Articoli taggati con Cirinnà

Un buco nel cuore. L’adozione coparentale dopo il voto del Senato

2014-12-29 23.21.34di Angelo Schillaci*

1. Il faticoso compromesso che ha portato all’approvazione – con voto di fiducia – del disegno di legge AS 2081 da parte del Senato della Repubblica il 25 febbraio 2016, ha comportato il sacrificio del suo art. 5. Tale disposizione estendeva alle parti di una unione civile tra persone dello stesso – attraverso la modifica dell’art. 44, lett. b), della legge n. 184/83 – la possibilità di chiedere l’adozione del figlio biologico o adottivo dell’altra parte, così garantendo al bambino la stabilità e la certezza giuridica del rapporto con il cd. genitore sociale.

Si sarebbe trattato – è bene ricordarlo – di una tutela solo parziale, di un primo passo verso l’uguaglianza tra tutti i figli, indipendentemente dal tipo di famiglia in cui crescano. L’adozione coparentale, infatti, presenta differenze significative, sul piano degli effetti, rispetto all’adozione piena di cui al Titolo II della stessa legge: mentre quest’ultima, infatti, comporta che si stabilisca una relazione giuridica anche tra l’adottato e la famiglia dell’adottante, gli effetti dell’adozione coparentale sono limitati alla relazione tra adottante e adottato.

E tuttavia, il legislatore non è riuscito a completare l’operazione di riconoscimento e tutela della vita familiare omosessuale, lasciando fuori dal testo della legge – seppure, come vedremo, solo parzialmente – il profilo dei rapporti genitoriali.

Al di là delle valutazioni politiche, devono essere sottolineate alcune implicazioni di carattere culturale, che una simile scelta di riconoscimento solo parziale comporta. Queste sono state richiamate, con efficacia, anche in Aula: si è sostenuto, in modo particolare, che la scelta di stralciare il profilo delle adozioni nasconda “una logica ed un approccio culturale che intende negare l’istanza morale che c’è, che può esserci, nella domanda di unione civile, che mira a neutralizzare il valore sociale ed etico di quella stessa unione civile e a ridurla a un mero contratto privato”. Sullo sfondo del riconoscimento delle unioni civili pulsa, in altre parole, “un’altra grande questione, ancora più importante e delicata […] la questione della dignità della persona e della persona omosessuale” e “la dignità non è, non può essere, parziale, intermittente e dimidiata […] la dignità o è o non è” (così il Sen. Luigi Manconi, con la dichiarazione di voto in dissenso dal gruppo con la quale ha annunciato la non partecipazione al voto di fiducia, 25 febbraio 2016). Una dignità – quella delle persone omosessuali e delle loro famiglie – che passa anche attraverso (more…)

Cosa c’è nella legge sulle unioni civili: una prima guida

2015-02-15 19.26.36di Marco Gattuso*

 

Ecco il “Maxiemendamento”.
Con il voto di fiducia di oggi si chiude di fatto questo lungo e travagliato iter della legge Cirinnà. Salvo imprevisti (che la politica italiana non ci ha fatto mancare..) l’approvazione anche dell’altra Camera dovrebbe essere, di fatto, scontata.
È stato un percorso complicato e pieno di ostacoli. Questo portale non è la sede giusta per commentare i controversi passaggi politici delle ultime settimane. É, invece, la sede idonea per analizzare il testo della legge, per constatare come il testo contenga alcune cose davvero inaccettabili, altre meno rilevanti, altre addirittura risibili.

