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Il Tribunal Supremo a proposito di status familiari e maternità di sostituzione

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Il Tribunal supremo di Madrid con pronuncia del 6 febbraio 2014, n. 835/2013 ha ritenuto confliggente con l’ordine pubblico internazionale l’iscrizione nel Registro dello stato civile spagnolo del certificato di nascita californiano rilasciato a due uomini legati da una relazione amorosa in seguito ad una gestazione di sostituzione. L’attestazione della filiazione era avvenuta nel rispetto della legislazione californiana che ammette l’accordo di maternità di sostituzione. Il commento di Pina Palmeri, ordinario di diritto privato presso l’Universitá di Palermo, nel ripercorrere l’articolato iter argomentativo seguito dai giudici, sottolinea come la scelta di valutare la liceità dell’atto (cioè l’antecedente fattuale), piuttosto che la sostenibilità, nel caso di specie, del risultato che il riconoscimento del provvedimento straniero determina, conduce ad un esito non compatibile con l’insieme dei principi fondamentali in materia di filiazione. La dignità, posta dal Tribunal supremo a fondamento della propria decisione, non va considerata in via astratta ma deve essere contestualizzata nelle relazioni in cui i valori essenziali di una comunità sociale – e tra questi innanzitutto la stessa dignità – emergono e richiedono riconoscimento e tutela.

On February 6th 2014, the Tribunal Supremo of Madrid (case n.835/2013) refused the application concerning the registration in the Spanish registry of a Californian Birth Certificate of two twins born through surrogacy, because it was considered in contrast to the international public order. According to the Californian Law, the certificate stated that two men in a relationship acquired the parenthood of the two babies in force of the attached surrogacy agreement and mother’s declaration to renounce her rights to the child. Recalling the complicated reasoning followed by judges, Pina Palmeri, professor of private law at the University of Palermo, underlines in this paper how the choice to evaluate the lawfulness of the certificate, instead of the sustainability of its effects, leads to an incompatible result with the set of the fundamental principles concerning filiation in Spain. In fact, the Tribunal Supremo based its decision on dignity, which should not be considered in an abstract way, but it has to be contextualized in the relationship in which essential values of a social community – and among these, first of all, dignity itself – emerge and require recognition and protection.

 di Giuseppa Palmeri*

1. Il caso

Nella sentenza che si annota la Corte suprema di Madrid, in adunanza plenaria, ha affrontato la questione dell’ammissibilità della trascrizione nel Registro civile della filiazione di due bambini, nati in seguito a gestazione di sostituzione in un paese straniero ove questa pratica è ammessa (nella specie la California), a favore dei genitori sociali, in particolare due uomini legati da una relazione amorosa[1].

Il caso trae origine dall’impugnazione ad opera del Procuratore della Repubblica della determinazione adottata dalla Direzione generale dei registri e del notariato di iscrivere nel registro civile spagnolo consolare la filiazione a favore dei padri intenzionali, filiazione attestata dalle autorità della California conformemente alla propria legislazione che ammette l’accordo di maternità di sostituzione e l’acquisto dello status genitoriale della coppia che intende prendersi cura dei bambini nati in seguito a questa tecnica, in ragione della rinuncia della donna gestante dei propri diritti parentali nei confronti della prole.

L’iscrizione della nascita, avvenuta nello stato nordamericano, era stata effettuata nel registro consolare di Spagna a Los Angeles.

In primo grado il Tribunale di Valencia accoglie l’impugnazione della Procura volta ad ottenere la cancellazione dell’iscrizione per contrarietà del provvedimento all’ordine pubblico spagnolo; decisione confermata in sede di appello.

Avverso tale pronuncia i genitori ricorrono in Cassazione, denunciando la violazione dell’art. 14 CE per lesione del principio di uguaglianza in relazione al diritto ad un’unica identità del minore e al suo superiore interesse, consacrato nella Convenzione di New York sui diritti del fanciullo.

La questione è stata rimessa all’Adunanza plenaria, nella consapevolezza della sua complessità e delicatezza e della rilevanza, al livello interpretativo, della conseguente soluzione del ricorso[2].

2. Le ragioni del ricorso

Occorre qui sottolineare come l’iscrizione nel Registro civile consolare di Los Angeles sia stata imposta dalla Direzione generale dei registri e del notariato, adita dai ricorrenti in seguito al rifiuto dell’incaricato del Registro civile consolare di procedere alla registrazione in osservanza del divieto di maternità di sostituzione fissato dall’art. 10 della l. 14/2006 in materia di Tecniche di riproduzione assistita.

