire le discriminazioni di genere e sull’orientamento sessuale.

Questi sviluppi legislativi a livello statale devono essere letti anche alla luce di un’importante pronuncia della Corte Suprema del 2014, il caso Hobby Lobby che, come è stato scritto, “pare segnare un innalzamento qualitativo delle istanze che possono … ricondursi alla dimensione collettiva della libertà religiosa”.[9] Molto sinteticamente, in quella pronuncia la Corte Suprema concluse a favore di una società commerciale, i cui titolari si erano rifiutati, a motivo dei propri convincimenti religiosi, di dare applicazione alla riforma sanitaria del Presidente Obama (il Patient Protection and Affordable Care Act) adducendo che la copertura sanitaria per i propri dipendenti includeva anche alcuni metodi contraccettivi volti impedire l’annidamento nell’utero dell’ovulo fecondato. Gli imprenditori – che dichiararono la loro profonda fede cristiana – invocarono a sostegno delle proprie pretese il sopra citato RFTA federale e la libertà religiosa tutelata dal I emendamento.

Nel riconoscere un’esenzione dal rispetto della riforma sanitaria, la Corte Suprema concluse che la legge imponeva all’azienda un substantial burden nell’esercizio della libertà religiosa. La sentenza ha, quindi, esteso l’ambito di applicazione dell’RFTA anche alle persone giuridiche, in particolare a soggetti come le società a scopo di lucro, in contrasto – come sostenuto da autorevole dottrina – con gli stessi intenti del legislatore federale.

I principi formulati in questa pronuncia, letti alla luce del RFTA federale e delle disposizioni statali di analogo tenore, potrebbero quindi essere in futuro invocati da imprese desiderose di non manifestare un implicito sostegno al matrimonio same-sex dei propri dipendenti. E’ dunque possibile che, come già accaduto a livello federale, anche a livello statale si tenti un’interpretazione estensiva delle leggi che ricomprenda tra i soggetti titolari della libertà religiosa anche le imprese commerciali. Proposte in tal senso sono state già avanzate, sia in ambito politico che da organizzazioni religiose.[10] Tuttavia, occorre ricordare che la stessa Corte Suprema ha sin qui chiarito che l’obiezione di coscienza non può essere ammessa laddove essa comporti un danno significativo nei confronti dei soggetti terzi coinvolti[11] e che il datore di lavoro non può imporre il proprio credo religioso ai propri dipendenti.

c) L’obiezione di coscienza al matrimonio egualitario: Nel complesso – in linea con quanto emerge dai contributi del Focus sull’obiezione di coscienza curato da A. Schuster per l’ultimo numero di GenIUS[12] – è lecito ritenere che anche negli Stati Uniti si stia delineando una strategia di opposizione non dissimile da quella già seguita in passato dagli antiabortisti per limitare l’attuazione dei principi formulati dalla Corte Suprema nella sentenza Roe v Wade del 1973. Una volta riconosciuto il diritto delle donne di abortire, la “resistenza” antiabortista si concentrò, infatti, sull’obiezione di coscienza[13] e sui problemi etici posti dal ricorso a specifiche tecniche abortive.[14]

Un primo esempio è rappresentato dall’invocazione dell’obiezione di coscienza al same-sex marriage da parte di titolari di esercizi commerciali. Il fenomeno non è recente poiché inizia a emergere dopo l’introduzione, a livello statale, del matrimonio egualitario. Nel 2006, la Corte Suprema dello Stato del New Mexico affrontò il caso di un fotografo che si era rifiutato di eseguire un servizio fotografico per il matrimonio di una coppia same-sex (Elane Photography v. Willock). Nel 2015, una coppia dello stesso sesso e lo Stato di Washington citarono in giudizio un fioraio che si era rifiutato di realizzare l’allestimento floreale per la cerimonia nuziale (State v. Arlene’s Flowers [15]). In entrambi i casi le Corti hanno concluso a favore delle coppie same-sex, ma occorre sottolineare che a quel tempo sia lo stato del New Mexico che lo stato di Washington non avevano ancora adottato delle leggi a tutela della libertà religiosa sul modello illustrato nel paragrafo precedente.

Particolare attenzione ha poi destato il caso della “torta nuziale”, già commentato da chi scrive per Articolo29.[16] Nel luglio 2015 una Corte dell’Oregon ha condannato un pasticcere che si era rifiutato di confezionare una torta nuziale per il matrimonio di una coppia same-sex, osservando che non solo la torta non aveva alcun valore simbolico ed espressivo, ma che il rifiuto rappresentava un’illegittima discriminazione.