1. In primo luogo.

É inaccettabile che nel 2016, undici anni dopo la legge Zapatero e dopo quel che è successo in tutto il mondo occidentale, in parlamenti a noi vicini come quelli di Londra e Parigi, dopo la sentenza della Corte suprema americana, dopo il referendum irlandese, e tante altre vicende che abbiamo avuto modo di seguire e commentare in questo sito, una classe politica che non possiamo non definire provinciale e, almeno in parte, bigotta, non abbia posto fine alla discriminazione matrimoniale nei confronti della minoranza omosessuale.
È davvero inaccettabile, soprattutto, che la mancanza di volontà e capacità politica sia stata nascosta dietro l’alibi di insussistenti vincoli costituzionali. La Costituzione italiana, la Costituzione antifascista, non ha nulla di meno di quella spagnola, di quella francese o di qualsiasi altro Paese occidentale ed avrebbe consentito (e, ad avviso di scrive, avrebbe anzi imposto) di assicurare piena uguaglianza.
É ancora depositata in Senato una legge semplice, di poche righe, intitolata “Norme contro la discriminazione matrimoniale”. É una legge di poche parole. Perché quando le cose sono giuste e razionali, spesso sono anche semplici.
É stata prodotta, invece, una legge lunga, cavillosa, prolissa, complicata, che assicura alle coppie gay e lesbiche tutti i diritti del matrimonio ma di fatto prosegue nella strada del cd “separate but equal“.
Questa legge non appaga le istanze di uguaglianza. Non ci porta nel novero dei Paesi più civili.
Se qualcosa di buono è comunque accaduto, sta nel rianimarsi del movimento per i diritti civili, nella crescita della consapevolezza -nel Paese, nell’opinione pubblica, nel mondo accademico, nei tribunali, nella classe forense, e, soprattutto, nelle stesse persone omosessuali- della necessità di proseguire in fretta il viaggio verso la piena uguaglianza.
Credo che di questo ci avvedremo presto nella vita d’ogni giorno, nelle piazze ed anche nelle sentenze dei nostri giudici.

2. In secondo luogo.

È del tutto inaccettabile che in un Paese democratico e che si richiama ai valori occidentali non sia stato possibile mettere nero su bianco il principio del diritto dei bambini al riconoscimento giuridico della relazione con i propri genitori.
Non è stato possibile confermare una cosa così banale come la necessità di tutelare il superiore interesse dei bambini, di tutti i bambini, anche quelli con due mamme e due papà.
Il nostro portale si é battuto per questo, e la risposta al nostro appello, strabiliante per la qualità delle adesioni, prima ancora che per la quantità, ci ha confermato quanto tale esigenza sia ormai un dato del tutto acquisto nella parte più colta ed informata del Paese.
Si trattava, come abbiamo detto, di una “garanzia minima”. Sarebbe stato molto (more…)

Vagiti e manette. L’emendamento Dalla Zuanna: una proposta tecnicamente irricevibile

2015-02-15 19.46.18Prima di ucciderlo ne facciamo uno di noi
Non possiamo tollerare che un pensiero sbagliato
esista in una parte qualsiasi del mondo,
per quanto innocuo e recondito possa essere.
Non possiamo permettere alcuna deviazione,
nemmeno in punto di morte

G. Orwell

 

 di Luca Morassutto*

 

Introduzione

Il d.d.l. n. 2081/2015, approdato all’aula del Senato, si appresta ad essere votato e, sin da subito, è apparso chiaro che lo scontro più cruento si sarebbe combattuto sul terreno dell’art. 5 e l’istituto della stepchild adoption. Proprio in relazione alla possibilità che due persone dello stesso sesso possano formare una famiglia si sono levate le ire di esponenti del Governo[1], ridotti poi a più miti consigli da una sana realpolitik[2], aprendosi così alla possibilità del riconoscimento giuridico delle coppie same sex a patto che venisse stralciato proprio quell’art. 5 del d.d.l. Cirinnà che porterebbe all’adozione del figlio del partner e qualsivoglia riferimento al matrimonio. Tutto questo mentre in Portogallo il Parlamento ha approvato l’adozione anche per le coppie same sex, quindi un provvedimento normativo ben più pregnante dell’adozione del figlio del coniuge. Vale la pena osservare che in ordinamenti giuridici affini, già oggi, le coppie dello stesso sesso possono accedere all’adozione di minori. Lo fanno nella cattolicissima Spagna, per l’appunto in Portogallo; nella “figlia prediletta della Chiesa” – così sin dai tempi di Clodoveo I – la Francia; ma anche in Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Svezia, Norvegia, Danimarca, Austria, Islanda, Malta, Stati Uniti, Canada, Messico, Argentina, Brasile, Uruguay, Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda. Altri Stati hanno avuto un approccio più timido optando per la stepchild adoption, pensiamo in tal senso a Germania, Finlandia e Groenlandia.