La Direzione generale dei registri e del notariato, nell’accogliere il ricorso, ha ordinato l’iscrizione della nascita, così come attestata dalla certificazione straniera esibita dai genitori, nella quale ambedue i ricorrenti figurano come padri dei minori. Secondo la Direzione generale la soluzione volta a garantire l’iscrizione non è suscettibile di ledere l’ordine pubblico internazionale spagnolo, ma al contrario evita una discriminazione legata al sesso e protegge il superiore interesse dei bambini.

Contro questa determinazione viene proposto ricorso in sede giurisdizionale. Secondo la Procura, infatti, il diritto californiano verrebbe a scontrarsi irrimediabilmente contro la normativa interna di divieto della maternità di sostituzione con conseguente nullità del relativo accordo e determinazione dello stato di filiazione in base al parto, salva la possibilità di esercitare l’azione di reclamo della paternità nei confronti del padre biologico.

Ad opporsi all’accoglimento del ricorso sono sia i genitori sociali che l’Avvocatura dello Stato.

La Corte di cassazione sottolinea, preliminarmente, come nonostante non siano stati esibiti in giudizio l’accordo di gestazione per sostituzione e la sentenza del Tribunale californiano, l’esistenza di tali atti non è contestata e rappresenta il presupposto del procedimento di cui si discute. Individua, quindi, il motivo di ricorso prospettato dai genitori, ossia – come già rilevato – la violazione dell’art. 14 CE per lesione del principio di uguaglianza in relazione al diritto ad un’unica identità del minore e al suo superiore interesse. Puntualizza, infine, gli argomenti posti a base di tale motivo, tutti imperniati intorno ad alcuni principi considerati fondamentali in materia di diritti della persona e di filiazione, e segnatamente il principio di non discriminazione, di responsabilità (assunta mediante la manifestazione di volontà diretta a farsi carico della crescita dei bambini), di garanzia del superiore interesse del minore, che si traduce nel suo diritto ad avere in ogni Paese il medesimo status personale. In questa prospettiva – secondo i  ricorrenti – il riconoscimento della filiazione determinata dalla certificazione dei registri californiani non contraddice l’ordine pubblico internazionale spagnolo, che, certamente, non consente di ritenere valido ed efficace un contratto di maternità di sostituzione ma che non impedisce l’inserimento nei registri dello stato civile della filiazione, trattandosi di una “conseguenza ultima e periferica” del suddetto negozio.

3. La soluzione del Tribunal Supremo

Nella lunga e articolata decisione assunta dal Tribunal Supremo di Madrid vengono puntualmente spiegate le ragioni che impediscono di recepire nell’ordinamento interno la certificazione straniera in ordine al rapporto di filiazione sorto per maternità di sostituzione, allo scopo di dissipare ogni dubbio circa la possibile, surrettizia conclusione della non compatibilità della relazione filiale rispetto alle unioni omosessuali.

Al riguardo si sottolinea come nella pronuncia d’appello il diniego all’iscrizione del rapporto di filiazione non si fonda sulla circostanza che i genitori siano entrambi uomini ma che la filiazione tragga origine dall’accordo di maternità di sostituzione concluso in California per aggirare il divieto vigente in Spagna. Nessuna disparità di trattamento è, dunque, configurabile nella fattispecie in oggetto, trovandosi i ricorrenti in posizione profondamente differente da quella in cui versano due donne unite in matrimonio al momento della nascita di un figlio nato con l’ausilio delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, giacché in questo caso è la stessa l. 14/2006 a stabilire i criteri per la determinazione legale della filiazione (cfr. artt. 7 e ss.)[3].

La Corte di cassazione, preliminarmente, affronta il tema del riconoscimento delle decisioni straniere e della loro necessaria conformità all’ordine pubblico internazionale; un ordine pubblico c.d. attenuato in quanto funzionale al rispetto dei diritti e delle libertà garantiti dalla Costituzione e dalle Convenzioni internazionali ratificate dalla Spagna, funzionale, cioè, all’osservanza del sistema di valori e principi costitutivi dell’ordine vigente.

