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Il nuovo “sì” del Tribunale di Grosseto

semaforo-verdeCon  decisione del 17 febbraio 2015 pubblicata in data odierna, il Tribunale di Grosseto torna ad affermare, con una più ampia motivazione,  la necessità della trascrizione dei matrimoni celebrati all’estero da persone dello stesso sesso.

Il Tribunale di Grosseto, con decisione del 17 febbraio 2015 pubblicata in data odierna, in seguito al rinvio da parte della Corte d’appello di Firenze che aveva annullato il primo decreto del tribunale maremmano per mere ragioni procedurali, torna ad affermare la legittimità della trascrizione dei matrimoni contratti da persone dello stesso sesso all’estero. La nuova decisione del tribunale di Grosseto si distingue, tuttavia, dalla prima decisione per una più ampia motivazione, con dovizia di riferimenti alla giurisprudenza nazionale e, soprattutto, ai principi espressi dalla Corte europea dei diritti umani.
L’argomentazione del tribunale prende l’avvio dal rilievo «che l’intrascrivibilità degli atti stranieri costituisce un’eccezione e che, dunque, non può che essere interpretata restrittivamente, in particolar modo quando gli atti o provvedimenti incidano sullo status o sulla capacità delle persone, stante la necessità di garantire la più ampia circolazione degli stessi al di là dei confini entro i quali si sono formati i relativi atti o provvedimenti».
Osserva, quindi, il Collegio che l’Italia partecipa di un sistema ordinamentale multilivello che impone di considerare la normativa nazionale anche alla luce dei principi espressi dalla Corte europea dei diritti umani.
Da una ricostruzione del quadro normativo interno, il tribunale desume «che non sussistono norme del nostro ordinamento che consentono di concludere per la sussistenza di un divieto ne implicito nè esplicito (di matrimonio ndr) tra persone dello stesso sesso».
Di particolare rilievo, con riguardo all’interpretazione dell’articolo 29 della Costituzione, appare l’argomentazione del Collegio per cui la locuzione «”società naturale” non può ritenersi certamente riferita a medievali e discriminatorie concezioni secondo cui l’unione omosessuale sarebbe “contro natura” o secondo cui i diritti di famiglia possano essere riconosciuti soltanto a coniugi astrattamente idonei alla procreazione, ma va correttamente intesa come “formazione sociale spontanea” (ed in questo senso dunque naturale)», formalmente suggellata dal matrimonio che attribuisce rilevanza sociale giuridica alla detta “società naturale”.
Con riguardo all’indirizzo della Corte costituzionale italiana che, come noto, ha espresso un orientamento del tutto eccentrico rispetto alle altre corti costituzionali dei Paesi con civiltà giuridica affine alla nostra, assumendo che – nonostante la carenza di qualsiasi indizio letterale – l’articolo 29 presupponga una sorta di paradigma eterosessuale del matrimonio, il tribunale nella motivazione del provvedimento evidenzia che «non ignora questo Collegio quelle letture storiche della norma costituzionale che ritengono implicitamente richiamato il modello di matrimonio eterosessuale del preesistente codice civile (fatte proprie da ultimo anche da C. Cost. 170/2014), ciononostante ritiene che nemmeno nell’interpretazione più restrittiva» e fatta salva una «una auspicabile interpretazione evolutiva, possa ritenersi che tale norma impedisca il riconoscimento nel nostro ordinamento del matrimonio celebrato tra persone appartenenti al medesimo genere».
Ritenuto, quindi, che l’argomento relativo all’inesistenza sia certamente superato in seguito al revirement della Corte di cassazione con la nota sentenza n. 4184/2012, osservato che «nel nostro ordinamento interno alcuna norma prevede che l’appartenenza al medesimo genere di entrambi i coniugi costituisca un impedimento al matrimonio» ed esclusa la contrarietà all’ordine pubblico internazionale (aggiungiamo noi: come esplicitamente rilevato dalla Corte di cassazione nella recentissima sentenza n. 2400/2015), il tribunale ritiene che non esista alcuna preclusione alla trascrizione dell’atto celebrato all’estero. Ritiene, infatti, il tribunale toscano che il rifiuto di trascrizione configurerebbe una discriminazione basata sull’orientamento sessuale, la quale è vietata dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo se non sussista uno scopo legittimo e se non vi sia un ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito, scopo e proporzionalità che nella specie vengono esclusi. Il tribunale richiama dunque la giurisprudenza della Corte di Strasburgo che «con riferimento al mancato riconoscimento dello status personale ha chiarito che affinché il rifiuto di riconoscere un atto riguardante lo status acquisito all’estero sia legittimo deve rispondere ad un imperativo sociale e deve essere proporzionato allo scopo che si propone di raggiungere», concludendo per la trascrivibilità dell’atto.
Interessante appare, in particolare, il rilievo dei giudici toscani per cui, pure riconoscendo la competenza del legislatore a provvedere in ordine alle forme di tutela necessaria per le coppie formate da persone dello stesso sesso, scegliendo tra l’opzione del matrimonio e quella delle unioni civili, sussiste comunque uno specifico obbligo dei giudici a dare risposta alle domande di giustizia inerenti ai diritti fondamentali, anche in assenza di una normativa: «il compito di questo Tribunale è però diverso, in quanto deve decidere se il rifiuto dell’ufficiale dello stato civile di trascrivere il matrimonio tra due persone stesso sesso (…) sia legittimo alla luce del quadro normativo richiamato che non può evidentemente demandare la tutela di situazioni giuridiche soggettive a possibili interventi legislativi».
Da sottolineare, peraltro, la notazione del tribunale per cui «l’atto deve essere tenuto distinto dal rapporto», per cui nella specie deve essere ammesso il «riconoscimento di uno status acquisito validamente all’estero che l’individuo ha diritto a vedersi riconosciuto in quanto tale, a prescindere da ogni ulteriore considerazione sul fatto che da questo diritto possano sorgere un complesso di diritti e doveri che costituiscono appunto il rapporto».
Di rilievo, da ultimo, l’affermazione univoca del tribunale per cui le persone componenti coppie dello stesso sesso hanno «diritto a vedersi riconosciuti come parte di una medesima famiglia» con la sottolineatura che «sulle inclusione delle unioni omosessuali in tale realtà giuridico-sociale non possono più aversi dubbi».

SI RINGRAZIA lo studio legale avv. Claudio Boccini e Avv. Irene Andolfi per la segnalazione del provvedimento. I nomi delle parti non sono stati eliminati per volontà degli interssati.