Nel novero degli intenzionati a frustrare i disegni di genitorialità delle persone omosessuali non si iscrive solo il fronte di coloro che vorrebbero lo stralcio dell’art. 5 del d.d.l. 2981/2015 o meglio del disegno intero, ma anche chi si spinge oltre e ritiene di dover porre in combinato disposto il d.d.l. Cirinnà e l’art. 12 della l. 40/04. Si fa in tal senso precipuo riferimento all’emendamento n. 4.0.6000, presentato dal Senatore Dalla Zuanna, appartenente al Partito democratico, volto ad introdurre un art. 4 bis nell’impianto normativo. Come dichiarato dal Senatore, primo firmatario dell’emendamento: “a noi spetta il difficile compito di tenere sullo sfondo le nostre convinzioni personali, interpretando la sensibilità del Paese approvando una legge che non contrasti con il pronunciamento della Consulta e contemperando le aspirazioni di tutti i soggetti coinvolti, partendo da quelli più deboli che, come ha ricordato Monica Cirinnà, non hanno voce e possono parlare solo attraverso di noi. Fra questi soggetti deboli, non possiamo dimenticare le donne che accettano di fare da gestanti per altri..”[3] (more…)

Il Sillabo delle Unioni Civili: giudici, etica di stato, obblighi internazionali dell’Italia

2015-02-09 00.36.45

Taluno ha affermato – su sponde opposte (è noto che anche nel movimento LGBTI vi è chi contesta in radice il disegno di legge) – che le unioni civili non sarebbero urgenti, e neppure necessarie; secondo l’Autore, invece, sono in effetti urgentissime ed indispensabili, nel senso di costituzionalmente necessarie ed imposte al nostro Paese dalla Corte europea dei diritti umani. Con una analisi stringente ed a volte pungente, l’Autore critica tuttavia un legislatore “pasticcione” (o forse in mala fede), che ha introdotto la definizione di “formazione sociale specifica” col conclamato proposito di confinare le unioni civili al di fuori della famiglia, senza avere piena consapevolezza che é invece certo che si tratti di famiglie, almeno ove voglia rispettarsi il buon senso ed una concezione pluralistica della nozione di famiglia\famiglie, non contraria all’art. 29 Cost. e non contraddetta dalla stessa Corte Costituzionale. Il legislatore mostra “tutto il suo imbarazzo, o – se si vuole – i condizionamenti cui è sottoposto”, nel tentativo disperato di differenziare il nuovo istituto dal matrimonio, “ricordando un po’ l’imbrattatele che ricoprì le pudenda dei personaggi del giudizio universale di Michelangelo”. Nel contributo sono esposti quindi in dettaglio gli aspetti che appaiono meno convincenti o che rappresentano addirittura ingenui tentativi diretti a differenziare i due istituti, infine rimarcando, tuttavia, come sui due punti oggi più controversi (pensione di reversibilità e filiazione), “molto opportunamente” sia prevista l’applicabilità alle parti dell’unione civile di ogni altra disposizione fuori dal codice civile (che consentirà, quindi, fra l’altro l’estensione dei benefici previdenziali e dunque anche la pensione di reversibilità) e come “la previsione della adozione del figlio del partner – nella sua timidezza – appaia del tutto minimale e ragionevole”, tenendo semplicemente conto dell’interesse di quel minore che, essendo inserito (talora dalla nascita) nella famiglia del genitore biologico, ha instaurato uno stretto legame affettivo con il partner di quest’ultimo. Non mette invece conto “approfondire le proposte, avanzate in sede parlamentare, a quanto consta, di introduzione (in luogo di una pur tanto blanda forma di adozione) di una strana forma di affidamento temporaneo (ma prorogabile fino alla maggiore età) dei figli del partner dello stesso sesso, poiché si tratterebbe, se introdotta, della sublimazione della insipienza giuridica, abbinata alla ipocrisia più conclamata”.

di Geremia Casaburi*

Premessa

I media, pressoché quotidianamente, stanno seguendo le tribolate vicende del, o piuttosto dei, disegni di legge sulla disciplina delle unioni civili tra persone dello stesso sesso (e qui avverto i lettori che da questo lavoro sono bandite le risibili espressioni anglo-esotiche, che stanno infestando la materia, come del resto altri ambiti giuridici. Oltretutto siamo nell’anno centenario del padre Dante).