Una simile vicenda si era già verificata nel 2013 nello Stato del Colorado dove la Colorado Civil Rights Commission aveva analogamente concluso a favore di una coppia dello stesso sesso.[17] Tale pronuncia è stata confermata nel 2015 dalla Corte di Appello statale.[18] Il caso (Masterpiece Cakeshop v. Colorado Civil Rights Commission) giunge ora all’esame della Corte Suprema che ha recentemente concesso il certiorari. La pronuncia potrà quindi fare definitiva chiarezza sul conflitto tra libertà di espressione, la libertà religiosa, da un lato, ed il divieto di discriminazione verso le coppie same-sex dopo Obergefell. Il pasticcere, Jack Phillips, infatti, difende il proprio rifiuto di confezionare la torta nuziale professandosi un “cake artist” e sostenendo che sia la libertà nell’arte che la libertà religiosa (entrambe tutelate dal I emendamento della Costituzione federale) prevalgono sulla Colorado anti-discrimination law che gli impone di non discriminare fra i propri clienti. In altri termini, Phillips adduce che il suo rifiuto non è diretto verso le coppie same-sex (alle quali si dichiara, ad esempio, disponibile a fornire altri prodotti), ma piuttosto al messaggio che gli viene chiesto di esprimere attraverso “una creazione artistica” dai contenuti contrastanti con il proprio credo religioso e le proprie convinzioni personali.

Per quanto, invece, attiene al diverso profilo dell’obiezione del pubblico ufficiale, in alcuni Stati l’introduzione del same-sex marriage è stata accompagnata dall’adozione di provvedimenti che consentono ai celebranti di esercitare l’obiezione di coscienza. In Illinois, ad esempio, il Marriage and Dissolution of Marriage Act entrato in vigore nel gennaio 2016 consente ai pubblici ufficiali di rifiutarsi di celebrare matrimoni same-sex [19]. Simili disposizioni sono state adottate anche in North Carolina – dove una legge del 2015 consente ai pubblici ufficiali un rifiuto “based on any sincerely held religious objections” – in Utah (2015) e Mississippi (Religious Liberties Accomodation Act che una District Court ha recentemente giudicato incostituzionale). Il Senato del Texas ha approvato una legge di contenuto simile nell’aprile 2017. In Kentucky, invece – dove aveva assunto notorietà a livello mondiale la vicenda di Kim Davis, la County clerk che si era rifiutata, all’indomani di Obergefell di celebrare i matrimoni same-sex e che era stata per questo condannata a tre giorni di carcere da un giudice federale – tutte le contee attualmente concedono licenze di matrimonio.

d) La sentenza Smith della Corte Suprema. Segnali incoraggianti sono tuttavia giunti dalla Corte Suprema che, nel riformare una pronuncia della Corte Suprema statale, si è pronunciata pochi giorni fa a favore di due coppie di donne alle quali l’Arkansas Department of Health aveva negato la menzione delle madri non biologiche sui certificati di nascita dei figli nati da inseminazione artificiale da donatore anonimo. La sentenza, Pavan v. Smith,[20] è un summary reversal ed è – come accade perlopiù accade in questo tipo di giudizi “sommari”- qualificata dalla stessa Corte Suprema come una decisione per curiam, ossia una pronuncia in cui l’opinion of the Court non viene stesa da uno dei giudici della Corte, ma appare emessa in nome della Corte, in quanto avente ad oggetto una questione non controversa.[21]

Nel ribadire che le coppie dello stesso sesso godono del diritto al matrimonio “on the same terms and conditions as opposite-sex couples”, la Corte Supreme conclude in Pavan che la Corte Suprema dell’Arkansas ha contraddetto l’intento di Obergefell di garantire loro “the constellation of benefits that the States have linked to marriage”. La Corte Suprema sottolinea in particolare che Obergefell ha vietato ogni disparità di trattamento tra coppie dello stesso sesso e coppie di sesso diverso e che la equiparazione riguarda non solo il “i diritti, i benefici e i doveri” che conseguono al matrimonio, ma anche “i certificati di nascita e di morte”. Si tratta di una questione che – precisa la Corte – fu presa espressamente in considerazione nella decisione del caso Obergefell, in cui una delle coppie aveva denunciato l’impossibilità di ottenere il riconoscimento del legame dei propri figli con il genitore sociale. La Corte Suprema conclude, dunque, che poiché lo Stato dell’Arkansas ha accettato di dissociare il rapporto di filiazione dal legame biologico per le coppie di sesso diverso che abbiano fatto ricorso all’inseminazione eterologa, non può negare la stessa tutela nel coppie dello stesso sesso.

L’oggetto della questione è, dunque, molto diverso da quello oggetto nel caso della torta nuziale su cui si attende un prossimo pronunciamento, ma entrambi rappresentano una chiara indicazione della volontà della Corte Suprema di chiarire la portata della decisione del 2015. La strada verso la piena eguaglianza è stata tracciata, ma ora spetta alla Corte Suprema vigilare affinché essa sia correttamente percorsa.

* Professoressa Associata di Diritto Pubblico Comparato, Università di Pisa.