L’oggetto del giudizio – secondo i giudici – non riguarda il conflitto fra leggi, bensì l’ammissibilità del riconoscimento di una decisione, già adottata ad opera di una autorità straniera, identificativa di uno status personale – la filiazione – sulla base della legislazione californiana. In sostanza, ciò che occorre stabilire è se la determinazione straniera può produrre i suoi effetti in Spagna e, conseguentemente, determinare la filiazione a favore dei ricorrenti nel sistema giuridico spagnolo.

La questione è di notevole rilievo in un contesto ove la correlazione tra ordinamenti presuppone e sollecita la libertà di circolazione delle persone, dando origine a una puntuale riflessione in merito ai limiti ammissibili rispetto al mantenimento delle condizioni personali e familiari già acquisite (cognome, status coniugale, filiazione, ecc.). La concreta possibilità che in presenza di interazione tra ordinamenti e di elementi di estraneità sia data una risposta giuridica differente e contraddittoria deve indurre il diritto internazionale privato a individuare norme di bilanciamento e non di supremazia, in conformità con l’unico limite indefettibile costituito dall’ordine pubblico internazionale.

Il controllo dello Stato relativamente all’ingresso nell’ordinamento interno delle decisioni straniere, allora, deve tendere alla verifica della rispondenza di tali provvedimenti ai principi fondanti della convivenza civile. Non deve trattarsi di un controllo inerente ai soli aspetti formali  (regolarità e autenticità della certificazione del registro straniero), ma di una verifica che si estenda agli aspetti sostanziali del provvedimento.

Nella materia in esame questi principi vanno rintracciati nel diritto delle persone e della famiglia e nella disciplina di protezione dell’infanzia, ambiti normativi a loro volta espressivi di valori e precetti di rango costituzionale, il primo dei quali è rappresentato dalla dignità come fondamento dell’ordine politico e della pace sociale. L’integrità fisica e morale della persona, il libero sviluppo della personalità dell’individuo che si traduce nel potere di autodeterminazione e nella libertà di agire liberamente e responsabilmente, il rispetto alla vita privata, familiare e matrimoniale, la protezione della famiglia e dell’infanzia sono i valori cardine che devono essere tenuti presenti nella definizione del giudizio.

Se in un contesto così articolato e sensibile all’affermazione piena dei diritti fondamentali, la discendenza biologica non è più considerata la fonte esclusiva del rapporto di filiazione potendo tale rapporto instaurarsi in conseguenza di altri elementi (l’adozione, il consenso alla procreazione assistita, anche eterologa) senza che ciò comporti la violazione dell’ordine pubblico, è allora consentito che il vincolo di filiazione possa legittimamente instaurarsi anche rispetto a genitori dello stesso sesso. Tuttavia, pur essendo questo un risultato acquisito in molti ordinamenti, compresa la Spagna, ciò che per la Corte di cassazione non è ammesso né accettato è che mediante l’adozione ovvero le tecniche di riproduzione assistita possa ledersi la dignità della donna gestante e del figlio, che la gestazione e la filiazione possano essere negoziate, che possa permettersi a terzi di porsi come intermediari sul mercato rispetto alla conclusione di contratti di maternità di sostituzione, che possa sfruttarsi lo stato di bisogno di donne giovani dandosi vita ad una sorta di “cittadinanza censitaria” in cui soltanto chi dispone di elevate risorse economiche può realizzare una paternità non accessibile al resto della popolazione.

Il divieto dell’art. 10 della l. sulle tecniche di riproduzione assistita, secondo i giudici, integra, dunque, un principio di ordine pubblico internazionale. Si tratta di una legge relativamente recente, frutto di un ampio dibattito politico e sociale e che riflette una posizione risalente dell’ordinamento spagnolo di rifiuto della maternità di sostituzione per le implicazioni insite in questa pratica rispetto alla dignità umana. In sentenza si sottolinea come di ciò siano consapevoli i ricorrenti, i quali sostengono, però, che l’iscrizione nel registro dello stato civile rappresenti una conseguenza periferica del contratto, come tale non confliggente con l’ordine pubblico.

La Corte suprema non ritiene di potere condividere questa impostazione qualificando l’iscrizione un effetto principale e diretto del negozio di gestazione per sostituzione, non potendosi effettuare una dissociazione tra accordo di gestazione e filiazione. La consapevolezza dell’intrinseca connessione tra contratto e filiazione ha indotto il legislatore spagnolo ad accompagnare la previsione della nullità della maternità surrogata con l’individuazione dei criteri di attribuzione della genitorialità: il parto rispetto alla maternità; l’azione di reclamo esercitabile nei confronti del padre biologico con riguardo alla paternità.