Francamente non sono del tutto convinto che, almeno in temi brevi, avremo un risultato utile e definitivo, una legge pubblicata in Gazzetta Ufficiale; o almeno ho forti dubbi che il testo finale corrisponderà a quello, o a quelli, che ora circolano (la montagna potrebbe partorire il tipico topolino italiano). La situazione politica italiana è quella che è, e le forze contrarie a questa o a qualunque disciplina normativa sono fortissime; non si tratta però dei soliti poteri occulti, ma – almeno in primo luogo – di un Potere notissimo, quello che ha la casa madre oltre il Tevere, sotto il cupolone michelangiolesco (non senza improbabili alleati nel campo opposto, da parte di chi pretende tutto, e subito).

Ho perciò richiamato, nel titolo, il Sillabo, ben noto e caro a quegli ambienti. Solo che il primo, e ben più autorevole testo, prendeva di mira, segnalandone gli “errori”, tutti i profili della modernità (libertà di coscienza, laicismo, democrazia ecc.); io ho l’ambizione, più modesta, di muovere da un esame tecnico- giuridico dell’ultimo testo noto del disegno di legge, del (more…)

Le parole, la politica, il diritto: cambia davvero qualcosa con l’approvazione dell’emendamento Fattorini?

 chessdi Angelo Schillaci*

Con l’approvazione, nella seduta del 2 settembre, dell’emendamento che qualifica l’unione civile tra persone dello stesso sesso come “specifica formazione sociale” ai sensi dell’art. 2 Cost., torna ad accendersi il dibattito sull’iter di approvazione del disegno di legge in discussione al Senato, con particolare riguardo al nodo centrale dei rapporti tra unione civile e matrimonio.
E’ necessario, anzitutto, distinguere il piano politico da quello tecnico.
Sul piano politico, l’emendamento oggi approvato sembra segnare – è difficile negarlo – un certo arretramento, fondamentalmente sul piano simbolico e culturale, rispetto a talune aspettative che si sono andate via via formando attorno al disegno di legge, comunque percepito – da buona parte della comunità omosessuale, ma anche da significativi settori del Partito democratico – come un passaggio soltanto intermedio, di approssimazione alla piena pari dignità sociale delle coppie omosessuali, che potrà essere garantita solo con il raggiungimento dell’obiettivo del matrimonio cd. egualitario.
Sul piano giuridico, invece, la preoccupazione riguarda la qualità del testo normativo, e l’effettiva portata delle tutele riconosciute, specie se, come sembra (ma lo scenario è molto incerto e gli equilibri molto delicati), l’emendamento approvato oggi sarebbe solo il primo di una serie di interventi volti ad approfondire la distanza tra l’unione civile ed il matrimonio.
In particolare, sarebbero allo studio – ma, lo si ripete, il condizionale è d’obbligo – ipotesi di ulteriori emendamenti al testo, volti a rimarcare la distinzione tra l’istituto dell’unione civile ed il matrimonio, attraverso l’eliminazione di alcuni dei rinvii a puntuali disposizioni del codice civile contenuti nel testo, e la loro sostituzione con l’enunciazione espressa dei diritti e dei doveri riconosciuti all’unione civile. Tali emendamenti – ove effettivamente presentati – si aggiungerebbero a quello approvato il 2 settembre, con l’intento di accentuare l’irriducibilità dell’unione civile ai tratti dell’istituto matrimoniale.
Pare dunque necessario interrogarsi sulla reale portata giuridica della definizione introdotta nel disegno di legge, e sul suo rapporto con ulteriori eventuali modifiche al testo attualmente in discussione.
L’emendamento di oggi, da un punto di vista tecnico, non è altro che la recezione della posizione sostenuta dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 138/2010 e 170/14: la protezione delle coppie omosessuali discende in primo luogo, anche in assenza di un intervento del legislatore, dall’art. 2, giacché la coppia omosessuale deve essere considerata alla stregua di una formazione sociale in cui l’individuo svolge la sua personalità, esercitando diritti fondamentali. Il legislatore, nell’esercizio della propria discrezionalità politica – più estesa rispetto alla portata dell’interpretazione che può essere effettuata dalla Corte costituzionale – può decidere di consentire alle coppie omosessuali l’accesso all’istituto del matrimonio, estendendo così ad esse la protezione riconosciuta alla (altrettanto specifica) formazione sociale riconosciuta dall’art. 29. Qualora invece la scelta del legislatore sia – come nel nostro caso – quella di (more…)

