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Monito del presidente della Corte costituzionale


gallo e napolitano
Monito del Presidente della Corte costituzionale, prof. Franco Gallo sul dovere costituzionale del Legislatore italiano di dare riconoscimento giuridico alle coppie omosessuali.

In occasione della relazione tenuta per la Riunione straordinaria della Corte Costituzionale del 12 aprile 2013, il Presidente ha voluto ricordare l'”invito” rimasto sinora inascoltato” contenuto nella sentenza n. 138 del 2010, dove la Corte avendo escluso l’illegittimità costituzionale delle norme che limitano l’applicazione dell’istituto matrimoniale alle unioni tra uomo e donna, aveva nel contempo affermato “che due persone dello stesso sesso hanno comunque il «diritto fondamentale» di ottenere il riconoscimento giuridico, con i connessi diritti e doveri, della loro stabile unione”, affidando perciò al Parlamento la regolamentazione della materia nei modi e nei limiti più opportuni.
Come noto, la sentenza n. 138 del 2010 s’era prestata in dottrina a diverse letture. Era stato osservato da alcuni come la Corte avesse inteso mandare un primo segnale al Parlamento, secondo il noto schema delle sentenze monito, col quale in un primo tempo la Consulta rileva la sussistenza d’un vuoto di tutela, segnalandone via via la necessità e l’urgenza ove il legislatore resti inerte; altri avevano evidenziato per contro una certa timidezza della Corte di talchè non si sarebbe potuto parlare di una vera sentenza monito e non era mancato difatti chi aveva espresso una certa insoddisfazione per l’eccessiva cautela della Consulta a fronte d’un legislatore particolarmente riottoso.

Ricordando, fra gli altri, il caso delle unioni omosessuali e la sentenza n. 138 del 2010, il Presidente della Consulta rammenta adesso “la difficoltà che emerge nei casi in cui la Corte solleciti il legislatore a modificare una normativa che ritiene in contrasto con la Costituzione”, osservando come “tali solleciti non possono essere sottovalutati”. Per il Presidente della Consulta “essi costituiscono, infatti, l’unico strumento a disposizione della Corte per indurre gli organi legislativi ad eliminare situazioni di illegittimità costituzionale che, pur da essa riscontrate, non portano ad una formale pronuncia di incostituzionalità. Si pensi all’ipotesi in cui l’eliminazione del contrasto con la Costituzione esiga la riforma di interi settori dell’ordinamento o possa realizzarsi in una pluralità di modi consentiti dalla Carta costituzionale, la scelta dei quali è riservata alla discrezionalità del legislatore”. Il Presidente sottolinea come “non è inopportuno ribadire che queste esortazioni non equivalgono al mero auspicio ad un mutamento legislativo, ma costituiscono l’affermazione resa nell’esercizio tipico delle funzioni della Corte che, in base alla Costituzione, il legislatore è tenuto ad intervenire in materia”.
Nella relazione il Presidente ricorda, inoltre, “l’esortazione, anch’essa rimasta priva di seguito, a modificare la legislazione che prevede l’attribuzione al figlio del solo cognome paterno. La Corte ha sottolineato che l’attuale disciplina costituisce il «retaggio di una concezione patriarcale della famiglia» ed ha invitato ad introdurre una normativa che abbia una maggiore considerazione del principio costituzionale di uguaglianza fra uomo e donna (sentenza n. 61 del 2006)”.
Da ultimo, una nota d’ottimismo deriva dal rilievo che una molteplicità di fattori positivi, fra i quali l’applicazione diretta da parte dei nostri giudici della normativa dell’Unione europea e, soprattutto, il più largo ricorso all’interpretazione conforme alla Costituzione e alle norme europee sui diritti fondamentali, hanno comportato una diminuzione delle questioni incidentali proposte alla stessa Corte costituzionale. Il Presidente evidenzia per conseguenza il “segno di una sempre più acuta sensibilità costituzionale dei giudici comuni e di una piena consapevolezza della necessità di edificare un sistema integrato europeo di protezione delle libertà”.

LEGGI la relazione del Presidente della Corte costituzionale Franco Gallo, dal sito della Corte

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