L’assoluta incompatibilità  della previsione californiana con l’ordine pubblico impedisce il riconoscimento della pronuncia straniera.

Neppure la prospettiva del superiore interesse del minore può condurre ad una diversa conclusione. Il ricorso a questa clausola generale non consente, infatti, di violare norme di diritto positivo dettate proprio in vista della protezione dell’infanzia, come sono quelle contenute nella legge in materia di procreazione medicalmente assistita e nel testo Costituzionale; non consente neanche di considerare sempre e comunque prevalente il principio dell’interesse del minore rispetto ad altri beni giuridici fondamentali con riferimento ai quali deve realizzarsi una necessaria ponderazione (la dignità e l’integrità morale della donna gestante, la non commerciabilità della gestazione, la dignità del minore che non permette di identificarlo con l’oggetto di un contratto). D’altra parte, l’obiezione secondo cui la mancata iscrizione della genitorialità nel registro dello stato civile comporterebbe la condizione di orfano del nato, malgrado l’assunzione della responsabilità genitoriale effettuata mediante il consenso alla gestazione di sostituzione prestato in Paese straniero dove è ammesso il contratto (oneroso) di maternità surrogata, non può determinare l’accettazione acritica delle conseguenze di una pratica non condivisa nell’ordinamento spagnolo.  In una situazione di questo tipo, l’interprete è tenuto a trovare nel sistema, cioè nelle previsioni normative vigenti, nelle Convenzioni internazionali applicabili e nell’interpretazione che la giurisprudenza ne fa, la soluzione che consenta al minore di realizzare il suo diritto a una famiglia.

In presenza di una relazione genitoriale di fatto l’ordinamento deve prendere atto di tale vincolo e garantire il suo sviluppo e la sua protezione, facendo ricorso, ove possibile, ai diversi istituti che consentono di raggiungere un simile risultato: il reclamo della paternità ad esempio, con la conseguenza che se uno dei due ricorrenti dovesse essere il padre biologico si potrebbe determinare nei suoi confronti il rapporto di filiazione; l’affidamento familiare e l’adozione che permettono la formalizzazione giuridica dell’inserimento dei minori nella compagine familiare in concreto costituita.

Secondo i giudici, nella fattispecie in esame, in attuazione della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo e della Convenzione europea dei diritti umani, è demandato al Procuratore della Repubblica il compito di azionare le procedure più appropriate per determinare la filiazione e per realizzare la protezione dei bambini, tenendo in considerazione la loro effettiva integrazione nel nucleo familiare in cui di fatto sono già inseriti.

4. L’opinione dissenziente

La decisione della Corte suprema è stata assunta con cinque voti favorevoli e quattro contrari. L’opinione dissenziente si fonda sul convincimento che la soluzione giuridica avrebbe dovuto effettivamente vertere intorno al riconoscimento della decisione straniera inerente lo stato di figlio dei minori e al suo recepimento nel Registro degli atti civili spagnolo e che nessuna questione avrebbe dovuto porsi rispetto alla legge applicabile, dovendosi concentrare la valutazione sul riconoscimento in Spagna di un documento autentico dell’autorità amministrativa straniera, assunto nel rispetto della legislazione ivi vigente. Sulla base di tali premesse, si sarebbe dovuta consentire l’iscrizione, in attuazione dell’art. 81 del Regolamento del Registro civile, senza necessità di controllare la conformità del provvedimento straniero al diritto spagnolo, stante la sua legittimità rispetto al diritto californiano.

L’ordine pubblico internazionale, qui coincidente con l’interesse generale dell’ordinamento alla protezione dell’infanzia sulla base di uno statuto giuridico indisponibile delineato dalla normativa interna e sovranazionale a tutela dei minori di età, non avrebbe dovuto considerarsi violato dalla suddetta iscrizione.