La Prima Commissione dà parere favorevole (..e suggerisce alla Consulta un cambio di orientamento sull’art. 29)

Quirinale: oggi primo scrutinioLa Prima Commissione Permanente del Senato con nota formale in data odierna, pubblicata in anteprima da ARTICOLO29, ha espresso parere favorevole al Testo Unificato sulle unioni civili e le convivenze (relatrice Cirinnà) rilevando che, con riguardo alla sua regolamentazione, l’Unione Civile riservata alle coppie gay e lesbiche «può correttamente essere accostata all’istituto matrimoniale». La Commissione parlamentare pare peraltro auspicare una rimeditazione dell’indirizzo della Corte costituzionale con riguardo all’art. 29 Cost.

Nel parere del 12 maggio 2015 la Prima Commissione Permanente (Affari Costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell’Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione) esprime PARERE FAVOREVOLE al Testo unificato, rilevando che «la regolazione dell’unione civile prevista dal testo unificato appare coerente con l’interpretazione offerta dalla Corte costituzionale».
Nel parere obbligatorio a firma della senatrice Lo Moro, la Prima Commissione sottolinea, peraltro, che l’Unione Civile, «seppure non omologabile al matrimonio, sul piano della regolazione del rapporto può correttamente essere accostata all’istituto matrimoniale, con richiami specifici, in quanto compatibili, alle disposizioni del codice civile in materia, come prevede il testo unificato. Al riguardo, opportunamente, all’articolo 1, comma 3, rispetto alle cause interdittive, si introduce un regime non dissimile da quello matrimoniale, mentre gli articoli 3 e 4 prevedono l’applicazione all’unione civile di alcune specifiche disposizioni del codice civile riguardanti il matrimonio e i diritti successori».
Notevole, l’indicazione, che pare un auspicio, di un possibile mutamento della giurisprudenza della nostra Corte costituzionale (more…)

Ecco il nuovo testo sulle Unioni Civili

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Di Marco Gattuso

Ecco dunque il nuovo testo Cirinnà sulle Unioni civili e le convivenze di fatto.
Il nuovo testo – rielaborato alla luce dei rilievi mossi nel corso delle udienze conoscitive svolte in Commissione giustizia in gennaio e febbraio, ove sono stati ascoltati numerosi giuristi ed esperti della materia (vedi le relazioni pubblicate da ARTICOLO29) – contiene varie correzioni d’ordine tecnico e lessicale, apportate al fine di risolvere alcune eclatanti incongruenze ed alcuni grossolani errori contenuti nel vecchio testo di luglio e contiene, inoltre, una sostanziale novità, essendo stato eliminato il rinvio secco alla normativa in materia di matrimonio di cui all’art. 3 del vecchio testo di luglio (vedi qui la tavola sinottica che mette in evidenza le differenze fra il testo di luglio ed il nuovo testo).
A parte le questioni d’ordine tecnico, su cui non ci soffermiamo a prima lettura, la principale novità riguarda dunque la eliminazione del rinvio secco a tutta la normativa sul matrimonio (contenuta nel vecchio art. 3): si tratta di una scelta eminentemente politica, motivata con l’esigenza avvertita da una parte politica d’evitare ogni specifico richiamo all’istituto matrimoniale.
Nella mia relazione alla Commissione giustizia mi ero permesso di sconsigliare vivamente l’abbandono della tecnica del rinvio, evidenziando i rischi connessi alla ricostruzione di una normativa ad hoc. Fortunatamente il Legislatore non si è avventurato nella ricostruzione di una nuova normativa ma ha effettuato un rinvio alle singole norme in materia di matrimonio. Non vi è, dunque, un rinvio alla parola “matrimonio”, ma le norme che lo regolamentano vengono rese applicabili anche alla unione civile fra persone dello stesso sesso.Va preso atto che questa è stata, dunque, la scelta della politica, (more…)