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La sentenza della Grande Camera M.E. v Sweden: un’occasione mancata
26 aprile, 2015 | Filled under cedu, OPINIONI, stranieri/e |
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Nella decisione M.E. v Sweden la Grande Camera ha optato per lo striking out del ricorso, evitando l’invito del ricorrente a produrre una sentenza di ampio respiro che chiarisse la possibilità di ancorare al dettato della Convenzione le richieste di asilo presentate da soggetti che fuggono dalle persecuzioni a cui sono esposti nei Paesi d’origine a causa del proprio orientamento sessuale e/o identità di genere. Nello specifico la Corte non esclude che il rimpatrio forzato di soggetti omosessuali in Paesi dove siano in vigore sanzioni criminali contro gay e lesbiche costituisca una violazione della Convenzione né prende posizione contro l’argomento, avallato dalla quinta sezione della Corte edu, secondo cui laddove il migrante possa evitare le sanzioni previste per atti omosessuali nascondendo e dissimulando la propria identità, le autorità nazionali sono pienamente titolate a negargli/le lo status di rifugiato. Si tratta di posizioni estremamente problematiche che, se da un lato possono essere comprese alla luce delle tensioni politiche che investono la materia migratoria, dall’altro rendono evidente la difficoltà della Corte edu nel difendere, salvaguardare e garantire l’enforcement dei diritti fondamentali al di sopra di valutazioni di carattere politico.
The Grand Chamber finally stroke out M.E. v Sweden and avoided the applicant’s request to display a general judgment on the possibility to anchor and legitimize under the Echr migrants’ claims of asylum grounded on the prosecution experienced in their countries because of their sexual orientation or gender identity. Specifically, the Court did not rule out that the forced repatriation of homosexual subjects to countries in which criminal sanctions prosecute same-sex acts violates the Echr nor it took a stand against the argument, endorsed by the fifth section of the ECtHR, according to which insofar a migrant could avoid sanctions concealing or suppressing her sexual identity, national authorities of Coe States are fully entitled to deny her the status of refugee. I suggest that the Grand Chamber judgment displays extremely problematic standpoints, which if on one hand could be understood in the light of political tensions that insist of migratory policies, on the other clearly show the complication experienced by the ECthHR in defending, safeguarding and enforcing human rights irregardless of political considerations.
di Silvia Falcetta*
Con la decisione finale dell’8 aprile 2015 di striking out il ricorso M.E. v Sweden, n.71398/12, la Grande Camera ha perso un’occasione rilevante per ampliare la protezione assicurata dalla Convezione edu ai soggetti migranti lgbt.
L’aspetto più sconcertante della concisa sentenza offerta dalla Corte riguarda l’assenza di un chiaro pronunciamento su quali diritti discendano dalla Convenzione a tutela di coloro che cercano asilo nei paesi membri del Consiglio d’Europa in ragione del proprio orientamento sessuale e/o della propria identitàdi genere. In passato la Corte si era già confrontata con casi riguardanti migranti omosessuali[1], evitando sempre di giungere ad individuare una linea interpretativa univoca (more…)