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Pistoia e Milano: inammissibili i ricorsi delle Procure per i bambini con due mamme

di Giulia Barbato

Pubblichiamo i decreti del Tribunale di Pistoia del 7 ottobre 2022 e del Tribunale di Milano del 4 maggio 2023, accomunati dalla medesima dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi ex art. 95 d.p.r. n. 396 del 2000 proposti dalle relative Procure, aventi ad oggetto la richiesta di rettifica dell’atto di nascita indicante anche la madre intenzionale quale genitore dei bambini, in luogo della sola madre biologica.

Le vicende oggetto dei provvedimenti in esame sono speculari, afferendo a minori nati in Italia da un progetto di genitorialità condiviso da due donne, realizzato facendo ricorso alla PMA all’estero, i cui atti di nascita riportavano quali genitori dei nati la madre naturale e, in virtù di una successiva annotazione, la madre d’affetto.

Tali provvedimenti appaiono di particolare interesse perché sono connotati da un analogo iter argomentativo a sostegno dell’inidoneità del ricorso di cui all’ art. 95 DPR 396/2000 per ottenere l’annullamento della trascrizione nei registri dello Stato civile dell’atto di riconoscimento del minore da parte della madre sociale.

A tal fine, infatti, in ambedue i giudizi il Procuratore presso il Tribunale di riferimento aveva agito con questo tipo di ricorso – cui aveva aderito il Ministero dell’Interno -, sostenendo la contrarietà al nostro ordinamento della redazione di un atto di nascita in cui risultano genitori due madri.

 Tuttavia, in entrambe le decisioni, il giudice di prime cure asserisce la non accoglibilità della domanda di rettificazione poiché, in realtà, ha ad oggetto una questione di stato, essendo volta ad ottenere la rimozione dello status filiationis di un minore nei confronti della madre sociale.

Viene sottolineata dal giudice di merito l’inidoneità del procedimento di rettificazione – strutturalmente funzionale all’attività pubblicitaria dei registri dello stato civile – ad essere eletto per risolvere una questione di stato, la quale, al contrario, richiede – come affermato dalle Sezioni Unite nella decisione n. 12193/2019 – una procedura complessa, a cognizione piena, nel contraddittorio delle parti, in un giudizio contenzioso riguardante lo status filiationis, che si conclude con  una pronuncia costitutiva.

Al riguardo il Tribunale di Pistoia evidenzia che “l[L]e contestazioni dello status filiationis nel nostro ordinamento sono disciplinate da azioni tipizzate [….], che costituiscono un numero chiuso”, risultando l’impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità – come già chiarito dalla Corte costituzionale nella pronuncia n. 272/2017 – “l’unica azione disciplinata dall’ordinamento italiano concretamente applicabile per contestare la sussistenza del legame di filiazione tra i genitori d’intenzione che hanno riconosciuto il figlio nelle forme di cui all’art. 254 c.c. ed il figlio nato da procreazione medicalmente assistita”(così p. 3).

Infatti il Tribunale pistoiese sottolinea come per rimuovere la divergenza tra la realtà del fatto e la sua riproduzione nell’atto di nascita sia necessario, preliminarmente, elidere lo status filiationis già acquisito dal minore fin dal momento del riconoscimento da parte del genitore intenzionale, che si è rafforzato nel tempo contribuendo a costruire l’identità personale del bambino.

A parere del medesimo giudice, proprio in funzione della salvaguardia dell’identità personale devono considerarsi prevalenti la garanzia della certezza di detto status e la tutela dell’interesse del minore alla stabilità del rapporto di filiazione rispetto al favor veritatis, in linea con le disposizioni introdotte dalla riforma della filiazione del biennio 2012/2013, in forza delle quali le azioni di stato sono imprescrittibili solo per il figlio, sussistendo, al contrario, stringenti termini decadenziali per la loro esperibilità da parte dei genitori o degli altri soggetti legittimati.

Muovendo da siffatte osservazioni, il Collegio toscano ha dichiarato inammissibile il ricorso ex art. 95 d.p.r. n. 396 del 2000 proposto dal PM, in quanto non riguardante la mera rettifica di atti di stato civile, ma lo stato di figlia della minore nei confronti della madre d’affetto, “con inevitabili ripercussioni sull’identità personale della bambina che da oltre quattro anni si riconosce ed è riconosciuta dalla società e dalle istituzioni statali” (così p. 5) come figlia oltre che della madre biologica anche della madre d’intenzione e che, in base a tale situazione, non solo di fatto ma anche di diritto, ha formato la sua identità come figlia di entrambe le donne.

Il Tribunale meneghino, ponendosi sul punto sulla stessa linea ermeneutica del Tribunale di Pistoia, afferma che la richiesta formulata dal PM “si sostanzia in una questione avente ad oggetto lo status filiationis che impone – quanto alla sua rimozione – il ricorso ai tipici procedimenti–azioni di stato – previste dal nostro ordinamento allorché si proponga una domanda diretta alla demolizione dello status di figlio” (così p. 5). In particolare, a parere di detto giudice, dato l’oggetto della contestazione mossa dalla Procura, il rimedio da utilizzare è quello previsto dall’art. 263 c.c., ossia l’impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità.

In aggiunta il giudice di Milano ricorda come da un lato la dichiarazione di nascita resa all’Ufficiale dello Stato Civile costituisca “un accertamento di grado intermedio”, superabile “soltanto da un titolo di grado maggiore, da una sentenza resa in un giudizio di stato”; dall’altro l’attività dell’Ufficiale dello stato civile si limita a recepire tale dichiarazione “e a formare l’atto o a trascriverlo o a effettuare l’annotazione” (così p. 9).  Conseguentemente quest’ultima attività non ha un’efficacia costitutiva, acquistando però ex lege l’atto formato “una forma di ‘pubblicità’ tale per cui lo status che da esso risulta può essere contestato solo esercitando in giudizio una delle azioni di stato tipiche” (così p. 9).

Dunque, a parere del Collegio milanese, relativamente alla fattispecie sottoposta al suo esame “il riconoscimento del minore, effettuato successivamente alla sua nascita, con la dichiarazione resa all’Ufficiale dello Stato Civile ai sensi dell’art. 254 c.c., ha determinato quell’accertamento di grado intermedio da cui è sorto il rapporto di filiazione del bambino” (così p. 9). A detta del medesimo giudice “l[L]o status di figlio è infatti provato dal suo atto di nascita ove il riconoscimento è trascritto e non potrà essere superato se non da un accertamento di grado superiore, ossia con una tipica azione di stato” (così p. 9).

Pertanto anche il Tribunale meneghino dichiara inammissibile il ricorso de quo.