I giudici dissenzienti ritengono, inoltre, che non possa generalizzarsi ed esasperarsi il timore connesso a possibili forme di sfruttamento della maternità di sostituzione, specie in presenza di accordi liberi e consapevoli riguardo ai quali la garanzia del rispetto dell’interesse della prole e della dignità e autodeterminazione della donna viene assicurata dallo Stato mediante apposite discipline. Un simile timore non tiene conto del diritto a procreare – anch’esso protetto dall’ordinamento – e sottovaluta la capacità di scelta della donna gestante. In proposito si ricorda che al livello internazionale la tendenza è nel senso dell’attuazione di una progressiva flessibilità, funzionale all’effettiva preservazione dell’interesse del minore e dunque al riconoscimento dell’iscrizione della filiazione attestata da Autorità straniere sulla base di presupposti differenti da quelli operanti negli Stati in cui si intende fare valere la certificazione. D’altra parte, l’ordine pubblico riveste un’importanza centrale nella relazione preliminare alla Conferenza di diritto internazionale privato dell’Aja 10 marzo 2012 sui problemi derivanti dalla maternità surrogata, avente come obiettivo l’uniformazione degli accordi internazionali e l’elaborazione di una regolazione internazionale che sia rispondente al sentire sociale.

Secondo l’opinione di minoranza la verifica dell’eventuale violazione dell’ordine pubblico deve essere effettuata in concreto, caso per caso, rifuggendo da soluzioni precostituite sulla base di una asserita incompatibilità prefigurata in via astratta, senza considerare gli interessi effettivamente coinvolti, da ponderare in un difficile lavorìo di bilanciamento.

Nella specie una valutazione attenta alle peculiarità del caso concreto, alle posizioni di tutti i soggetti interessati, al miglior interesse della prole, avrebbe dovuto condurre all’iscrizione della filiazione nel Registro civile spagnolo.

5. Autodeterminazione e status familiari

La pronuncia del Tribunal Supremo di Madrid offre l’occasione per svolgere alcune brevi considerazioni in tema di meccanismi di imputazione del rapporto di filiazione e responsabilità genitoriale.

Una questione risalente nel nostro ordinamento verte sulla presunta indisponibilità degli status familiari, quale espressione al contempo di un principio di ordine pubblico e di un limite non superabile dell’estensione dei poteri di autonomia privata (in questo senso è emblematico il dibattito sulla validità degli accordi in vista del divorzio e l’orientamento monolitico assunto in proposito dalla giurisprudenza). In attuazione di questo dogma la relazione genitoriale, per lungo tempo, è stata incentrata sulla discendenza genetica, piuttosto che sulla, e indipendentemente dalla, assunzione di responsabilità connessa a un progetto procreativo e di cura collegato alla nascita di un bambino. Per quanto l’espandersi del sistema di protezione dell’infanzia – anche alla luce dell’emanazione di numerosi testi sovranazionali – conduca gli ordinamenti ad accogliere quale principio guida in ambito di filiazione la responsabilità procreativa, tuttavia la tendenza rimane quella di mantenere fortemente ancorato sotto il controllo dello Stato il momento costitutivo del vincolo, relegando sullo sfondo, e talvolta ignorando, il ruolo dell’autodeterminazione rispetto al processo procreativo.

La vicenda di cui si è occupata la Corte Suprema rappresenta un esempio di questa contrapposizione e delle aporie di un sistema che nel professare la tutela forte dei diritti fondamentali della persona si irrigidisce di fronte a talune pratiche, al punto da sottovalutare, o non adeguatamente considerare, altri interessi pure meritevoli di protezione perché parimenti espressivi di principi fondanti della convivenza civile quali sono, ad esempio, l’interesse ad avere una famiglia e al mantenimento delle relazioni affettive di fatto, la cui soglia di tutela dipende dal punto di bilanciamento di volta in volta raggiunto.

Una conferma in tal senso è indirettamente data dall’esigua maggioranza con cui è stata adottata la decisione, indice dell’emersione di una nuova sensibilità non contrastante, tuttavia, con i valori che fungono da tessuto connettivo della comunità sociale. La prospettiva interpretativa abbracciata dai giudici di minoranza è nel senso di lasciare al margine la valutazione della maternità di gestazione, ritenuta irrilevante ai fini del recepimento dell’atto dell’Autorità straniera in presenza di tutti i presupposti fissati dalle norme di diritto internazionale privato, e di muoversi nella direzione della promozione ed attuazione del miglior interesse della prole, fatto coincidere con il mantenimento della stabilità affettiva con i genitori sociali.

D’altra parte, non è la prima volta che il ricorso al principio di ordine pubblico attenuato consente di mantenere fermo il rifiuto rispetto ad atti o pratiche ritenute contrarie all’impianto dell’ordinamento interno, salvandone, però, sotto alcuni profili gli effetti conseguenti, in funzione della reale protezione dei soggetti coinvolti e segnatamente di coloro che scontano una posizione di maggiore fragilità. Così è accaduto con riguardo alla poligamia e alla procreazione medicalmente assistita di tipo eterologa[4].