[1] Obergefell v. Hodges, 35 S. Ct. 2584 (2015). La sentenza è stata pubblicata da Articolo29 in traduzione italiana curata dall’Avv. R. De Felice (https://www.articolo29.it/2015/decisione-mimportante-traduzione-italiana-sentenza-americana).Per un quadro dei contenuti della pronuncia rinvio ad un mio breve commento a prima lettura (https://www.articolo29.it/2015/pronuncia-storica-corte-suprema-riconosce-diritto-matrimonio-same-sex-in-tutti-gli-dellunione-2/) ed al Focus pubblicato sul fascicolo 2/2015 di GenIUS (https://www.articolo29.it/genius/).

[2] Il testo scritto dell’audizione è reperibile al sito www.aclu.org/sites/default/files/field_document/07-12 16_statement_of_jim_obergefell_for_fada_hearing.pdf

[3] S.B. 202, § 14-1-403, 90th Gen. Assemb., Reg. Sess. (Ark. 2015).

[4] Protect Fayetteville v. City of Fayetteville, 23 febbraio 2017 (http://opinions.aoc.arkansas.gov/WebLink8/0/doc/360993/Electronic.aspx).

[5] Arkansas Supreme Court strikes city’s LGBT protections, 23 febbraio 2017 (www.cbsnews.com/news/arkansas-supreme-court-strikes-lgbt-protections-fayetteville/).

[6] Romer v. Evans, 517 U.S. 620 (1996).

[7] S.B. 202, 90th Gen. Assemb., Reg. Sess. (Ark. 2015); H.B. 1632, 119th Gen. Assemb., Reg. Sess. (Ind. 2015)

[8] Alabama, Arizona, Connecticut, Florida, Georgia; Idaho; Illinois; Indiana; Kansas; Luisiana; Michigan; Mississippi; Montana; New Mexico; Oklahoma; Pennsylvania; Rhode Island; South Carolina; Tennessee; Texas; Virginia; Wyoming.

[9] G. D’Angelo, Libertà religiosa e diritto giurisprudenziale. L’esperienza statunitense, Giappichelli, p. 137.

[10] Si v. ad esempio, V. Bradley, The Implications of Extending Marriage Benefits to Same-Sex Couples, PUB. DISCOURSE (Feb. 22, 2015), http://www .thepublicdiscourse.com/2015/02/14522 [http://perma.cc/EM2Z-L6N8

[11] In Hobby Lobby, invece, la questione relativa al danno nei confronti dei soggetti terzi (le donne che chiedevano che la propria copertura sanitaria comprendesse gli anticoncezionali) fu risolta dalla Corte Surpema prevedendo che la copertura sanitaria dovesse comprendere i contraccettivi non considerati “peccaminosi” dal datore di lavoro.

[12] Si v. sul numero 1/2017 di GenIUS (https://www.articolo29.it/wp-content/uploads/2017/07/genius-2017-01.pdf), in particolare il Focus: Coscienza, religione e discriminazione, con contributi di A. Schuster, F. Grandi, R. Toniatti, A. Yiannaros, L. Calafà.

[13] Sul tema ampiamente, R. Fretwell Wilson, Matters of Conscience: Lessons for Same-Sex Marriage from the Healthcare Context, in D. Laycock (ed.), Same-sex marriage and religious liberty: emerging conflicts, Rowman & Littlefield Publishers, 2008.

[14] Si v. a riguardo A. Sperti, La Corte Suprema ritorna sul tema dell’aborto, in Riv. Dir. Civ., 2001, p. 525 ss.

[15] No. 13-2-00871-5, 2015 WL 720213 (Wash. Super. Ct. Feb. 18, 2015).

[16] A. Sperti, Libertà di coscienza, libertà di impresa e divieto di discriminazione nel recente “caso della torta nuziale” (https://www.articolo29.it/2015/liberta-di-coscienza-liberta-di-impresa-e-divieto-di-discriminazione-nel-recente-caso-della-torta-nuziale/#more-10779).

[17] Craig v. Masterpiece Cakeshop, Inc., No. CR 2013-0008 (Colo. Civ. Comm’n, Dec. 6, 2013) .

[18] Craig and Mullins v. Masterpiece Cakeshop, Inc. 2015 COA 115 (http://www.scotusblog.com/wp-content/uploads/2016/08/16-111-op-bel-colo-app.pdf).

[19] “Nothing in this Act shall be construed to require any religious denomination or any minister, clergy, or officiant acting as a representative of a religious denomination to solemnize any marriage.”

[20] Pavan v. Smith, 26 giugno 2017 (https://www.supremecourt.gov/opinions/16pdf/16-992_868c.pdf).

[21] La decisione è infatti un summary reversal che viene in genere utilizzato quando “the law is settled and stable, the facts are not in dispute, and the decision below is clearly in error”. Ciò non esclude che, come nel caso di specie, vi siano giudici dissenzienti.