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Associazioni, democrazia e il principio “una testa un voto”

di Marco Gattuso

1.

Ha fatto molto discutere l’esito del recente congresso di una associazione lgbti italiana, per cui sono stati sostanzialmente riconfermati i vertici e la linea politica. Pur non volendo entrare nel merito della discussione politica in corso e, men che meno, nella vita interna della stessa associazione, della quale si ignorano peraltro elementi di dettaglio che possono rivelarsi dirimenti, non essendo note al momento informazioni certe con riguardo alle specifiche modalità di formazione dell’organo congressuale e di voto (in particolare allo stato non risultano pubblici né i verbali del congresso né le modalità di composizione dello stesso), la vicenda e il dibattito che ne è conseguito, soprattutto con riguardo alle modalità di determinazione delle delibere associative, appare buona occasione per qualche riflessione più in generale in materia di associazioni non a scopo di lucro e principio di democraticità.

La questione dell’effettività della democrazia interna delle associazioni, infatti, è ritornata e ritorna a più riprese nella storia dei movimenti per i diritti civili italiani, anche lgbti, nessuna formazione associativa e nessuna parte politica o culturale essendo esente da tentativi di forzature e, quindi, dalla necessità di chiarimenti costanti con riguardo ai principi giuridici che reggono la vita associativa.

Dunque, senza nulla volere aggiungere in relazione a vicende specifiche per cui, come detto, mancano allo stato specifici elementi di giudizio, può essere questa l’occasione per alcune precisazioni sulla non sempre facile relazione fra la libertà di associazione, da tutelare nei confronti di poteri esterni, pubblici e privati, e la libertà nella associazione, intesa come diritto di contribuire alla vita associativa, da tutelare rispetto alla eterna tentazione umana di precostituire egemonie politiche mediante la manipolazione delle regole interne, sempre possibile con mere modifiche statutarie.

2.

È noto, innanzitutto, che le associazioni cd. “non riconosciute” godono di ampia libertà con riguardo alla regolamentazione dei loro rapporti interni, atteso che sono sottratte a un rigido controllo statuale e sono regolamentate sulla base di scelte discrezionali degli associati e delle associate, in esercizio della loro libera autonomia negoziale (e per tale ragione tale forma associativa “non riconosciuta”, che nelle intenzioni del legislatore del 1942 era destinata a realtà minori e di scarso rilievo, è stata da subito preferita rispetto alle “associazioni riconosciute” tanto dai partiti politici, che dai sindacati, che dalla grandissima maggioranza delle associazioni senza scopo di lucro).

Per opinione quasi unanime, le associazioni, infatti, hanno innanzitutto la forma giuridica di un contratto plurilaterale, sicché vale per le stesse il principio della piena libertà dei contraenti di scegliere liberamente il tipo contrattuale che più si adatta alle loro esigenze, di derogare alle regole predisposte dal legislatore e, secondo un’opinione, anche di determinare forme contrattuali atipiche (anche chi contesta la qualificazione quale “contratto”, in ragione della non patrimonialità del suo oggetto e della discrasia fra lo “scopo comune” che caratterizza l’associazione e lo schema di scambio che sottende al contratto, tende comunque a parlare di “negozio giuridico”, con l’effetto di considerare comunque applicabili le regole generali in materia di formazione del consenso, autonomia negoziale ecc..).

Ciò non di meno, è noto che anche l’autonomia negoziale incontra un limite nella necessità di rispettare le norme imperative, inderogabili, poste dall’ordinamento a protezione di interessi pubblici o diritti individuali inviolabili.

Alla forma giuridica contrattuale si accompagna, invero, la concezione dell’associazione come formazione sociale e organizzazione collettiva attraverso la quale una pluralità di individui che versino nelle medesime condizioni sociali concorrono al perseguimento di ideali comuni, alla cui tutela è preposto l’articolo 18 della Costituzione, che protegge la (more…)