L’attenzione della Corte di cassazione si è focalizzata sui limiti opponibili al recepimento del provvedimento straniero, coincidenti con il rispetto della dignità, quale parametro di valutazione della liceità e ammissibilità di atti, pratiche e relazioni. Ed è proprio facendo leva su tale valore che viene giudicata legittima l’azione della Procura volta ad impedire l’iscrizione della filiazione a favore dei genitori sociali. Per giungere a questa conclusione la Suprema Corte deve necessariamente elevare il divieto di maternità di sostituzione fissato dalla legge spagnola in materia di procreazione medicalmente assistita a principio di ordine pubblico non già soltanto interno ma anche internazionale, ostativo al riconoscimento dell’attribuzione della genitorialità in capo alla coppia che intende assumere il ruolo di genitore sociale. Una impossibilità che riguarda qualsiasi coppia, sia essa etero che omosessuale, giacché attiene alla non compatibilità della gestazione surrogata con norme cogenti dell’ordinamento giuridico. In questa prospettiva neppure il criterio della responsabilità genitoriale, condiviso al livello sovranazionale, è in grado di condurre ad una diversa conseguenza, in ragione della marginalità del riconoscimento della validità di questa pratica procreativa negli ordinamenti europei. L’elemento volontaristico da solo non è considerato idoneo a fondare la nascita del vincolo di filiazione, tranne che in questa direzione si determini l’ordinamento giuridico attraverso specifici istituti di tutela dell’infanzia, sottoposti ad una analitica disciplina e procedura (l’adozione, ad esempio).

Il ragionamento della Cassazione, volto al ripudio di una pratica giudicata potenzialmente lesiva della dignità della persona e suscettibile di immettere sul mercato rapporti il cui fondamento dovrebbe risiedere esclusivamente nella solidarietà sociale, nella misura in cui relega in secondo piano i dati fattuali e l’effettivo impatto che l’iscrizione nel Registro dello stato civile avrebbe nell’esistenza dei minori e al livello sociale, finisce per dare vita a una soluzione non in linea con i principi fondanti più volte evocati nella pronuncia.

In concreto la scelta di valutare la liceità dell’atto (cioè l’antecedente fattuale), piuttosto che la sostenibilità, nel caso di specie, del risultato che il riconoscimento del provvedimento straniero determina, ossia l’attribuzione della filiazione (legittimamente instaurata all’estero sulla base della normativa ivi applicabile) a favore dei genitori sociali, conduce ad un esito non compatibile con l’insieme dei principi fondamentali in materia di filiazione, espressione dell’acquisizione di una coscienza giuridica, etica e sociale che riflette la condivisione oltre i confini nazionali degli approdi interpretativi in tema di diritti personalissimi, in presenza di una situazione di fatto incontrovertibile e non contestata da nessuna pretesa altrui, giacché la madre naturale nella fattispecie in esame ha espressamente rinunciato a ogni diritto-dovere parentale nei confronti della prole.

Della rilevanza del legame effettivamente sussistente tra i genitori sociali e i bambini nati in seguito alla maternità di sostituzione è consapevole la Corte che, infatti, auspica il mantenimento del rapporto familiare, sollecitando l’attivazione di ogni strumento giuridico interno utile per addivenire a tale risultato. In sostanza, la conservazione dello status familiare di fatto instaurato dovrà sì realizzarsi ma non per effetto della certificazione straniera del rapporto di filiazione, bensì attraverso altri strumenti/istituti da rintracciare nel sistema, che consentano di non sradicare il nucleo affettivo costituitosi sin dalla nascita dei bambini.

 6. Ordine pubblico internazionale e dignità umana

Le implicazioni etiche inevitabilmente connesse alle vicende che riguardano la persona, ed in particolare ai momenti inerenti alla fase iniziale e finale della vita, devono essere ponderate dall’interprete nella soluzione delle molteplici questioni interpretative che nella quotidianità dello svolgimento dell’esistenza umana si presentano alla sua attenzione. Tuttavia, proprio con riguardo all’esercizio dei diritti e delle libertà fondamentali il criterio-guida che deve orientare è rappresentato dal diritto all’autodeterminazione non potendosi delineare una sorta di Etica di Stato da imporre ai singoli in forza dell’asserita prevalenza di interessi superiori. In presenza, poi, di fattispecie in cui l’esercizio di tali diritti e libertà si riflette nella sfera giuridica di un soggetto terzo, qual è il minore, il bilanciamento deve avvenire tenendo conto dei reali interessi in gioco al fine di giungere ad una soluzione che rifletta nel modo più compiuto l’insieme dei valori e dei principi considerati fondanti per la convivenza civile; il bilanciamento deve cioè avvenire prendendo in considerazione i valori essenziali, tra i quali innanzitutto la dignità, non in via astratta ma contestualizzandoli nelle relazioni in cui questi valori emergono e richiedono riconoscimento e tutela.

Ciò significa che il ricorso alla dignità non può fungere da giustificazione per decisioni e scelte dell’ordinamento che, di fatto, mortificano la persona e la dimensione relazionale in cui è inserita.

Nella fattispecie esaminata dal Tribunal Supremo di Madrid il richiamo alla dignità (della donna, del bambino), indispensabile nella determinazione interna di vietare la gestazione di sostituzione in attuazione di una politica del diritto rimessa alla valutazione del legislatore, risulta ultroneo in quanto volto ad ammantare di legittimità il diniego del recepimento della certificazione straniera dello status di filiazione, un diniego che in concreto finisce per compromettere una situazione familiare armoniosa, non conflittuale né patologica, e soprattutto non in contrasto con i modelli familiari ammessi dall’ordinamento spagnolo, dove come è noto è consentito il matrimonio tra persone dello stesso sesso ed è riconosciuta la convivenza di fatto.

Malgrado ciò, è prevalsa una valutazione meramente astratta, del tutto scollata dalla peculiarità del caso concreto, a discapito della continuità affettiva dei due bambini nati dalla gestazione di sostituzione con i genitori sociali, innervandosi tale valutazione in una soluzione tendenzialmente ed esemplarmente punitiva, in quanto diretta ad impedire il reiterarsi di una condotta consistente nel bypassare il divieto posto dal diritto interno ricorrendo alla maternità di sostituzione in un paese straniero.

Se la Corte avesse sfruttato le potenzialità insite nel principio del c.d. ordine pubblico attenuato e nelle norme di diritto internazionale privato sarebbe potuta giungere ad una diversa – e più confacente – determinazione, come peraltro sottolineato dai giudici di minoranza, senza legittimare pratiche non condivise; senza precludersi la possibilità di una valutazione differente in caso di fattispecie analoghe ma non eguali (in ragione dell’eventuale divergente situazione fattuale); senza dar luogo ad una discrasia di status nei due ordinamenti (spagnolo e californiano).

Con riguardo ai temi eticamente sensibili e alle questioni legate allo sviluppo delle biotecnologie è, allora, da condividere l’opinione di chi reputa illusoria la pretesa di fornire “una soluzione universale a partire da una lettura assolutizzante della dignità umana come fondamento ontologico pre-esistente (…), dal momento che la dimensione relazionale dell’essere umano non può essere rimossa, né considerata marginale o provvisoria[5].

*Professore ordinario di diritto privato presso l’Università di Palermo

[1] Tribunal Supremo di Madrid, 6 febbraio 2014, n. 835/2013. La pronuncia e la massima in italiano possono leggersi in www.articolo29.it alla seguente pagina: diritto comparato/decisioni/orientamento sessuale/filiazione

[2] Nel corso dell’adunanza plenaria il giudice Josè Antonio Seijas Quintana avendo espresso un voto difforme, di minoranza, non ha proceduto all’estensione della motivazione, affidata ad un altro magistrato, Rafael Sarazà Jimena, espressione dell’orientamento della maggioranza.

[3] Secondo la legge spagnola il bambino nato a seguito di trattamenti di riproduzione assistita con gameti di donatori (sperma, ovociti, embrioni) è figlio della coppia che ha prestato il proprio consenso al trattamento (art. 8).

[4] In Europa nel rispetto del principio monogamico mai messo in discussione sono stati salvaguardati i diritti successori e alimentari delle altre mogli e la loro tutela previdenziale; è stato ammesso il risarcimento del danno da morte del congiunto; è stato, altresì, consentito il ricongiungimento familiare in funzione della preservazione del diritto del minore ad intrattenere regolari rapporti con ambedue le figure genitoriali.

[5] F. Scamardella, La dimensione relazionale come fondamento della dignità umana, in Rivista di filosofia del diritto, 2/2013, pag. 315.

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